giovedì 8 luglio 2010

Eolico, nuove accuse a Carboni

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Dalle indagini sugli appalti, secondo la procura: «Banda segreta come la P2 per pilotare giudici e politici»



Flavio carboni nel 2005 durante il processo per l'omicidio di Roberto Calvi (Ap)
Flavio carboni nel 2005 durante il processo per l'omicidio di Roberto Calvi (Ap)

ROMA - Non solo associazione per delinquere, corruzione e riciclaggio. Dall’indagine sui presunti pilotaggi degli appalti per gli impianti eolici in Sardegna spunta una nuova ipotesi di reato, che supera i confini dell’isola e degli affari intorno alle energie alternative. E’ la violazione della cosiddetta «legge Anselmi» sulle associazioni segrete, per la quale sono indagati tre protagonisti dell’indagine condotta dalla Procura di Roma: l’imprenditore-faccendiere Flavio Carboni, da poco assolto anche in appello dall’accusa di aver ucciso il banchiere Roberto Calvi nel 1982; Pasquale Lombardi, già esponente locale della Dc campana, ex sindaco del suo paese in provincia di Avellino ed ex componente di commissioni tributarie; Arcangelo Martino, che fu assessore socialista al Comune di Napoli, arrestato e poi prosciolto nelle inchieste su Tangentopoli.
«COMITATO D'AFFARI» - I tre, componenti del comitato d’affari immaginato dall’accusa, si sarebbero mossi più volte e in più contesti per ottenere interventi e decisioni a livello politico, giudiziario e amministrativo a favore di questo o quel personaggio «protetto», sulla base di specifiche esigenze e richieste. In maniera sistematica, al punto da convincere il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e i sostituti che con lui lavorano all’indagine di trovarsi di fronte alla situazione prevista proprio dalla legge varata nel 1982 sull’onda dello scandalo P2, che porta il nome della presidente della commissione parlamentare d’inchiesta sulla Loggia di Licio Gelli. «Si considerano associazioni segrete e come tali vietate dalla Costituzione — recita la norma — quelle che, anche all’interno di associazioni palesi, occultando la loro esistenza ovvero tenendo segrete congiuntamente finalità e attività sociali, svolgono attività diretta ad interferire sull’esercizio delle funzioni di organi costituzionali, di amministrazioni pubbliche, di enti pubblici, anche economici, nonché di servizi pubblici essenziali di interesse nazionale».
INTERCETTAZIONI - Le intercettazioni telefoniche che costituiscono l’architrave di questa parte d’inchiesta avrebbero svelato diversi tentativi di condizionamento, soprattutto attraverso le conoscenze di uno dei tre inquisiti, Lombardi, nell’ambiente giudiziario nazionale. «Io ho rapporti con tanta gente perché organizzo convegni, non ho mai fatto nulla di male», s’è sempre difeso l’interessato. Ma per i pubblici ministeri non sarebbero così innocenti gli interventi per provare ad accelerare la causa in Cassazione del sottosegretario all’Economia Cosentino, sul quale pendeva una richiesta di arresto per concorso in associazione camorristica (successivamente confermata dalla corte suprema, ma negata dalla Camera dei deputati). Lombardi sarebbe dovuto intervenire anche per innescare un’ispezione ministeriale finalizzata ad eventuali azioni disciplinari su alcuni uffici giudiziari milanesi, dopo una decisione sgradita alla presidenza della Regione Lombardia. E ancora, dal vertice della Regione Sardegna sarebbe giunta una richiesta d’intercessione per evitare il trasferimento di un alto magistrato di Cagliari, a causa di una presunta incompatibilità.

Denis Verdini
Denis Verdini

CAPPELLACCI E VERDINI - Tutto questo, insieme ad altri indizi emersi dalle conversazioni ascoltate dagli investigatori, ha convinto la Procura di Roma a procedere anche per l’ipotesi dell’associazione segreta vietata dalla legge post-P2, parallelamente al filone che riguarda la supposta corruzione per la realizzazione degli impianti eolici. Nel quale sono indagati pure il presidente della Sardegna Ugo Cappellacci e il deputato, nonché coordinatore nazionale del Pdl, Denis Verdini, che compare spesso nei colloqui registrati come il senatore Marcello Dell’Utri. Frutto dell’accordo fra Verdini, Cappellacci e Carboni sarebbe stata la nomina di Ignazio Farris (anche lui inquisito) a direttore generale dell’Azienda regionale per la protezione dell’ambiente: condizione irrinunciabile per Carboni, referente di un «cartello» di imprenditori intenzionati a investire in Sardegna dai quali avrebbe raccolto alcuni milioni di euro transitati dal Credito cooperativo fiorentino, la banca presieduta da Verdini.
Giovanni Bianconi

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