lunedì 3 ottobre 2016

CREA: «Coltivare la cannabis in famiglia mette a rischio la salute dei più giovani»

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«Coltivare la cannabis in famiglia mette a rischio la salute dei più giovani»: è questo il titolo della rassegna stampa pubblicata lo scorso 22 giugno sul sito istituzionale del CREA, per ribadire quanto espresso alla Camera da Gianpaolo Grassi, primo ricercatore dell’ente, durante le audizioni nell’ambito dell’indagine conoscitiva sul disegno di legge “Cannabis Legale”:

A tal proposito, sebbene l’intervento di Gianpaolo Grassi, al pari di altri, avesse già riscosso una discreta attenzione da parte di svariate agenzie di stampa nazionali, data la rilevanza dell’argomento trattato, riteniamo comunque opportuno evidenziare come il CREA, per mezzo del proprio sito istituzionale, abbia voluto porre l’accento su una avvertenza in particolare, che non ci sembra affatto essere stata determinata dalla ricerca scientifica di cui l’ente si occupa sotto la vigilanza del MIPAAF, bensì da ben più specifici interessi di natura economica affinché il suddetto disegno di legge proceda in una determinata direzione e non in altre.
Infatti, poiché la discussione in corso alla Camera verte essenzialmente sulla proposta di alcuni di legalizzare la vendita della cannabis attraverso l’istituzione di un monopolio commerciale, parrebbe di capire che il CREA, proprio in base a quanto riferito dal primo ricercatore ai Deputati, sia già perfettamente consapevole di possedere tutti i requisiti necessari per diventare uno dei principali gestori, come del resto è stato previsto dall’Intergruppo, all’Art. 5, Comma 5, Lettera “b” della proposta stessa:
20/06/2016: Gianpaolo Grassi (CREA) in audizione alla Camera sul DDL 3235 "Cannabis Legale"
«Il nostro centro è l'unico che è autorizzato da vent'anni, però è in grado di fornire più di 300 varietà e saremmo in grado di fornire in maniera certa e precisa un materiale di cui si sa le origini, la composizione e che cosa potrebbe fare e ci assumeremmo eventualmente, se sono d’accordo ovviamente i responsabili del mio ente, la responsabilità di questi prodotti.»
Audizione GIANPAOLO GRASSI - CREA 20/06/2016 (fonte: http://webtv.camera.it/evento/9646)
Pertanto, considerando che il DDL “Cannabis Legale” prevede non solo il regime di monopolio sulla vendita, ma anche una deroga per quanto riguarda la coltivazione personale fino a 5 piante, individuale ed in forma associata (attraverso il modello dei CSC), non c’è da meravigliarsi di come, con massima risolutezza, il CREA abbia reso un parere nettamente a sfavore proprio di quest’ultimo punto.
Piuttosto, l’inconsistenza e l’arbitrarietà delle argomentazioni espresse da Gianpaolo Grassi per motivare tale posizione non fanno altro che confermare quanto da noi anticipato in una lunga serie di approfondimenti sulla proposta di legge dell’Intergruppo Cannabis Legale e cioè che la previsione di affiancare la coltivazione personale al monopolio costituisca, per alcuni, davvero un grosso problema, forse proprio perché consentirebbe a molti, se non addirittura troppi, di potersi rendere indipendenti da un mercato che promette sì cifre da capogiro, ma che evidentemente pretende anche l’acquisizione del maggior numero di clienti possibile:
«Se consideriamo il costo del prodotto, noi abbiam detto che forse si può arrivare al 75% di accise e 25% di costo dedicato al prodotto, considerate che siano 10 Euro al grammo, noi abbiam fatto un'idea, un stima, che nel nostro istituto abbiamo 60 ettari e solo 10 ettari consentirebbero alla regione Veneto di avere 250 milioni di euro a disposizione.
Perché, il mio punto di vista è che le unità produttive siano concentrate nelle singole regioni e nelle regione autonome a Statuto speciale: ogni regione ha un organismo di ricerca in campo agricolo ed ogni regione sarebbe in grado, attraverso il supporto del Corpo Forestale dello Stato e dei NAS, di tenerli sotto controllo, io penso che fino a 20 ci arriviamo.
Se invece si allarga ad un bacino di utenza come è tutto quello che sarebbe auspicabile che avvenisse per alcuni, sarebbe un caos totale.»
Audizione GIANPAOLO GRASSI - CREA 20/06/2016 (fonte: http://webtv.camera.it/evento/9646)
Se così non fosse, se noi avessimo semplicemente frainteso lo spiccato interessamento di Gianpaolo Grassi ai risvolti economici della questione, resterebbe da capire a che scopo e sulla base di quali evidenze scientifiche il primo ricercatore del CREA abbia voluto rievocare ed avvalorare, attraverso ben note argomentazioni, proprio quelle più ataviche paure su cui ha sempre e disonestamente fatto leva la propaganda proibizionista, con la sola differenza di aver prestato la massima attenzione nel circoscrivere ogni possibile allarmismo sulla cannabis all’esclusivo caso in cui venisse consentito a tutti di praticare la coltivazione personale:
«Mettiamo un caso, cioè se venisse applicata la legge e che venisse ammessa la coltivazione da parte di un capo-famiglia delle 5 piante nel suo orticello e ci fosse in questa famiglia un minore.
Questo sarebbe talmente curioso e tanto attratto da questa cosa, che sarebbe portato a provare, perché dice: lo prova mio padre, lo provo anch'io e potrebbe essere anche portato a farlo provare agli amici. Per cui, noi inneschiamo un meccanismo di, io direi, contaminazione generalizzato per tutto il Paese.»
Audizione GIANPAOLO GRASSI - CREA 20/06/2016 (fonte: http://webtv.camera.it/evento/9646)
Volendo provare a seguire per un attimo questa strana logica, sarebbe molto rischioso che un padre di famiglia coltivasse personalmente alcune piante di cannabis, perché ciò finirebbe irrimediabilmente con l’incentivare anche i propri figli a volerne fare uso, scatenando così un processo di “contaminazione” generalizzato per tutto il Paese. Mentre, al contrario, a quanto pare, non ci sarebbe alcun tipo di problema se i minori vedessero il proprio padre o quello di un coetaneo (ma perchè poi solo il padre e non anche la madre?) vendere quella stessa cannabis in ogni singolo bar e tabaccheria, confezionata in pacchetti da 20 sigarette pronte per l' uso, giacché la sola prospettiva degli enormi profitti che ne conseguirebbero, sarebbe evidentemente sufficiente a risolvere ogni problema morale e scongiurare qualsiasi pericolo per i più giovani, secondo il Grassi etico pensiero:
«Io avrò anche una ricetta molto banale e semplice, però vedrei che nelle tabaccherie o nei bar ci fossero i pacchetti di cannabis. Magari vogliamo essere anche sofisticati? Facciamo la cannabis a basso titolo, medio e alto. La quantità detenibile? 3 pacchetti, se sono pacchetti di sigarette da 20, oppure, meglio ancora, con uno sconto, se sono cartucce per l'uso della sigaretta elettronica, che è molto meno tossica della sigaretta fumata. Quando una persona rimane senza, va dal tabacchino lì vicino e si compra un altro pacchetto, dove sta il problema?
Perché dobbiamo mantenere in una situazione di assoluta impossibilità al controllo i centri dove si produrranno queste sostanze, perché se noi diamo a tutti la facoltà di coltivarsi la canapa, avremo decine e centinaia di migliaia di posti, immaginate sulla Sila, in Sicilia, a Napoli... Il motivo di tenere sotto controllo queste unità produttive, luoghi di produzione e unità consumate è proprio per garantire allo stato di recuperare il massimo dal Monopolio e riciclare il più possibile le risorse.»
Audizione GIANPAOLO GRASSI - CREA 20/06/2016 (fonte: http://webtv.camera.it/evento/9646)
 
La replica di alcune tra le più attive associazioni di utilizzatori a questa ridicola quanto imbarazzante audizione del CREA è stata ovviamente molto dura, a partire dai social network, dove le critiche della comunità “cannabica” hanno letteralmente sommerso lo stesso profilo personale di Gianpaolo Grassi (attualmente chiuso), soprattutto per quanto riguarda il parere “tecnico” da lui reso in qualità di rinomato ricercatore, le cui attività degli ultimi vent’anni sembrano essersi ininterrottamente concentrate proprio sulla cannabis:
«Coltivare in proprio la cannabis sarebbe come ammettere che uno si fa l'alcol in casa sua e ricordiamo quanti sono stati i MORTI per il problema del metanolo. Cioè, farsi delle cose abbastanza complicate è una cosa da tenere bene sotto controllo.»
Audizione GIANPAOLO GRASSI - CREA 20/06/2016 (fonte: http://webtv.camera.it/evento/9646)
Persino Dolce Vita Online, la nota rivista di settore con la quale il ricercatore aveva più volte collaborato, ha ritenuto opportuno prendere le distanze senza mezzi termini:
«L’idea che chi si mette a coltivare senza averne le competenze metta a rischio la propria salute è DEMENZIALE: la canapa – e un ricercatore non può non saperlo – se è coltivata male, semplicemente o non cresce o cresce male. E se cresce male, significa che produce livelli bassi di principio attivo: e questo non nuoce alla salute, semplicemente la rende meno psicoattiva.»
DOLCE VITA ONLINE (fonte: http://bit.ly/DolceVitaOnline-22-06-2016)
Per quanto ci riguarda, dopo tanti anni spesi a confutare le assurde teorie di personaggi del calibro di Giovanni Serpelloni,Carlo Giovanardi o Beatrice Lorenzin, vorremmo evitare di ribadire tutti quei concetti sulla cannabis che già abbiamo espresso migliaia di volte, a maggior ragione condividendo le critiche operate dalle varie Associazioni, nonché da alcuni colleghi di Gianpaolo Grassi (vedi: http://bit.ly/Dike-Salute-25-06-2016). Pertanto, ci limiteremo ad un paio di precisazioni che non sono state ancora fatte.
La prima è di natura legale, dato che il ricercatore del CREA, oltre ad aver sfoderato le proprie competenze di sociologo, sembra essere un grande esperto anche di Diritto Internazionale:
«Un vincolo molto importante che il nostro Paese deve rispettare è quello che ha stilato nel '61 per le Nazioni Unite, cioè abbiamo firmato un Trattato che ci impone di comunicare agli organismi organizzati dalle Nazioni Unite quanto produciamo, dove va a finire e come viene utilizzato tutto quanto è stupefacente. Noi, in un caos come sarebbe la liberalizzazione o la legalizzazione, sarebbe pressoché impossibile seguire questo aspetto.»
Audizione GIANPAOLO GRASSI - CREA 20/06/2016 (fonte: http://webtv.camera.it/evento/9646)
Ci sembra doveroso informare Gianpaolo Grassi di come la Convenzione Unica sulle droghe narcotiche del 1961 (e le successive del 1971 e del 1988) non costituiscano certamente un vincolo alla decriminalizzazione della coltivazione di cannabis, qualora tale condotta sia propedeutica all’esclusivo consumo personale e non per scopi di lucro. Esiste infatti una certa flessibilità concessa ai Paesi membri, circa la persecuzione penale del consumo, la quale è soggetta «ai principi costituzionali ed alle concezioni fondamentali del sistema legale” nazionale».
Infatti, la decriminalizzazione del consumo personale è alla base dei cofeeshop olandesi ed i Cannabis Social Club possono utilizzare le norme nazionali di equiparazione tra possesso e coltivazione ad uso personale, laddove entrambe le condotte siano state depenalizzate, senza attrarre le critiche dei principali organismi di controllo delle Nazioni Unite, ossia l’INCB(International Narcotics Control Board) e l’UNODC (United Nations Office on Drugs and Crime), come è il caso della Spagna e del Belgio, due Paesi che il ricercatore del CREA fa molta attenzione a non menzionare, preferendo ripotare l’esempio delCanada:
«C'è un esempio eclatante, quello che è successo in Canada, cioè in Canada si è dato la legalizzazione con la facoltà di coltivarsi la canapa ai pazienti. I pazienti si sono registrati per 25.000. Ora, se noi dobbiamo rispettare il trattato delle Nazioni Unite, andare a controllare 25.000 unità produttive è impossibile. Noi siamo il doppio della popolazione, cioè 60 milioni: sarebbero 50.000 siti di produzione da andare a controllare, verificare, sapere esattamente cosa producono, per cui sarebbe assolutamente ingestibile.»
Audizione GIANPAOLO GRASSI - CREA 20/06/2016 (fonte: http://webtv.camera.it/evento/9646)
Sorvolando sul fatto che il fine di ogni ragionamento di Gianpaolo Grassi sia sempre e solo quello di inventarsi un buon motivo secondo cui la coltivazione personale dovrebbe essere vietata, l’esempio del Canada è eclatante per davvero, anche se per ragioni completamente diverse rispetto alle sue.
Fino all’entrata in vigore della normativa del 2013, con cui è stato definitivamente regolato l’impiego della “medical cannabis”canadese, il precedente decreto del 2001 aveva la stessa impostazione del DDL “Cannabis Legale” depositato presso il Parlamento italiano, cioè era caratterizzato da una apertura alla coltivazione personale ed allo sviluppo dei CSC, seppur di fatto vincolato ad un regime di monopolio che non ha tardato a prendere il sopravvento.
Nell’aprile del 2014, infatti, attraverso un decreto promulgato per «questione di sicurezza e salute pubblica» e grazie ad un archivio con i dati che tutti i coltivatori domestici erano obbligatoriamente tenuti a comunicare (…), il governo ha imposto a più di trentasettemila privati cittadini di distruggere le proprie piante, i semi ed eventuali scorte di cannabis legalmente detenute fino a quel momento, affidandone la produzione e la vendita a pochissime società concessionarie, ad oggi circa 27 in tutto il Paese.
Il paradosso, da noi per l’appunto definito “eclatante”, è che non solo il permesso di praticare la coltivazione personale venne revocato per salvaguardare gli interessi di pochissimi, a discapito di tutti gli altri, dato che il prezzo subì un vertiginoso aumento, dai 3-4 dollari iniziali al grammo a più di 12, ma ci fu anche una altrettanto drastica diminuzione delle varietà fino a quel momento disponibili e, cosa ancora ben peggiore, alle pochissime società concessionarie è stato imputato l’impiego ditecniche di coltivazione pericolose e l’utilizzo di prodotti nocivi, con il tacito benestare del Dipartimento della Salutecanadese ed il coinvolgimento di multinazionali del calibro della Monsanto, come dettagliatamente documentato dal portaleCannabis Life Network (vedi: http://bit.ly/CLN-01-02-2016) ed in lingua italiana anche sul nostro sito web: Monsanto and Health Canada Cannabis.
Pertanto, ci dispiace molto per il CREA e per i 250 milioni di euro a disposizione solo per la regione Veneto, che Gianpaolo Grassi già ha iniziato a contare, tuttavia siamo dell’opinione che non sia la coltivazione personale ad essere pericolosa, bensì l’eccessiva bramosia di ottenere a tutti i costi un ingente profitto dalla vendita della cannabis.
Nel caso in cui una eventuale riforma normativa in Italia si basasse esclusivamente sul regime di monopolio commerciale, riteniamo che non ci sarebbe alcuna differenza rispetto a qualsiasi altro tipo di mercato tradizionale, dove la regola principale di ogni produttore o distributore è sempre stata quella di realizzare il più alto profitto possibile, spesso a discapito della qualità dei prodotti, ma cercando ugualmente di massimizzare il consumo pro-capite e mettendo in atto politiche di vendita finalizzate ad aumentare in continuazione il numero dei clienti. Questo si, che è uno scenario in cui la Salute Pubblicadiventerebbe un problema da gestire esclusivamente in maniera tale da non influire negativamente sulle vendite ed abbiamo già avuto modo di constatarlo con alcool e tabacchi, entrambi da qualche anno vietati ai minori, ma pur sempre di immediata disponibilità per tutti, uomini, donne e bambini.
Non ci sono dubbi, quindi, che sia fondamentale la previsione di un sistema normativo in grado di attenuare il grosso impatto che avrebbe sull’intera popolazione l’eventuale legalizzazione della vendita di cannabis, tuttavia reputiamo assolutamente fallimentare la prospettiva di Gianpaolo Grassi di voler gestire i consumi seguendo quella stessa logica proibizionista che ne ha fatto aumentare in maniera esponenziale la portata, puntando tutto sui divieti, sui controlli a tappeto e sull’allarmismo più sfrenato:
«Immaginiamo che tre tipologie di persone inizino a coltivare la canapa, c'è chi è esperto e riesce a farsele, chi ha un'infarinatura di quali sono le tecniche e le modalità di coltivazione e chi proprio non ce la fa, perché è anziano o malato o ha dei problemi. Ovviamente quest'ultima categoria che sarebbero migliaia di persone deve farsi supportare da chi è volontario o da chi vuol fare tipo le community o cose di questo genere. Ma io sono dell'avviso che questo non potrebbe andare a buon fine, perché poi le narcomafie non si lascerebbero scappare questo business, a mio avviso. Poi è impossibile da controllare una moltitudine di fonti di produzione di questi materiali.»
Audizione GIANPAOLO GRASSI - CREA 20/06/2016 (fonte: http://webtv.camera.it/evento/9646)
Ciò che Gianpaolo Grassi forse ignora – e che magari potrebbe chiarirgli il suo amico Enrico Fletzer, silente coordinatore italiano di Encod, durante una delle sue tante comparsate ad eventi e convegni “del settore” – è che il modello dei Cannabis Social Club, così come la pratica della coltivazione domestica consentono di attenuare le politiche commerciali dettate unicamente dal profitto ed allo stesso tempo permettono agli utilizzatori di rendersi indipendenti, svincolandosi innanzitutto dal narcotraffico, dato che se ognuno potesse provvedere al proprio fabbisogno, diminuirebbe immediatamente la domanda e quindi anche l’offerta.
La natura no-profit dei CSC, il sistema di funzionamento a “circuito chiuso” e la cultura di utilizzo consapevole solo tra soci ed esclusivamente all’interno della sede, contribuirebbe a limitare la diffusione della cannabis all’esterno, riducendo di molto, rispetto ai tanto prospettati bar e tabaccherie, le possibilità (soprattutto per i più giovani) di entrare in possesso della sostanza.
Pertanto, al contrario di quanto affermato dal primo ricercatore del CREA, che forse già immagina i Cannabis Social Clubcome i suoi peggiori concorrenti, essi potrebbero invece rappresentare un modello di transazione, che aiuti a stabilire norme sociali e comportamenti sani rispetto al consumo di cannabis, senza interferire con lo sviluppo di un sistema commerciale, così come sta accadendo in Uruguay, dove, per combattere ed estinguere il narcotraffico senza la necessità di controlli a tappeto in tutte le case dei liberi cittadini, la cannabis sarà venduta ad 1 dollaro circa al grammo, una cifra completamente diversa dalle previsioni in Italia:
«Rispetto al prosciugamento del mercato illegale, il primo problema che si pone è come si spostano i consumatori dal mercato illegale a quello legale e ci sono 3 elementi. Il primo, mi sembra quello fondamentale, che è una proposta economica conveniente e quindi questo cosa vuol dire: che abbiamo un valore soglia economico oltre quale, probabilmente, non si può salire, che sono 10, 12 Euro al grammo, all'incirca, in linea di massima, questo poi va stabilito. Altrimenti, se il prezzo fosse superiore, la proposta economica sarebbe penalizzante ed il mercato non lo spostiamo.»
Audizione LEOPOLDO GROSSO (Gruppo Abele), 15/06/2016 (fonte: http://webtv.camera.it/evento/9621)
A giudicare dall’orientamento in generale delle audizioni – su cui ritorneremo senz’altro, a partire da un approfondimento sull’intervento di Leopoldo Grosso del Gruppo Abele – la nostra impressione è che Gianpaolo Grassi,  contrariamente a quanto ripotato dal magazine Dolce Vita Online nell’articolo di cui sopra (vedi: http://bit.ly/DolceVitaOnline-22-06-2016), non possa affatto essere considerato «un fantasma» che «si aggira per le audizioni sulla cannabis alla Camera», avendo assunto un atteggiamento innegabilmente settario, ma che sembra per niente costituire un caso isolato.
Piuttosto, nel corso delle indagini conoscitive sul DDL “Cannabis Legale”, ci sembra di assistere al tentativo di una vera e propria spartizione delle quote di mercato di un gigantesco business, il cui valore – stimato dagli stessi promotori dell’iniziativa parlamentare in almeno 8 miliardi annui – sta avidamente influenzando il parere degli esperti, soprattutto quando a parlare sono gli stessi portavoce dei principali beneficiari di un possibile monopolio della cannabis.
L’audizione del CREA, per quanto ci riguarda, non rappresenta altro che il naturale proseguo di un ragionamento intavolato qualche giorno prima e più precisamente il 15 giugno scorso dal Maggior Generale Giocondo Santoni, sempre per ciò che concerne la pericolosità della coltivazione personale, i rischi derivanti dall’uso di semi non certificati e la necessità di affidare la gestione in mano a pochi soggetti, che guarda caso sono loro stessi.
Sebbene il Dr. Santoni abbia tenuto a precisare di essere stato convocato «esclusivamente a titolo privato», facciamo molta fatica a considerare il suo intervento “disinteressato”, avendo ricoperto il ruolo di Direttore dello Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze per 10 anni, fino al 2015, quando è divenuto responsabile della Business Unit da cui lo stabilimento dipende e ce lo dimostra proprio il parere che ha reso ai Deputati:
15/06/2016 Il Maggior Generale Giocondo Santoni in audizione alla Camera sul DDL 3235 "Cannabis Legale"
Sulla pericolosità della coltivazione personale:
«All'Art. 1, quando si parla della coltivazione personale o in forma associata, io, per questa novità, esprimo parere negativo. Esprimo parere negativo perché mi sembra una "deregulation" troppo veloce, troppo accentuata.
Il tabacco e l'alcol vengono prodotti da strutture professionali: facciamo produrre la cannabis anche per uso ricreativo - se si va in quella direzione - da chi, professionalmente e strutturalmente e sotto un controllo pubblico fa certe cose. Io credo che sia, oltre non legittimo, anche non sicuro fare un distillato in casa. Il pericolo dell'alcol metilico, scusate, non ce lo dobbiamo dimenticare.
Una coltivazione personale, ma anche in forma associata che non è sotto il controllo anche qualitativo di strutture preposte, mi sembra un rischio notevole. Io suggerirei di fare un passo per volta, 5 piante mi sembrano troppe, vado un pochettino più nello specifico, ogni pianta può arrivare a produrre anche oltre 100 gr di infiorescenze, se coltivata in certe situazioni, per non parlare delle foglie e per non parlare che se coltivata in certe situazioni particolari si possono fare 3 cicli di coltivazione all'anno, quindi a che quantità arriviamo, sia a livello personale, sia in forma associata, come coltivazioni che praticamente sono fuori da ogni controllo?»
Sui rischi derivanti dall’uso di semi non certificati:
«Se non altro, prevediamo che le sementi, anche per questo tipo di coltivazione, siano secondo la filiera che è prevista per i monopoli di Stato, cioè sementi certificate, perché non è l'uso medico, ma è comunque una pianta con alte attività, rischiosa, ha degli effetti importanti anche dal punto di vista e acuto e cronico.
Il fatto che il soggetto che è abituato a coltivare una certa specie vegetale e voi sapete che le varietà di cannabis hanno composizioni diverse, io non voglio nemmeno prendere in considerazione le situazioni di aggiunta di cannabinoli esterni, ma le singole varietà vegetali possono avere composizioni completamente diverse, dallo 0,2 di THC al 20%. Allora, il soggetto che non ha un'origine controllata dei semi e che può arrivare ad avere coltivato delle piante che magari hanno un THC decisamente più alto, si rischiano dei sovradosaggi, attenzione, con degli effetti acuti tossici veramente importanti.»
Sul controllo delle varietà:
«Dico qualche flash puntuale: per quanto riguarda il miglioramento genetico, io al CREA non affiderei tanto le attività specifiche di miglioramento genetico, ma affiderei il controllo e la certificazione, perché attività di coltivazione per studio e sperimentazione sono già autorizzate dal 309 per i laboratori pubblici. Questo disegno di legge lo prevede anche per i laboratori privati, quindi, come dire, alla scienza, all'iniziativa di studio non ci dovrebbe esser limite. Organo di controllo il CREA, per andare a certificare le nuove varietà.»
Sul controllo della produzione:
«Ci deve essere possibilmente un'unica Autorità. In questo momento, l'assetto del 309/90 prevede il Ministero della Salute, l'AIFA, la Guardia di Finanza, i NAS... Noi abbiamo dovuto conseguire, scusate se lo cito, come stabilimento, sequenzialmente, l'autorizzazione per l'articolo 26, cioè la ricerca scientifica, l'autorizzazione per l'articolo 27, non in modo unitario eh, ma in modo sequenziale, 27 per uso produttivo, 49 per la detenzione e l'acquisizione, poi abbiamo avuto l'ispezione dell'AIFA ed abbiamo dovuto avere l'autorizzazione dell'AIFA, poi, infine, l'autorizzazione ai sensi dell'articolo 32 per la produzione e la fabbricazione del medicinale. Abbiamo avuto l'ispezione del Ministero della Salute, della Guardia di Finanza, dell'AIFA, dell'ONU, io credo che se si vuol favorire l'accesso dei pazienti in modo controllato, sicuro, di qualità ai medicinali, dobbiamo favorire anche però quelle che sono delle fasi preliminari di chi lo vuol produrre.»
Audizione GIOCONDO SANTONI, 15/06/2016 (fonte: http://webtv.camera.it/evento/9621)
Fatto salvo il DIRITTO IRRINUNCIABILE di ognuno/a di poter coltivare le proprie piante di cannabis, individualmente oppure in forma associata, come ben chiarito CARTA DEI DIRITTI (GENOVA 2014), agli Articoli 1213 e 14, mai abbiamo assunto una posizione di chiusura nei confronti del mercato, sebbene ci siamo sempre opposti all’ipotesi di un monopolio, a causa proprio delle speculazioni e delle assurde prese di posizione che abbiamo appena messo in evidenza.
È stato a più riprese dichiarato che la coltivazione personale di cannabis è pericolosa, così come l’utilizzo di semi non certificati presenta rischi notevoli, che potrebbero portare ad effetti acuti tossici veramente importanti, eppure non ci risultano evidenze scientifiche o documentazioni a supporto di queste teorie.
Al contrario, è un dato di fatto inconfutabile la presenza su tutto il territorio nazionale di oltre 200 negozi specializzati, chiamatigrowshop, che da molti anni ormai commercializzano semi di cannabis provenienti dalla Spagna, dall’Olanda e dall’America, oltre ad ogni tipo di attrezzatura e prodotti specifici per la coltivazione domestica. Dunque, ci chiediamo: se i negozi ci sono da anni, sono più di 200 ed ancora non hanno chiuso i battenti, nonostante la crisi, le tasse e la fortissima repressione in Italia, quanti potranno mai essere, a questo punto, i clienti? Quanti i casi di intossicazione acuta, disturbi cronici, malori e/o danni alla salute pubblica per cause riconducibili alla coltivazione personale di cannabis?
Poiché queste domande avrebbero meritato una adeguata risposta, ci saremmo aspettati che almeno l’Onorevole Vittorio Ferraresi (M5S), sempre presente in Commissione Giustizia durante le audizioni, insieme a Daniele Farina (SEL), si fosse dimostrato un po’ più intransigente, come lo è stato, per esempio, con San Patrignano ed Exodus, a cui è stato giustamente chiesto di fornire un’adeguata documentazione rispetto a quanto dichiarato alla Camera. Evidentemente, però, le nostre aspettative erano troppo alte, dato che nessuno dei due Deputati ha avuto nulla da eccepire per quanto riguarda i pareri (poco tecnici), ma molto, molto rappresentativi dei Dottori Giocondo Santoni e Gianpaolo Grassi, il primo chimico farmacista ed il secondo agronomo.
Pertanto, ci auguriamo che almeno in sede di Discussione in Aula – pare tra qualche settimana – vengano tenute in seria considerazione, per le ragioni di cui sopra, non solo i pareri degli “esperti” per ciò che concerne le proprie aspettative, ma anche le istanze del movimento antiproibizionista autorganizzato, così come ampiamente descritto nell’Appello del 3 marzo 2016, che invitiamo TUTT* coloro che si riconosco a condividere e sottoscrivere: CANNABIS LEGALE? ...MA A CHE PREZZO!?

                                      NIENTE SU DI NOI SENZA DI NOI

lunedì 26 settembre 2016

PROPOSTA DI LEGGE - Disposizioni in materia di utilizzo della cannabis e dei suoi derivati per fini terapeutici

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Presentata il 21 luglio 2016

ONOREVOLI COLLEGHI ! – Le proprietà terapeutiche della cannabis sono note da tempo, in particolare nell’ambito del trattamento del dolore incoercibile derivante da contrazioni spastiche muscolari, mancano ancora tuttavia studi completi basati sulla evidence based medicine che consentano da parte della comunità scientifica la definizione di uso appropriato della cannabis con finalità di cura. Attualmente viene riconosciuta da più parti della comunità scientifica il suo ruolo nel trattamento sintomatico del dolore con spasticità associati alla sclerosi multipla o a danni del midollo spinale (Lynch 2015; Koppel et al. 2014; Corey-Bloom et al., 2012; Rog et al., 2007; Ibegdu et al., 2012; Giacoppo et al. 2014; Aggarwal et al., 2007); di nausea, perdita di appetito, perdita di peso e debilitazione a causa di cancro o sindrome da immunodeficienza acquisita, nella anoressia da sindrome da immunodeficienza acquisita (Beai et al., 1995; Beai et al., 1997; Carter et al., 2004; Haney et al., 2007); nausea e vomito associati alla chemioterapia utilizzata nella trattamento del cancro, o di terapie anti virus dell’immunodeficienza umana (Tramèr et al. 2001; Smith 2011; Cinti, 2009); nel dolore cronico (principalmente il dolore associato al sistema nervoso, ad esempio, causato da un nervo danneggiato, dolore fantasma, nevralgie facciali o dolore cronico che resta dopo il recupero da herpes zoster), nel dolore nel paziente oncologico in sostituzione intermittente degli oppiacei, al fine di ritardarne l’assuefazione (Lucas, 2012; Aggarwal, 2009; Ellis et al., 2009; Abrams et Atti Parlamentari — 1 — Camera dei Deputati XVII LEGISLATURA — DISEGNI DI LEGGE E RELAZIONI — DOCUMENTI al., 2009; Eisenberg et al., 2014; Wilsey et al., 2013); nel glaucoma resistente a terapie convenzionali (Tomida et al., 2004; Tomida et al., 2006); e nella riduzione dei movimenti involontari nella Malattia di Gilles de la Tourette (Muller-Vahl, 2013) che non può essere ottenuta con altro trattamento. Ma se da una parte della comunità scientifica, in particolare da chi si occupa di terapia del dolore, arriva la sollecitazione all’estensione della prescrivibilità dei prodotti terapeutici a base di cannabis a tutti i medici del Servizio sanitario nazionale, dall’altra non si può ignorare la necessità di una maggiore informazione che eviti speranze illusorie nei pazienti, riconduca su basi scientifiche l’impiego della cannabis, non ne sottostimi l’interferenza con altre terapie e supporti i medici in un percorso formativo ad hoc. Resta molto alta la prudenza rispetto al metabolismo dei bambini, degli adolescenti e delle donne in gravidanza per le possibili interazioni della cannabis con lo sviluppo del sistema nervoso e per gli effetti sul sistema mnesico e con le possibili ripercussioni sulla maturazione psicologica. In Italia nel 2007 l’allora Ministro della salute, Livia Turco, aveva autorizzato l’uso terapeutico del delta-9-tetraidrocannabinolo (THC), principale principio attivo della cannabis e successivamente il Ministro Balduzzi ha inserito i « medicinali di origine vegetale a base di cannabis (sostanze e preparazioni vegetali, inclusi estratti e tinture) » tra le sostanze psicoattive autorizzate a fini medici. Il decreto del Ministro della salute 9 novembre 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 279 del 30 novembre 2015 (meglio noto come « decreto Lorenzin ») con riferimento anche alla Convenzione unica sugli stupefacenti adottata a New York il 30 marzo 1961, individua nello Stabilimento chimico-farmaceutico militare di Firenze, già oggetto del Protocollo tra Ministero della difesa e Ministero della salute siglato nell’Accordo del 18 settembre 2014, quale luogo di coltivazione e produzione della « sostanza attiva » che deve essere effettuata in conformità all’Active Substance Master File (ASMF) depositato all’Agenzia italiana del farmaco (AIFA), con l’obiettivo di garantire unitarietà e sicurezza nella produzione e di evitare il ricorso a prodotti non autorizzati, contraffatti o illegali. Nello stesso testo si definisce l’uso terapeutico della cannabis e le indicazioni, supportate da bibliografia, per il suo utilizzo. Nonostante questo però ancora oggi la possibilità di accedere alla cannabis terapeutica è, di fatto, pregiudicata da vincoli amministrativo-burocratici, per superare i quali è necessario un intervento legislativo di semplificazione delle procedure, sia per l’approvvigionamento delle materie prime per la produzione nazionale, sia per la concreta messa a disposizione dei preparati per i malati, superando la disomogeneità del panorama legislativo regionale. Sono dodici le regioni, ovvero Piemonte, Puglia, Toscana, Veneto, Liguria, Marche, Friuli Venezia Giulia, Abruzzo, Sicilia, Umbria, Basilicata e Lombardia, che hanno adottato leggi o provvedimenti relativi all’uso terapeutico di medicinali a base di cannabis. La presente proposta di legge intende regolamentare in maniera omogenea sul territorio nazionale il regime di produzione, prescrizione e dispensazione di farmaci a base di cannabis, facilitando l’accesso alle cure. Atti Parlamentari — 2 — Camera dei Deputati XVII LEGISLATURA A.C. 3993 PROPOSTA DI LEGGE __ ART. 1. (Definizione). 1. Per uso terapeutico della cannabis si intende il trattamento a scopo di cura, con composti farmacologici e galenici derivanti da piante di cannabis, a cui si applicano le previsioni dell’articolo 27 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, con esclusione delle piante di canapa coltivate esclusivamente da sementi certificate per la produzione di fibre o per altri usi industriali, come consentito dalla normativa dell’Unione europea. L’uso terapeutico della cannabis è consentito esclusivamente su specifica prescrizione medica. ART. 2. (Funzioni del Ministero della salute). 1. Il Ministro della salute, nel rispetto delle attribuzioni a esso conferite dal citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, provvede, con propri decreti: a) di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, a disciplinare le modalità di individuazione delle procedure e delle attività per il miglioramento genetico delle varietà di cannabis per uso terapeutico, attraverso la ricerca e la selezione di sementi idonee, individuando il Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura quale ente preposto a svolgere tali attività; b) ad autorizzare la coltivazione delle piante di cannabis da utilizzare per la produzione di medicinali di origine vegetale a base di cannabis, sostanze e preparazioni vegetali; Atti Parlamentari — 3 — Camera dei Deputati XVII LEGISLATURA A.C. 3993 c) a individuare le aree da destinare alla coltivazione di piante di cannabis per la produzione delle relative sostanze e preparazioni di origine vegetale e la superficie dei terreni su cui la coltivazione è consentita; d) all’importazione, all’esportazione e alla distribuzione sul territorio nazionale, ovvero ad autorizzare l’importazione, l’esportazione, la distribuzione all’ingrosso e il mantenimento di scorte delle piante e materiale vegetale a base di cannabis, ad eccezione delle giacenze in possesso dei fabbricanti di medicinali autorizzati; e) alla determinazione delle quote di fabbricazione di sostanza attiva di origine vegetale a base di cannabis sulla base delle richieste delle regioni e delle province autonome e ad informarne l’International Narcotics Control Boards (INCB) presso le Nazioni Unite; f) a promuovere, d’intesa con l’Agenzia italiana del farmaco, la conoscenza e la diffusione di informazioni sull’impiego appropriato dei farmaci contenenti princìpi naturali o sintetici della pianta di cannabis e a disporne l’inserimento nella farmacopea ufficiale. ART. 3. (Detenzione, prescrizione e trasporto di cannabis e di suoi derivati per uso terapeutico). 1. È consentita la detenzione personale di cannabis e dei prodotti da essa derivati in quantità maggiori di quelle previste dal testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, o di prodotti di sintesi a base di delta-9- tetraidrocannabinolo (THC) esclusivamente previa prescrizione medica nel limite indicato nella prescrizione stessa. 2. Nella prescrizione il medico deve indicare le generalità dell’assistito, la patologia per la quale il farmaco è prescritto, la dose prescritta, la posologia, la durata del trattamento, il domicilio professionale e il recapito del medico da cui è rilasciato. La prescrizione deve recare altresì la data di rilascio, la firma e il timbro del medico. Atti Parlamentari — 4 — Camera dei Deputati XVII LEGISLATURA A.C. 3993 3. Chiunque è autorizzato a trasportare preparazioni e sostanze vegetali a base di cannabis purché munito di certificazione medica per l’effettuazione di terapie domiciliari. ART. 4. (Clausola di invarianza finanziaria). 1. Alle attività derivanti dall’attuazione della presente legge si provvede nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie previste dalla legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Atti Parlamentari — 5 — Camera dei Deputati XVII LEGISLATURA A.C. 3993

                                              D’INIZIATIVA DEI DEPUTATI: 
AMATO, MIOTTO, BENI, PAOLA BOLDRINI, CAPONE, CARNEVALI, CASATI, D’INCECCO, FOSSATI, GRASSI, LENZI, MURER, PIAZZONI, GIUDITTA PINI

Fonte: http://www.camera.it/_dati/leg17/lavori/stampati/pdf/17PDL0044900.pdf

domenica 28 agosto 2016

Cosa ci fanno fumare? un punto di vista

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Quando ho ricevuto la mail della Dr.ssa Barillà sono rimasto veramente molto sorpreso nell’essere stato contattato per un’inchiesta sulla Cannabis di strada. Il mio ruolo era quello di chiarire alcuni punti sullafisiopatologia del sistema endocannabinoide e sulla farmacocinetica efarmacodinamica dei cannabinoidi.
Mai e poi mai avrei creduto – mea culpa – che questa inchiesta fosse davvero così importante da comportare conferenza stampa ricca di ospiti illustri (video della conferenza stampa), articoli di giornale (Repubblica1Repubblica2) e addirittura citazione in un telegiornale (TgLA7 cronache dal minuto 12’13)
Condivido in pieno lo spirito e le conclusioni dei ragionamenti dei protagonisti della vicenda e riportati attraverso i media, umilmente, però mi permetto di dare il mio punto di vista su alcune questioni con cui non mi trovo pienamente d’accordo.
L’argomento dello spaccio di strada è molto complesso e richiede una visione molto ampia per essere compreso. Durante il corso della mia vita ho avuto modo di conoscere molto bene quel mondo, a questa conoscenza esperienziale ho poi associato, come è noto, lo studio vero e proprio della Cannabis come fitoterapico. La mia curiosità, però, spazia anche attraverso la storia della pianta e del suo proibizionismo. Unendo molti punti che attraverso tutti i campi traggo il mio quadro.
Questione della Modifica Genetica, la cannabis è cambiata?
Per iniziare questo ragionamento dobbiamo ricordare la cronaca recente. Nelle piazze di spaccio di Napoli,  dal 2015 più o meno, è iniziato lo spaccio di una Marijuana che prendeva il nome di Amnesia. La criminalità ha utilizzato questo nome non a caso, Amnesia Haze è infatti uno degli strain più famosi di Cannabis, vincitore della Cannabis Cup del 2004 (vedi altri vincitori).
L’amnesia partenopea, però, di simile alla Amnesia Haze ha solo il nome. Come riporta un articolo del Fatto Quotidiano, infatti, le analisi su questo tipo di Cannabis hanno dimostrato una radicale alterazione del prodotto, venivano aggiunte, infatti, sostante note per il loro potere di “creare sballo” e, assieme a questo, un forte desiderio di riassumere la sostanza stessa vedremo poi il perchè.
Questi fatti di cronaca hanno indotto l’opinione pubblica a pensare che sul mercato nero la marijuana fosse TUTTA alterata e che quindi che fosse in atto un programma di modifica genetica della pianta stessa al fine di incrementarne il principio attivo e quindi il potere drogante.
Io credo che questo pensiero sia fuorviante, per vari motivi.
Da quando è iniziata l’era del proibizionismo, la produzione di canapa, è cessata repentinamente, con essa la produzione di semi con cui mantenere le varie linee genetiche  che questo pensiero sia fuorviante e non renda
onore a comedi modifica genetica della pianta al fine di incrementarne il pdelle piante. La soppressione del mercato legale ha aperto uno spazio enorme a quello illegale, di fatto, quindi, il proibizionismo, ha condotto alla selezione di liee genetiche sulla base dei soli effetti psicotropi in maniera, quindi, empirica.
La prima e unica variante di cannabis geneticamente modificata è stata registrata dalla Monsanto all’inizio di quest’anno, come riporta un interessante articolo su High Times. Lo stesso articolo riporta una breve excursus sui vari strain presenti attraverso gli anni negli USA.
La criminalità organizzata non bada minimamente alla qualità, analogamente purtroppo alla società moderna, il suo unico scopo è il profitto. Se per un momento ci mettiamo nei panni di un capo mafioso che debba intraprendere il commercio di Cannabis ci troviamo di fronte a due problemi:
Come posso massimizzare il rapporto costo/prodotto e quindi quanto posso guadagnare?
La coltivazione di Cannabis è illegale quindi la coltivazione outdoor (all’aperto) è molto rischiosa perché molto meno controllabile in termini di odore e di visibilità. Buisness a rischio. La percentuale di marijuana

lunedì 25 luglio 2016

Cosa c'è che non va nella proposta di legge sulla legalizzazione della cannabis

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Immagine via Gianpaolo Grassi
Gianpaolo Grassi lavora come primo ricercatore al CREA-CIN, azienda sperimentale per le Colture Industriali di Rovigo. L'ho intervistato qualche tempo fa perché si occupa in prima persona della coltivazione delle talee di cannabis terapeutica che vengono poi fatte crescere all'Istituto Chimico Farmaceutico di Firenze—nell'ambito del progetto sperimentale che al momento alimenta la speranza di tutti i malati italiani che hanno bisogno della sostanza.
Durante la lunga intervista avevamo toccato gli argomenti più disparati, che riguardavano però prevalentemente la cannabis a uso medico e tutti gli ostacoli economici e burocratici in cui bisognava imbattersi per coltivarla e farsela prescrivere.
La settimana scorsa, Gianpaolo Grassi mi ha inviato via mail un documento che ha presentato alle audizioni della Commissione Affari sociali della Camera il 20 giugno scorso in relazione alla proposta di legge che verrà discussa oggi. Mi ha riferito che, in quella sede, il suo intervento è stato tra i pochi a suscitare delle reazioni tra i promotori.
In effetti, i punti di vista di Grassi possono essere definiti in parte estremi e non del tutto progressistiMa si tratta pur sempre del parere ponderato di un ricercatore esperto, che ha dedicato parte della sua vita alla cannabis e a cui vale la pena dare un po' di credito. Qui riporto l'intervento quasi per intero, lievemente editato per motivi di lunghezza e di forma.
"La mia esperienza sulla canapa parte da bambino, quando a 6 anni ci giocavo in mezzo con gli amici. Più di 22 anni fa ho iniziato a studiarla e a occuparmene professionalmente.
Una delle condizioni prioritarie da garantire nel metter mano a questo argomento spinoso è quella di non attuare cambiamenti che possano causare maggiori danni di quelli che si sono avuti con la situazione di proibizionismo attuale.
Per limitare eventuali problemi, si devono avere ben presenti gli aspetti derivanti da una maggiore e più facile reperibilità delle sostanze derivate dalla Cannabis. Si deve partire dalla piena consapevolezza del danno che può arrecare la sostanza al consumatore stesso e a chi, pur non consumandola, può causare danni in forma indiretta (vedi Figura 1), apparsa sulla prestigiosa rivista Lancet il 1 novembre 2015, con di seguito i valori numerici desunti dalle osservazioni.

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