sabato 15 maggio 2010

Fra topi, muffa ed escrementi le carte di Capaci e via D'Amelio

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Gli investigatori sperano di risalire a chi ha depistato le indagini fino dal 1989

CALTANISSETTA - Le carte delle stragi siciliane le hanno recuperate un mese fa, appena dopo Pasqua. Erano ammassate in uno stanzone, forse per qualcuno destinate all´oblio perenne. Decine di migliaia di fascicoli, verbali di interrogatorio e di perquisizione, tabulati telefonici, trascrizioni, informative su pedinamenti. Alcuni faldoni erano ammuffiti, altri coperti da escrementi, altri ancora vicini alla decomposizione. Era finita lì l´inchiesta del «Gruppo Falcone-Borsellino» sull´uccisione dei due magistrati.

Ed è ricominciata da lì, da quella memoria storico-giudiziaria lasciata marcire per diciotto anni in un deposito della polizia di Stato a Bagheria, la nuova indagine dei procuratori di Caltanissetta sui massacri del 1992. Sulle bombe e sui depistaggi, sui boss mafiosi e sui mandanti che quelle stragi avrebbero pianificato. Le carte - quintali - sono tutti gli atti che non sono mai confluiti nei processi e che, oggi, i magistrati vogliono spulciare una per una per scoprire il patto che ci fu fra Cosa Nostra e pezzi dello Stato. I fascicoli sono stati prelevati e ripuliti, ricomposti e trasferiti alla Questura di Palermo «a disposizione dell´autorità giudiziaria competente». In quella montagna di documenti fradici («Ce n´erano moltissimi divorati dall´umidità e dai parassiti, ancora qualche mese e li avremmo sicuramente ritirati non più integri», assicura chi li ha visti) si possono rintracciare i fili della strategia della tensione che ha portato alla morte di 
Falcone Borsellino. Lì dentro gli investigatori sperano di scorgere le impronte di chi ha deviato le indagini, fin dall´attentato sugli scogli dell´Addaura del giugno del 1989.

È una missione quasi impossibile. Per il tempo passato. Per le forze investigative in campo. Per quello che è stato trovato in quel deposito a Bagheria. Un disordine totale dei fascicoli, un caos fortuito o provocato, comunque una vergogna per come è stata conservata in tutti questi anni la prima inchiesta su Capaci e su via D´Amelio: quella del «Gruppo Falcone-Borsellino», istituito con decreto della Presidenza del Consiglio nell´estate del 1992.

Basta fare solo un esempio per spiegare cosa hanno «rinvenuto» i procuratori di Caltanissetta sulle tre vicende giudiziarie - attentato dell´Addaura, strage Falcone e strage Borsellino - intorno alle quali un anno fa hanno riaperto le indagini. L´esempio riguarda gli identikit, sei, tracciati dai poliziotti della squadra mobile di Palermo nei giorni successivi al 23 maggio del 1992 degli uomini che erano stati notati da una decina di testimoni «nei pressi del luogo dell´attentato». I magistrati li hanno cercati nel fascicolo dove dovevano stare e lì non c´erano. Li hanno ritrovati alla biblioteca nazionale di Roma su una copia di Repubblica del 13 giugno 1992 (è stato l´unico quotidiano a tiratura nazionale, insieme al Giornale di Sicilia, a diffondere i volti dei sei presunti killer), poi hanno individuato gli identikit - tutti?, mentre scriviamo non abbiamo questa certezza - in altre schede dove invece gli identikit non dovevano stare. Ma, come spiegano alcuni inquirenti, «oltre a quegli identikit lo stato dei fascicoli presenta numerose altre anomalie».

A indagare diciotto anni dopo sui mandanti non mafiosi delle stragi c´è solo un funzionario della Dia, un poliziotto che fa da collegamento fra una sua squadretta di investigatori e la procura di Caltanissetta. Uno solo per scoprire i misteri dell´Addaura, per scoprire tutte le trame della trattativa fra i boss e gli 007, per riscontrare le migliaia di rivelazioni di 
Massimo Ciancimino, per decifrare le ultime manovre di alcune fazioni dei servizi segreti, per individuare gli autori di alcune minacce arrivate ai magistrati. Sembra uno scherzo ma è così: un poliziotto per tutto, un poliziotto solo per riscrivere un pezzo di storia (e non solo giudiziaria) italiana.

Dietro di lui una procura sguarnita: quasi un terzo di organico scoperto - 11 sostituti su 16 - la frontiera della criminalità di Gela che assorbe almeno metà delle indagini, magistrati dirottati nel distretto - ai Tribunali di Nicosia e di Enna - e il resto delle forze - il procuratore capo 
Sergio Lari e i suoi aggiunti Nicolò Marino, Domenico Gozzo, Amedeo Bertone - a fare ogni mattina udienze e il pomeriggio indagini su Capaci. Il part time giudiziario sulle stragi di mafia. 


Attilio Bolzoni (
la Repubblica, 15 maggio 2010)


http://www.19luglio1992.com/

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