martedì 21 dicembre 2010

Uso terapeutico dei derivati della cannabis. Lo scenario italiano

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STUDIO a cura di Gianpaolo Grassi, primo ricercatore CRA-CIN sede di Rovigo 
I malati che necessitano dei farmaci a base di Cannabis e cannabinoidi si sono sempre trovati a dover fare i conti con la difficoltà di approvvigionamento della loro medicina. Nel nostro paese non esistono infatti in commercio farmaci registrati a base di cannabinoidi né sintetici né naturali e non esistono produttori autorizzati di Cannabis per scopi medici. L’unica maniera di ottenere legalmente i cannabinoidi è rappresentata dalla complessa procedura prevista dal D.M. 11-2-1997 (Importazione di specialità medicinali registrate all’estero). La prima richiesta di importazione di un cannabinoide sul territorio italiano risale all’agosto 2002, su prescrizione del prof. Andrea Pelliccia. Dopo questa prima importazione “pionieristica” il canale individuato è stato ulteriormente perfezionato a favore di alcuni pazienti affetti da sclerosi multipla. L’entusiasmo per essere riusciti a mettere a punto un canale di approvvigionamento legale viene tuttavia ridimensionato dal fatto di dover fare i conti con l’alto costo della terapia e dal variabile intervento delle ASL delle varie Regioni a sostenere questo costo.
L’approvazione, in chiusura della XIV Legislatura, della cosiddetta “legge Giovanardi Fini” (Legge 21 febbraio 2006 n. 49 pubblicata nella G.U. del 27.02.2006) ha classificato arbitrariamente la Cannabis e i suoi derivati tra le sostanze di abuso “ prive di utilità terapeutica” (Tabella I).Ciò ha creato non pochi problemi ai numerosi pazienti che vedevano improvvisamente messo in discussione il loro diritto alla cura.
L’insensatezza delle norme è sembrata chiara perfino all’allora Ministro della Salute, Storace, che firmò un’ordinanza che, in deroga alla legge nel frattempo entrata in vigore, continuava ad autorizzare le importazioni dei cannabinoidi dall’estero.
Nel luglio 2007 è stato promosso un appello al Ministro della Salute, sottoscritto da alcune centinaia di medici e ricercatori italiani, in cui si chiedeva:
un’immediata iniziativa ministeriale per inserire la Cannabis ed i suoi derivati – al pari degli oppioidi – nella tabella II-B;
un impegno del Ministro della Salute a garantire le importazioni di Nabilone, Marinol, Sativex e Bedrocan, in passato regolarmente autorizzate dal ministero in base al D.M. 11 febbraio 1997;
un impegno del Ministro della Salute a fare quanto nelle sue prerogative per rimuovere gli ostacoli e a stimolare la ricerca su endocannabinoidi, cannabinoidi naturali e di sintesi.
Con un successivo decreto ministeriale pubblicato sulla G.U. del 28 aprile 2007, il Ministro ha inserito ufficialmente i principi attivi dei cannabinoidi, sintetici e naturali tra le sostanze dotate di efficacia terapeutica. Nella versione aggiornata al 2009 della tabella II-B sono ammessi all’importazione il:
1. Delta-9-tetraidrocannabinolo (THC);
2. Trans-delta-9-tetraidrocannabinolo (denominato anche Dronabinol);
3. Nabilone.
Intanto in Europa, a partire dal 2003, il Ministero della Salute olandese rendeva disponibile attraverso farmacie autorizzate, preparati a base di Cannabis sotto forma di fiori essiccati. Attualmente sono tre i formulati di Cannabis che possono essere importati dall’Olanda: due sono fiori che contengono diverse concentrazioni (19% e 11%) di delta-9-tetraidrocannabinolo (THC) ed uno è costituito da fiori che contengono (in rapporto 1:1,2), il THC con il Cannabidiolo (cannabinoide non psicotropo).
Sono anni che molti Stati americani ammettono l’uso della Cannabis come preparato medicinale galenico ed è di questi giorni la decisione del loro governo federale di non perseguire penalmente i malati che per curarsi hanno la necessità di utilizzare la Cannabis ed i suoi derivati.
Nella nostra Farmacopea (X ed.) tra le sostanze stupefacenti erano compresi i preparati della Cannabis destinabili alle preparazioni galeniche che contengono i cannabinoidi.
Farmacopea Ufficiale X ed.
Tabella VII
Elenco delle sostanze, loro sali e preparazioni ad azione stupefacente o psicotropa.
Tabella II
- Cannabis indica (foglie e infiorescenze)
- Cannabis indica (Olio)
- Cannabis indica (Resina)
La questione della denominazione Cannabis specie indica o specie sativa al giorno d’oggi non ha più senso di esistere perché la definizione della specie era legata a caratteri botanici e all’aspetto della pianta. Nell’ultimo decennio è stato fatto un tale lavoro di incroci e selezione che tra le migliaia di diverse varietà di Cannabis disponibili non è più distinguibile una pura specie indica dalla sativa. La caratteristica della pianta di produrre la sostanza psicotropa delta-9-tetraidrocannabinolo è stata trasferita in numerosissime varietà e perciò questa distinzione, legata all’aspetto della pianta, in effetti non avrebbe più una validità legale. Di conseguenza, è unicamente necessario misurare chimicamente il contenuto del principio attivo delta-9-tetraidrocannabinolo per stabilire se si tratta di una varietà con potere stupefacente oppure no.
In definitiva sono fondamentalmente due le fonti del principio attivo cannabinoide più studiato, denominato delta-9-tetraidrocannabinolo (THC):
- pianta di Cannabis
- aboratorio di sintesi
I malati ed i consumatori di prodotti farmaceutici sono sempre più orientati ad impiegare per curarsi derivati di origine naturale e vegetale in particolare. Questa preferenza è legata al fatto che molti malati o consumatori in genere hanno la convinzione che il naturale sia più salubre, meglio tollerabile e meno pericoloso. In effetti, nel caso specifico dei cannabinoidi, quando si utilizza il farmaco sintetico approvato dalla FDA americana dal 1986 denominato Marinol (con principio attivo Trans-delta-9-tetraidrocannabinolo, in breve Dronabinol), si è soggetti all’effetto di una dose unica e fissa della singola molecola artificiale che ha proprietà antalgiche, ma anche psicotrope. Quando invece si utilizza la medesima dose dello stesso principio attivo, ad esempio assumendo un estratto di fiori del prodotto Bedrocan (NL), oltre allo stesso principio attivo naturale (THC, Dronabinol) si assumono decine di altre sostanze che interagisco con il principale componente attivo e modulano l’effetto finale. Questa proprietà di modulazione ed attenuazione degli effetti meno desiderati che sono quelli psicotropi è sfruttata anche nel più recente farmaco registrato in Canada a partire dal 2005 che è stato ottenuto con estratti naturali di Cannabis in cui sono presenti in rapporto 1:1 sia il THC (Dronabinol), sia il Cannabidiolo (CBD). Sono anche contenuti in questo estratto altre molecole della pianta a minor concentrazione che sicuramente hanno anch’esse un’azione complementare significativa. E’ comune verificare che pazienti che hanno avuto modo di utilizzare sia il Marinol (sintetico), sia il Bedrocan (naturale) o il Sativex (naturale), preferiscono senza dubbio l’uso dei preparati naturali. L’ulteriore vantaggio del farmaco Sativex è quello di essere disponibile come soluzione liquida che può essere facilmente nebulizzata da un piccolo flaconcino, mentre il Bedrocan, al momento dell’assunzione deve essere trattato per estrarre i principi attivi che contiene. D’altro canto c’è il costo del prodotto, che nel caso del Marinol sintetico arriva, per singola dose, a quasi 30 euro; nel caso del Sativex il costo è di circa 10 euro ed in fine, utilizzando il Bedrocan, la dose viene a costare meno di 1 euro. A questi prezzi però non sono stati aggiunti i costi della pratica di importazione che, indipendentemente dal preparato importato, incidono per alcune centinaia di euro per singola pratica di importazione che va ripetuta ogni due mesi.
La soluzione al problema di rendere sempre ed immediatamente disponibili i preparati derivati dalla Cannabis, cioè a base di cannabinoidi, sarebbe quella di produrre a livello nazionale questa sostanza. L’ipotesi non è remota e neppure proibita dalla nostra legislazione. Infatti già è operativo un centro di ricerca pubblico a Rovigo che da anni è in grado di produrre chilogrammi di Cannabis di diverso tipo e con varie combinazioni di cannabinoidi. Ora questi materiali vegetali devono essere inceneriti. Il prodotto vegetale, per essere fruibile dai pazienti, deve essere trasformato in preparazione medicinale a tutti gli effetti e perciò deve essere lavorato da un laboratorio autorizzato, di tipo farmaceutico. Una struttura pubblica che ha la possibilità di fare questa trasformazione è lo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze che tra le sue mission porta avanti le attività congiunte di ricerca e formazione, per la produzione anche di medicinali orfani, medicinali cioè che, pur essendo di indubbia utilità clinico-terapeutica, non vengono sviluppati, prodotti e resi disponibili dalle aziende farmaceutiche private a causa, sostanzialmente, del loro limitato interesse commerciale perchè curano patologie, definite malattie rare (si parla di 6000 – 7000 diverse tipologie) che colpiscono un numero relativamente piccolo di persone. In realtà, sebbene in Europa una malattia rara è considerata tale se colpisce 1 paziente su 2000 (incidenza del 0,05 %), anche quel singolo (sfortunato) paziente ha tutto il diritto di essere curato adeguatamente e con i migliori presidi messi a disposizione dalla Comunità Scientifica internazionale.
Andando a verificare però quali potrebbero essere le classi di ammalati che possono migliorare il loro stato con l’impiego dei derivati della Cannabis ed in particolare dei cannabinoidi, ci rendiamo conto che non si tratta poi di piccoli numeri. Considerando solo le applicazioni attualmente riconosciute per cui i cannabinoidi sono stati ammessi al commercio, vediamo che sono compresi: i malati terminali di cancro (per nausea da chemioterapia e dolore cronico), malati di AIDS (per contrastare la sindrome debilitante associata), Sclerosi Multipla (per contrastare gli spasmi e i problemi di incontinenza). Solo considerando queste tre classi di ammalati i numeri sono già di un certo rilievo, se poi andiamo a verificare quali sono gli studi in corso che riguardano le applicazioni dei cannabinoidi e perciò dei derivati della Cannabis possiamo aggiungere le problematiche legate espressamente alla Terapia del Dolore nel:
- dolore neuropatico
- dolore tumorale
- emicrania
- Sindrome di Tourette
- Glioblastomi
- Artrite reumatoide
Sono poi anche da considerare le molto probabili attività positive della Cannabis verso: Malattie infiammatorie croniche intestinali (morbo di Crohn, colite ulcerosa); Anti-tumorale; Lesioni midollari;Malattie neurodegenerative (morbo di Alzheimer, corea di Huntington, morbo di Parkinson);Epilessia; Malattie autoimmuni (lupus eritematoso, etc.); Sindromi ansioso-depressive; Patologie cardiovascolari (ipertensione arteriosa, aterosclerosi); Sindromi da astinenza nelle dipendenze da sostanze da abuso (alcool e fumo).
Di estrema attualità è l’applicazione dei derivati della Cannabis nella cura dello stress post-traumatico che colpisce frequentemente i militari di ritorno dalle zone calde di guerra o che subiscono traumi per combattimenti ed attentati terroristici. La Cannabis è da anni impiegata dal governo israeliano per curare i suoi soldati che con la Cannabis riescono a rimuovere più velocemente i ricordi più dolorosi e ricorrenti. Per ultimo, ma di attualità è la valorizzazione della proprietà sinergica che manifestano i cannabinoidi quando sono associati ai farmaci oppiacei. Ciò consente di ridurre le dosi dei secondi che spesso provocano effetti collaterali molto gravi: arresto cardiaco, blocco intestinale, dipendenza e assuefazione, garantendo nel tempo perciò una migliore e più duratura attenuazione dei dolori cronici. 
 DA : blog.donatellaporetti.it 

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