lunedì 28 giugno 2010

L’Ilva ha fatto svalutare tutti i tesori di Taranto

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PORTO – TURISMO – CULTURA – PESCA
MARICOLTURA – AGRICOLTURA
A TARANTO ABBIAMO:
  • Il maggiore inquinamento registrabile a livello europeo che produce il maggior numero di malattie mortali, tumori dei polmoni e del sangue, lesioni respiratorie, ecc.; dalle misurazioni ufficiali il 92% della diossina emessa dalle industrie italiane proviene dall’Ilva di Taranto; dal Registro dei Tumori salentino emerge un aumento del 30% dei tumori a Taranto rispetto alla media regionale.
  • Un altissimo livello di sottosviluppo economico e disoccupazione, dato dalla crisi dell’acciaio, dell’indotto e dalla mancanza di alternative sviluppate, ingiustificato rispetto alle dimensioni e ai profitti di un’azienda così grande.
  • Un elevato impoverimento culturale, conseguenza dell’annullamento di iniziative rivolte alla storia, all’arte, alla letteratura, alle tradizioni, ecc.
  • Un enorme spreco delle risorse del territorio, un ambiente ai minimi termini, acqua ad aria inquinati, agricoltura e pesca di bassa qualità, porto e turismo svalutati e impraticabili, penalizzati da un paesaggio fatiscente a causa di un’enorme struttura industriale visivamente opprimente e oggettivamente ingombrante.
A TARANTO VOGLIAMO:
  • La salute: non possiamo pensare che le malattie sono il costo del lavoro e della sopravvivenza.
  • Lavoro per vivere e non per morire.
  • Avviare attività che portano profitti, lavoro, valore aggiunto e qualità della vita, adatte al nostro patrimonio, alla nostra storia e alle nostre risorse (porto turismo cultura pesca maricoltura agricoltura artigianato archeologia).
  • Una città bella da vedere e da visitare, che sia considerata e trattata come merita.
  • La vivibilità, ovvero camminare per le strade senza vedere gli edifici sporchi di minerale, e incontrare le persone senza parlare di morti ammalati o infortunati sul lavoro.
  • Costruire un futuro migliore e alternativo, per evitare la condanna che è stata scelta per questa città 40 anni fa, che ora non ci sta più bene.
  • Dare una possibilità alle nuove generazioni, che possano scegliere di costruirsi un futuro a Taranto e che non siano costretti a cercare una vita migliore altrove.


COMITATO REFERENDARIO “ TARANTO FUTURA”

COMUNICATO STAMPA
Nuvole nere che s’addensano sono presagio di cattivo tempo, preludio di temporale dal quale naturalmente ci s’aspetta pioggia ma non grandine. Ebbene è quello che accade qui a Taranto. Non è dal punto di vista meteorologico è evidente per non essere scambiati per neofiti del settore e se chi legge vuole il parere di esperti, smetta di leggere e cerchi altrove chi distilla in ogni occasione gocce di saggezza a ogni enunciato riguardante il futuro di questa nostra città. A costoro è lecito chiedere perché nel momento particolare che vive Taranto, viene sferrato un attacco concentrico da tre corazzate armate di tutto punto che navigando in acque tempestose convergono in aiuto di una potenza economica (ILVA) supportata anche da un governo (leggi Ministero ambiente) e da una amministrazione municipale che in pieno dispregio delle prerogative che le impongono la tutela sanitaria di tutta la comunità le affianca, solo per affondare una barca che naviga da sola galleggiando col solo sostegno del diritto sacrosanto di difendersi e difendere disinteressatamente gli abitanti di questa disgraziata città che vuole con un referendum scegliere se continuare a patire l’avvelenamento quotidiano causato dall’insediamento di industrie ad alto impatto ambientale, e chiedere che si trovi la soluzione migliore perché questo scempio termini .
Ebbene come si possa aprire un contenzioso per un diritto sancito dalla carta costituzionale da due sindacati (Cgil e Cisl) e da Confindustria insieme all’ILVA che si ritiene a suo modo parte in causa come destinataria di ogni accusa d’inquinamento oramai acclarato e non ancora asseverato e accettato dalla amministrazione comunale, il tutto con sentenza del Tar, non ci è dato conoscere. Se poi vogliamo essere assertivi fino in fondo dobbiamo ricordare uno dei motivi del contendere per il quale siamo costretti ad opporci in sede legale al Tar a ben quattro ricorsi con un chiarimento. Nel primo quesito per il referendum proposto al voto “era” chiaramente considerata la chiusura ma con un distinguo finale : “la salvaguardia dei posti di lavoro”. Era”, abbiamo scritto, in quanto questa parte è stata cassata dal parere dei garanti ai quali è stata posta da parte del comune la richiesta di pronunciarsi sulla legittimità delle domande. E poi vogliamo precisare, persuasi che la nostra iniziativa è soggetta al destino di una consultazione popolare senza alcuna valenza decisionale (che spetterebbe – il condizionale è comodo) che spetta, diciamo noi, ad una decisiva ordinanza sindacale che porrebbe un argine alla problematica che le si pone. Come comitato promotore siamo chiamati in causa e dovremo almeno costituirci e rispondere ai quattro ricorsi presentati per ostacolare lo svolgimento del referendum quasi che questo possa essere stabilito da una ordinanza ad hoc del Tar, lo stesso al quale abbiamo dovuto ricorrere perché ci concedesse il diritto di farlo svolgere. Oltremodo bizzarro sarebbe se ora su richiesta di quattro interessi diversi tra cui proprio quello dell’ILVA , smentendo se stesso, accogliesse tali simili richieste, annullando quanto era stato deciso con un proprio pronunciamento. In tal senso siamo perfettamente convinti che questo non potrà accadere sempre se l’applicazione pedissequa del diritto non sia un optional da poter usare a seconda di determinate convenienze, e se una ordinanza dettata da un’istituzione amministrativa, ultima a dover decidere, sia sconfessabile per una opportunità che col buon senso che crediamo di esserne portatori, non riusciamo con tutta la buona volontà, a intravedere. Quattro ricorsi, ricordiamolo all’opinione pubblica, sono stati proposti e contestualmente notificatici perché con una inimmaginabile azione sinergica quattro diverse istituzioni, si sono scoperte portatrici di stessi interessi. Sembra che queste, con plausibile evidenza, tentino di impedire un innocuo e democratico mezzo di consultazione popolare al quale dover poi rispondere in termini di consensi politici e questo è il vero e temuto pericolo che non intendono correre, non tenendo conto che così offendono tutti coloro che hanno firmato per far svolgere il referendum e sono gli stessi ai quali dovranno dar conto.
CLAUDIO MONTEDURO
28/06/2010

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