lunedì 13 giugno 2011

Meeting ad alto livello ONU sull’Aids: dove andiamo da qui?

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Photo: ttfnrob/Flickr

JOHANNESBURG, 9 giugno 2011 (PlusNews) – Più di 30 capi di stato e di governo sono al Meeting ad alto livello 2011 delle Nazioni Unite contro l’Aids a New York – uno dei più grandi eventi nel calendario dell’Hiv/Aids. Sono passati 30 anni da quando il primo caso di Hiv è stato diagnosticato, 10 anni dalla fondamentale Sessione speciale dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite sull’Hiv/Aids, e 5 anni da quando i paesi si sono riuniti per impegnarsi sull’accesso universale ai servizi per l’Hiv. Il meeting non sarebbe potuto cadere in un momento più propizio, con i finanziamenti per l’Aids in declino, mentre altre priorità globali come i cambiamenti climatici hanno catturato l’attenzione del mondo.
Le discussioni dovrebbero produrre una Dichiarazione politica che guiderà la risposta globale all’Hiv/aids, ma ci sono opinioni discordanti sull’impatto di questo tipo di dichiarazioni. Al meeting ONU ad alto livello 2006 sull’Aids , i leader mondiali si impegnarono a fornire l’accesso universale al trattamento, prevenzione, cura e supporto entro il 2010 e concordarono di importsi obiettivi nazionali. Alla fine del 2010, pochissimi paesi hanno raggiunto questi obiettivi ambiziosi.
IRIN/PlusNews ha prodotto un articolo sul significato del Meeting ONU ad alto livello 2011 sull’Aids.
Abbiamo ancora bisogno di meeting di queste dimensioni?
È facile essere cinici sul valore di questi incontri ad alto profilo, che sembrano ben lontani dall’immagine ben più sporca dell’epidemia di Aids, ma il direttore Unaids per l’Africa Orientale e Meridionale Sheila Tlou sottolinea che è stato dopo un meeting simile 10 anni fa – l’epocale assemblea generale delle Nazioni Unite sull’Aids del 2001 – che i paesi hanno cominciato a prendere l’Hiv/Aids più sul serio. “Se non ci fosse stato, non penso che tanti capi di stato si sarebbero mobilitati [sull’Aids]; non penso che il Fondo Globale sarebbe stato creato”.
Gli attivisti sostengono che un ampio meeting ad alto livello è vitale a questo punto cruciale della risposta globale all’Hiv. “Se i paesi non si impegnano adesso per dare una bella botta all’Hiv – mettendo più persone in trattamento e assicurando che ci siano medicinali accessibili disponibili per farlo – non ce la faremo mai” avvisa Sharonann Lynch, consigliere per le politiche Hiv per la Campagna per i Medicinali Essenziali di Médecins Sans Frontières (MSF).
“L’Unaids ha previsto che 12 milioni di nuove infezioni e 7 milioni di altre morti possono essere evitate entro il 2020 se tutti coloro che hanno bisogno del trattamento lo ottengono. Quando ci sono dati di questo tipo, è chiaro che adesso è il momento che i governi si impegnino e scelgano di fermare la diffusione dell’Hiv” aggiunge Lynch.
In una congiuntura in cui il sostegno finanziario per l’Aids è in declino e i paesi duramente colpiti sono pressati per produrre risultati con minori finanziamenti, questo meeting potrebbe costituire un modo per imporsi su finanziatori e governi alle prese con altre sfide. Ma l’annuncio del mese scorso che trattare precocemente le persone che vivono con l’Hiv potrebbe ridurre la trasmissione fino al 96% ha riacceso gli animi nel campo Hiv/Aids, e il gioco è cambiato. “C’è qualche speranza in questo risultato. Penso che questo fatto da solo darà al meeting più energia e più slancio che in quelli passati” dice Lynch.
Cos’è in programma?
Gli obiettivi e gli scopi concordati dagli stati membri nel 2001 e nel 2006 sono scaduti alla fine del 2010, quindi il meeting ad alto livello del 2011 deve risultare in una “strategia nuova di zecca” per vincere le sfide che restano e sostenere la risposta globale all’Aids. I paesi hanno negoziato una nuova dichiarazione nei due mesi scorsi attraverso le loro missioni all’Onu a New York, e una consultazione con la società civile ad aprile ha assicurato che i suggerimenti di questo settore fossero inclusi nelle negoziazioni.
Il processo è tutt’altro che ideale. In preparazione del meeting, i gruppi della società civile e i governi africani hanno discusso una posizione comune a Windhoek, in Namibia, che finora non ha avuto riscontri nelle negoziazioni. Nonkosi Khumalo, presidente della South Africa’s Treatment Action Campaign, dice che il gruppo africano ha proposto degli emendamenti alle negoziazioni che “indeboliscono gravemente i mezzi di provata efficacia nel ridurre le nuove infezioni, specialmente tra le popolazioni più a rischio. Senza obiettivi forti di prevenzione e trattamento, e i mezzi per raggiungerli, ci stiamo dando da fare per niente di più di un’altra chiacchierata di lavoro con poca sostanza per il 2015”.
Tlou attribuisce questo al fatto che alcuni nello staff delle ambasciate e delle missioni che hanno condotto le negoziazioni hanno poco interesse o conoscenza di tematiche legate all’Hiv/Aids, mentre le regioni a volte sono persino in disaccordo tra loro. Perciò, il documento finale è una “versione annacquata”. “L’impegno c’è, ma le persone che prendono le decisioni non sono quelle giuste”, ha spiegato.
Il segretario generale dell’Onu Ban Ki-Moon ha proposto un obiettivo di trattamento di mettere almeno 13 milioni di persone in terapia entro il 2015, mentre altri hanno chiesto un obiettivi di 15 milioni. Secondo MSF, in riunioni a porte chiuse gli USA e alcuni governi europei come il Regno Unito si sono mostrati riluttanti ad accettare questo obiettivo.
I soldi, o la loro mancanza, è senza dubbio una questione centrale nel meeting 2011. Nell’Africa sub-sahariana, milioni di persone Hiv-positive si affidano a finanziatori esterni per i medicinali che li tengono in vita. Un report dell’Unaids ha rilevato che in 56 paesi in via di sviluppo, i finanziatori internazionali approvvigionano almeno il 70 % delle tutte le risorse per l’Aids.
Finanziare in modo sostenibile la risposta all’Aids sarà una questione persino più urgente per paesi dell’Africa orientale e meridionale, che sopportano il peso maggiore della popolazione sieropositiva del mondo e dove si stima che siano in terapia circa 3.2 milioni di persone. La maggior parte dei paesi in queste regioni hanno cambiato i loro protocolli per la terapia per dare i medicinali più presto, in linea con le recenti raccomandazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità, ma le ristrettezze finanziarie potrebbero non solo impedire questi cambiamenti ma anche mettere a rischio le vite delle persone che sono già in terapia.
Obiettivo puntato anche sulla responsabilità dei governi nazionali a spendere le proprie risorse, e Tlou spera che il meeting possa sollecitare i paesi a mettersi delle priorità e “spendere meno per le forze armate e più sull’Aids, perché la guerra è dentro i confini”.
Quanto questa dichiarazione possa nominare le popolazioni a rischio – sex worker, uomini che fanno sesso con uomini (MSM), consumatori di droghe iniettive – è stato a lungo un punto controverso, soprattutto nei paesi più conservatori. A Tlou piacerebbe esserci alla sessione in cui si discuterà di questi argomenti. “Sarebbe davvero grande per gli MSM e i sex worker alzarsi in piedi davanti ai capi di stato e dire ‘Ho lo stesso diritto di accedere ai servizi Hiv del resto della popolazione eterosessuale, allora perché mi escludete?’”.
Promesse, promesse?
Il fallimento dei governi a raggiungere gli obiettivi posti ai meeting precedenti non significa che non ci siano stati progressi. Mentre gli obiettivi sono importanti per monitorare ogni miglioramento fatto a livello nazionale, Pride Chigwedere, il focal point regionale di Unaids per il Meeting ad alto livello, dice che è venuto il tempo di guardare alla qualità, piuttosto che alla quantità. Invece di guardare quante strutture in un paese forniscono servizi per prevenire la trasmissione dell’Hiv da madre a figlio, il focus dovrebbe essere su quante madri e quanti bambini sopravvivono e il tasso di trasmissione tra madri sieropositive e i loro figli.
Il vero test su quanto il meeting 2011 sia valido per la risposta globale all’Aids sarà nei risultati. Quando le promesse saranno state fatte e i cori di esaltazione saranno finiti, i governi si daranno da fare?
Lynch ha commentato: “Una volta che i paesi firmano il pezzo di carta dimostrando il loro impegno, le persone che vivono con l’Hiv, i loro amici e i loro familiari metteranno pressione ai paesi per assicurarsi che rispettino le loro promesse e si mantengano affidabili”.

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