giovedì 23 dicembre 2010

Pisanu: the day after.

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L’art. 7 del famigerato Decreto Pisanu, sia avvia ad andare in pensione – quasi integralmente - dopo oltre cinque anni di inglorioso servizio.
Il Consiglio dei Ministri di ieri, infatti, nell’ambito del decreto legge Milleproroghe, ha approvato una disposizione che prevede espressamente l’abrogazione dei commi 4 e 5 relativi rispettivamente all’obbligo di identificazione degli utenti a mezzo carta di identità ed all’obbligo di conservazione dei registri di log e che, invece, proroga al 31 dicembre 2011 l’obbligo di richiesta di una licenza per i soli “internet point” [n.d.r. soggetti che svolgono prevalentemente l’attività di messa a disposizione del pubblico di risorse di connettività].
Si tratta e va detto in modo in equivoco di un passo importante verso l’allineamento della disciplina italiana a quella del resto del mondo.
La raggiunta semi-normalità, in genere, non giustifica euforia e straordinarie manifestazioni di soddisfazione ma, in questo caso, è, forse, ipotizzabile un’eccezione considerata la lunga attesa.
Prima di archiviare la questione ed iniziare a guardare avanti – augurandoci, naturalmente, che in Parlamento la disposizione “salva internet” del Milleproroghe non cada sotto fuoco amico – val la pena di soffermarsi a riflettere su alcune considerazioni delle quali far tesoro per l’avvenire.
1. La circostanza che il Governo abbia deciso di abrogare integralmente le disposizioni contenute nel Decreto Pisanu in materia di identificazione degli utenti di postazioni pubbliche WIFI significa che le propagandate, sino all’ultimi momento, esigenze di sicurezza ed antiterrorismo, in realtà non esistono o, comunque, non sono così rilevanti come, a più riprese, si è raccontato.
In caso contrario, infatti, il Viminale non avrebbe mai dato il via libera al provvedimento.
Che fine hanno fatto le insuperabili esigenze di sicurezza ed anti-terrorismo del Procuratore Nazionale antimafia e dello stesso Ministro Maroni che hanno sempre sostenuto che, anche a voler fare a meno della carta di identità, un obbligo di identificazione avrebbe dovuto essere mantenuto?
La sensazione è che certe valutazioni – anche quando relative a temi di estrema rilevanza quali la privacy, la sicurezza e la diffusione delle nuove tecnologie – siano svolte con inquietante superficialità.
Difficile trovare una spiegazione diversa per la volubilità di certe posizione e per certe affermazioni fatte e smentite nello spazio di pochi giorni.
2. Le disposizioni cadute ieri sotto i colpi di un atipico mille proroghe che, anziché prorogare, ha abrogato una norma, albergano nel nostro Ordinamento sin dal 2005 e dal 2007 ad oggi sono state prorogate di anno in anno nella pressoché totale assenza di ogni dibattito e valutazione circa la reale opportunità di mantenerle in vigore.
Oggi è, naturalmente, il giorno della soddisfazione per il risultato raggiunto ma non si può fare a meno di pensare che lo stesso risultato avrebbe, forse, potuto essere raggiunto già da tempo e che, se così non è stato, la responsabilità è diffusa: del Palazzo che troppo spesso guarda alle nuove tecnologie come ad un orpello del quale occuparsi a tempo perso ma anche di tutti noi che, evidentemente, siamo, ormai, talmente tanto rassegnati a non poter intervenire sull’agenda politica, da aver perso l’abitudine, almeno, a provarci.
Negli ultimi mesi il crescente tam tam dalla blogosfera ai media mainstream, la mobilitazione dal basso ed il rumore sollevatosi attorno alla questione ha portato il mondo politico a farsi carico del problema, ad affrontarlo, e, in un paio di mesi, a risolverlo.
Chiunque avesse dei dubbi al riguardo provi a pensare alla circostanza che dopo aver, sostanzialmente, ignorato il problema, negli ultimi due mesi sono stati presentati sei disegni di legge volti ad affrontare e risolvere la questione e che lo stesso strumento normativo sin qui utilizzato per prolungare artificialmente la vita del decreto Pisanu [n.d.r. il decreto Milleproroghe] è stato, ieri, utilizzato per sopprimerlo.
Sintomatica anche l’attenzione della televisione per il “caso wifi”: ieri tutti i telegiornali hanno dato la notizia dell’abrogazione del Pisanu mentre, negli anni scorsi, nessuno ha dato la notizia della sua proroga.
Insegnamento da trarre e del quale far tesoro: la Rete è ormai divenuto un megafono che il Palazzo, alla lunga, non può astenersi dall’ascoltare.

3. All’indomani del Consiglio dei Ministri con il quale è stata finalmente ratificata la decisione di abrogare il Decreto Pisanu, non c’è ministro o politico che si sia sottratto – in un modo o nell’altro – dal dirsi soddisfatto per la decisione e dal cercare di rivendicare ai propri uffici il risultato raggiunto.


Tra le tante, ci sono, tuttavia, dichiarazioni autentiche e sincere di persone che hanno davvero condiviso la battaglia per la “liberalizzazione del wifi” e si sono impegnate perché questa diffusa ambizione divenisse realtà ed altre che hanno solo cavalcato – o cercato di cavalcare – l’onda mediatica ma che, in realtà, hanno fatto davvero poco perché si raggiungesse questo risultato.

Riuscire a distinguere i primi dai secondi è un esercizio al quale nessuno dovrebbe sottrarsi perché la politica dell’innovazione di questo arretrato Paese ha un disperato bisogno di individuare interlocutori, nel Palazzo, capaci di ascoltare e comprendere il vento che viene dal futuro [n.d.r. o talvolta semplicemente che soffia contro il passato] e farsi convinti sostenitori di principi ed iniziative moderne.

E’ sempre antipatico – specie sulla base delle poche informazioni in possesso dei più – fare l’elenco dei “buoni” e dei “cattivi” ma ce ne sono molti nella lista dei primi così come dei secondi.

Personalmente metto nella lista dei “buoni” quanti – poco importa se di destra o di sinistra – hanno condiviso, sin dalla prima ora, la battaglia di civiltà e modernità che ha portato sin qui mentre inserisco nella seconda quanti, solo di recente – dinanzi al grande impatto mediatico acquisito dalla vicenda – hanno voluto salire, o provare a salire sul carro dei vincitori.

Nel Governo, non si può dubitare, alla luce dei fatti, che il Ministro Maroni – sebbene non senza qualche esitazione e con un po’ di confusione – abbia fatto la sua parte così come, occorre riconoscere, che, peraltro nell’ombra – e quindi in modo ancor più lodevole – ben più della “sua” parte abbia fatto il Ministro Meloni che si è spesa con i suoi colleghi di Governo per arrivare sin qui e che, d’altra parte, ha  già da tempo dimostrato, in numerose battaglie, di aver il coraggio di sedersi dalla parte della Rete.

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