INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA
ANTIMO CESARO, VARGIU, CIMMINO, D'AGOSTINO e SOTTANELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
ogni anno perdono la vita circa 60 mila persone, a volte anche adolescenti o bambini per arresto cardiocircolatorio. Senza una terapia d'urgenza solo il 5-10 per cento dei colpiti sopravvive all'arresto cardiaco improvviso. Tuttavia, sono state raggiunte percentuali di sopravvivenza superiori al 50 per cento laddove sono stati implementati con successo programmi sull'uso del defibrillatore esterno automatico. Le percentuali possono aumentare ulteriormente se si interviene sul paziente entro tre minuti dall'arresto cardiaco;
il defibrillatore automatico esterno è una piccola attrezzatura salvavita che può salvare molte persone colpite da arresto cardiaco, una piccola macchina che non ha cifre esorbitanti, ma che, purtroppo, sembrerebbe essere finito nel dimenticatoio, pur trattandosi di una macchina molto semplice da usare;
il mancato utilizzo di questo presidio sanitario si è reso tragicamente evidente con la morte di uno studente diciannovenne di Caserta, che ha perso la vita all'interno della facoltà di ingegneria dell'Università Federico II, stroncato da un infarto mentre affrontava un esame, senza gli opportuni e immediati soccorsi, in conseguenza della mancanza di un defibrillatore nella facoltà;
il 24 aprile 2013 è stato emanato il decreto ministeriale, recante «Disciplina della certificazione dell'attività sportiva non agonistica e amatoriale e linee guida sulla dotazione e l'utilizzo di defibrillatori semiautomatici e di eventuali altri dispositivi salvavita», in attuazione dell'articolo 7, comma 11, del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189 (cosiddetto decreto Balduzzi);
il decreto ministeriale dispone garanzie sanitarie mediante l'obbligo di idonea certificazione medica, nonché linee guida per l'effettuazione di controlli sanitari sui praticanti e per la dotazione e l'impiego da parte di società sportive, sia professionistiche che dilettantistiche, di defibrillatori semiautomatici e di eventuali altri dispositivi salvavita;
nonostante l'obbligatorietà da parte dei centri sportivi di possedere un defibrillatore, si rileva l'adeguamento soltanto da parte di una piccola percentuale in Italia. Si tratta di un piccolo passo verso quella che dovrebbe diventare una distribuzione capillare sul territorio dei defibrillatori, non solo nei centri sportivi, ma anche in tutte le scuole, università, uffici pubblici, centri commerciali, nonché in tutti quei luoghi pubblici dove vi è una grossa affluenza di persone –:
se sia operativo il cosiddetto decreto Balduzzi in merito all'obbligatorietà della dotazione da parte di società sportive di defibrillatori semiautomatici e, in caso contrario, quali siano i motivi del ritardo nell'applicazione della legge e se non si ritenga, altresì, di promuovere, attraverso iniziative normative ed informative, l'effettiva dotazione di defibrillatori automatici nelle scuole, nelle università, nelle strutture commerciali e ricreative (cinema, teatri, discoteche), anche coinvolgendo i 118 locali in quanto enti abilitati al rilascio degli attestati. (3-00658)
(4 marzo 2014)
ogni anno perdono la vita circa 60 mila persone, a volte anche adolescenti o bambini per arresto cardiocircolatorio. Senza una terapia d'urgenza solo il 5-10 per cento dei colpiti sopravvive all'arresto cardiaco improvviso. Tuttavia, sono state raggiunte percentuali di sopravvivenza superiori al 50 per cento laddove sono stati implementati con successo programmi sull'uso del defibrillatore esterno automatico. Le percentuali possono aumentare ulteriormente se si interviene sul paziente entro tre minuti dall'arresto cardiaco;
il defibrillatore automatico esterno è una piccola attrezzatura salvavita che può salvare molte persone colpite da arresto cardiaco, una piccola macchina che non ha cifre esorbitanti, ma che, purtroppo, sembrerebbe essere finito nel dimenticatoio, pur trattandosi di una macchina molto semplice da usare;
il mancato utilizzo di questo presidio sanitario si è reso tragicamente evidente con la morte di uno studente diciannovenne di Caserta, che ha perso la vita all'interno della facoltà di ingegneria dell'Università Federico II, stroncato da un infarto mentre affrontava un esame, senza gli opportuni e immediati soccorsi, in conseguenza della mancanza di un defibrillatore nella facoltà;
il 24 aprile 2013 è stato emanato il decreto ministeriale, recante «Disciplina della certificazione dell'attività sportiva non agonistica e amatoriale e linee guida sulla dotazione e l'utilizzo di defibrillatori semiautomatici e di eventuali altri dispositivi salvavita», in attuazione dell'articolo 7, comma 11, del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189 (cosiddetto decreto Balduzzi);
il decreto ministeriale dispone garanzie sanitarie mediante l'obbligo di idonea certificazione medica, nonché linee guida per l'effettuazione di controlli sanitari sui praticanti e per la dotazione e l'impiego da parte di società sportive, sia professionistiche che dilettantistiche, di defibrillatori semiautomatici e di eventuali altri dispositivi salvavita;
nonostante l'obbligatorietà da parte dei centri sportivi di possedere un defibrillatore, si rileva l'adeguamento soltanto da parte di una piccola percentuale in Italia. Si tratta di un piccolo passo verso quella che dovrebbe diventare una distribuzione capillare sul territorio dei defibrillatori, non solo nei centri sportivi, ma anche in tutte le scuole, università, uffici pubblici, centri commerciali, nonché in tutti quei luoghi pubblici dove vi è una grossa affluenza di persone –:
se sia operativo il cosiddetto decreto Balduzzi in merito all'obbligatorietà della dotazione da parte di società sportive di defibrillatori semiautomatici e, in caso contrario, quali siano i motivi del ritardo nell'applicazione della legge e se non si ritenga, altresì, di promuovere, attraverso iniziative normative ed informative, l'effettiva dotazione di defibrillatori automatici nelle scuole, nelle università, nelle strutture commerciali e ricreative (cinema, teatri, discoteche), anche coinvolgendo i 118 locali in quanto enti abilitati al rilascio degli attestati. (3-00658)
(4 marzo 2014)
NARDI, NICCHI, PIAZZONI, AIELLO e DI SALVO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
la sindrome fibromialgica è una forma comune di dolore muscoloscheletrico diffuso e di affaticamento (astenia), che colpisce circa 1,5-2 milioni di italiani. Il termine fibromialgia significa dolore nei muscoli e nelle strutture connettivali fibrose (i legamenti e i tendini). Questa patologia spesso confonde ai fini della diagnosi precisa, poiché alcuni dei suoi sintomi possono essere riscontrati in altre condizioni cliniche;
la fibromialgia è una malattia dei tessuti connettivi, accompagnata da dolori molteplici e da stati di stanchezza. Le fibre, i muscoli e i tendini sono affetti da uno stato fortemente doloroso. Riguardo alle cause, si può dire che la fibromialgia è una malattia a genesi multifattoriale, ma principalmente si tratta di un'alterazione nei livelli di alcuni neurotrasmettitori, in particolare la serotonina e la noradrenalina;
i dolori causati dalla fibromialgia sono senza confini, sia dal lato di intensità, sia dal lato di ubiquità. Possono prevalere di continuo. Possono, però, cambiare di intensità, durata, frequenza e cambiare la parte dolorante del corpo, si tratta perciò della sindrome «mi fa tutto male». In latino si parla del dolor migrans. I pazienti descrivono i dolori come bruciori, crampi muscolari, lancinanti in profondità. Dolori alle giunture della mandibola si spandono alla faccia, producendo mal di denti, mal di testa, dolori da sinusite cronica;
veramente estesa è la sintomatologia di questa malattia: dolori al torace, al cuore, alle vie urinarie, all'inguine, alla vagina, dismenorrea. I dolori fibromuscolari sono accompagnati da cefalee posteriori, tinnitus, edema alle palpebre, anche da emicrania vera. Importanti sono poi i disturbi del sonno. I pazienti non hanno problemi nell'addormentarsi, ma il sonno è irregolare. Spesso il paziente è colto da apnea, stridore di denti, tremore di muscoli e spasmi che possono arrivare all'intensità della sindrome da restless legs;
in molti casi si presenta anche la tipica sindrome della fatica cronica. I pazienti descrivono diversamente la fatica sentita. Alcuni sono prostrati fisicamente, altri mentalmente, con frequente impossibilità di concentrarsi;
la patologia in esame dovrebbe essere affrontata da subito a livello multispecialistico, ma purtroppo manca un centro di riferimento al quale possano rivolgersi i molti pazienti che ne vengono colpiti;
in Europa, secondo la dichiarazione del Parlamento europeo sulla fibromialgia, approvata il 13 gennaio 2009, circa 14 milioni di persone nell'Unione europea e l'1-3 per cento della popolazione mondiale soffrono di fibromialgia;
nel 2008 il Parlamento europeo ha approvato una dichiarazione che dà mandato ai rappresentanti nazionali di attivarsi nei confronti dei Governi a favore della sindrome fibromialgica; la maggior parte delle nazioni riconosce la fibromialgia come una precisa entità nosologica, con conseguente riconoscimento di esenzione per tale patologia;
attualmente nel nostro Paese sussistono i presupposti per una collocazione della fibromialgia tra le patologie croniche e invalidanti (decreto ministeriale n. 329 del 1999);
per gli esami di monitoraggio delle patologie non riconosciute, quale è appunto la fibromialgia, lo Stato non prevede alcuna esenzione dal pagamento del ticket;
i pazienti non possono usufruire delle prestazioni contenute nei livelli essenziali di assistenza, erogabili attraverso le strutture del servizio sanitario nazionale a titolo gratuito, ma devono farsi carico dei numerosi e spesso esosi esami a pagamento;
la fibromialgia ha ottenuto un riconoscimento nel Trentino. La giunta provinciale di Trento con deliberazione n. 239 del 12 febbraio 2010 ha recentemente approvato un provvedimento che riconosce alle persone affette da tale patologia esenzione dalla compartecipazione alla spesa sanitaria da parte dell'utente (ticket) ai cittadini e residenti in provincia di Trento ed iscritti al sistema sanitario nazionale. Le prestazioni sanitarie sono quelle appropriate per il monitoraggio della patologia e delle relative complicanze, per la riabilitazione e per la prevenzione di ulteriori aggravamenti;
il consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia ha approvato un ordine del giorno in cui – tra l'altro – si impegna l'assessore alla salute «ad assumere ulteriori iniziative affinché a livello parlamentare siano approvate le normative necessarie a prevedere il riconoscimento, ai lavoratori affetti da questa patologia, di permessi di astensione dal lavoro per la cura della sintomatologia, nonché per prevedere l'esenzione dal pagamento dei ticket e dei farmaci eventualmente prescritti»;
la regione Lombardia ha inserito nel piano socio sanitario regionale la fibromialgia come malattia degna di attenzione e per la quale viene assunto un impegno formale di studio e approfondimento a favore dei diritti del malato;
la regione Veneto ha riconosciuto questa patologia nel nuovo piano socio sanitario regionale come malattia ad elevato impatto sociale e sanitario;
la regione Toscana ha approvato la costituzione di un tavolo tecnico di confronto e di proposta per il problema in questione –:
se non ritenga necessario attivarsi al fine di riconoscere la fibromialgia, o sindrome fibromialgica, quale malattia progressiva e invalidante, inserendola tra le patologie che danno diritto all'esenzione dalla partecipazione alla spesa per le correlate prestazioni sanitarie, provvedendo altresì a individuare i presidi sanitari pubblici già esistenti, tra i reparti di reumatologia o immunologia, per la diagnosi e la cura della fibromialgia. (3-00659)
(4 marzo 2014)
la sindrome fibromialgica è una forma comune di dolore muscoloscheletrico diffuso e di affaticamento (astenia), che colpisce circa 1,5-2 milioni di italiani. Il termine fibromialgia significa dolore nei muscoli e nelle strutture connettivali fibrose (i legamenti e i tendini). Questa patologia spesso confonde ai fini della diagnosi precisa, poiché alcuni dei suoi sintomi possono essere riscontrati in altre condizioni cliniche;
la fibromialgia è una malattia dei tessuti connettivi, accompagnata da dolori molteplici e da stati di stanchezza. Le fibre, i muscoli e i tendini sono affetti da uno stato fortemente doloroso. Riguardo alle cause, si può dire che la fibromialgia è una malattia a genesi multifattoriale, ma principalmente si tratta di un'alterazione nei livelli di alcuni neurotrasmettitori, in particolare la serotonina e la noradrenalina;
i dolori causati dalla fibromialgia sono senza confini, sia dal lato di intensità, sia dal lato di ubiquità. Possono prevalere di continuo. Possono, però, cambiare di intensità, durata, frequenza e cambiare la parte dolorante del corpo, si tratta perciò della sindrome «mi fa tutto male». In latino si parla del dolor migrans. I pazienti descrivono i dolori come bruciori, crampi muscolari, lancinanti in profondità. Dolori alle giunture della mandibola si spandono alla faccia, producendo mal di denti, mal di testa, dolori da sinusite cronica;
veramente estesa è la sintomatologia di questa malattia: dolori al torace, al cuore, alle vie urinarie, all'inguine, alla vagina, dismenorrea. I dolori fibromuscolari sono accompagnati da cefalee posteriori, tinnitus, edema alle palpebre, anche da emicrania vera. Importanti sono poi i disturbi del sonno. I pazienti non hanno problemi nell'addormentarsi, ma il sonno è irregolare. Spesso il paziente è colto da apnea, stridore di denti, tremore di muscoli e spasmi che possono arrivare all'intensità della sindrome da restless legs;
in molti casi si presenta anche la tipica sindrome della fatica cronica. I pazienti descrivono diversamente la fatica sentita. Alcuni sono prostrati fisicamente, altri mentalmente, con frequente impossibilità di concentrarsi;
la patologia in esame dovrebbe essere affrontata da subito a livello multispecialistico, ma purtroppo manca un centro di riferimento al quale possano rivolgersi i molti pazienti che ne vengono colpiti;
in Europa, secondo la dichiarazione del Parlamento europeo sulla fibromialgia, approvata il 13 gennaio 2009, circa 14 milioni di persone nell'Unione europea e l'1-3 per cento della popolazione mondiale soffrono di fibromialgia;
nel 2008 il Parlamento europeo ha approvato una dichiarazione che dà mandato ai rappresentanti nazionali di attivarsi nei confronti dei Governi a favore della sindrome fibromialgica; la maggior parte delle nazioni riconosce la fibromialgia come una precisa entità nosologica, con conseguente riconoscimento di esenzione per tale patologia;
attualmente nel nostro Paese sussistono i presupposti per una collocazione della fibromialgia tra le patologie croniche e invalidanti (decreto ministeriale n. 329 del 1999);
per gli esami di monitoraggio delle patologie non riconosciute, quale è appunto la fibromialgia, lo Stato non prevede alcuna esenzione dal pagamento del ticket;
i pazienti non possono usufruire delle prestazioni contenute nei livelli essenziali di assistenza, erogabili attraverso le strutture del servizio sanitario nazionale a titolo gratuito, ma devono farsi carico dei numerosi e spesso esosi esami a pagamento;
la fibromialgia ha ottenuto un riconoscimento nel Trentino. La giunta provinciale di Trento con deliberazione n. 239 del 12 febbraio 2010 ha recentemente approvato un provvedimento che riconosce alle persone affette da tale patologia esenzione dalla compartecipazione alla spesa sanitaria da parte dell'utente (ticket) ai cittadini e residenti in provincia di Trento ed iscritti al sistema sanitario nazionale. Le prestazioni sanitarie sono quelle appropriate per il monitoraggio della patologia e delle relative complicanze, per la riabilitazione e per la prevenzione di ulteriori aggravamenti;
il consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia ha approvato un ordine del giorno in cui – tra l'altro – si impegna l'assessore alla salute «ad assumere ulteriori iniziative affinché a livello parlamentare siano approvate le normative necessarie a prevedere il riconoscimento, ai lavoratori affetti da questa patologia, di permessi di astensione dal lavoro per la cura della sintomatologia, nonché per prevedere l'esenzione dal pagamento dei ticket e dei farmaci eventualmente prescritti»;
la regione Lombardia ha inserito nel piano socio sanitario regionale la fibromialgia come malattia degna di attenzione e per la quale viene assunto un impegno formale di studio e approfondimento a favore dei diritti del malato;
la regione Veneto ha riconosciuto questa patologia nel nuovo piano socio sanitario regionale come malattia ad elevato impatto sociale e sanitario;
la regione Toscana ha approvato la costituzione di un tavolo tecnico di confronto e di proposta per il problema in questione –:
se non ritenga necessario attivarsi al fine di riconoscere la fibromialgia, o sindrome fibromialgica, quale malattia progressiva e invalidante, inserendola tra le patologie che danno diritto all'esenzione dalla partecipazione alla spesa per le correlate prestazioni sanitarie, provvedendo altresì a individuare i presidi sanitari pubblici già esistenti, tra i reparti di reumatologia o immunologia, per la diagnosi e la cura della fibromialgia. (3-00659)
(4 marzo 2014)
SBERNA, GIGLI e BINETTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
alcune condizioni personali e sociali, associate a determinate situazioni reddituali, danno diritto all'esenzione dalla partecipazione al costo (ticket) sulle prestazioni di diagnostica strumentale, di laboratorio e sulle altre prestazioni specialistiche ambulatoriali;
in particolare, in base a quanto previsto dalla legge n. 537 del 1993, e successive modificazioni, (articolo 8, comma 16), hanno diritto a tale tipo di esenzione i cittadini che appartengono alle categorie di seguito elencate:
a) cittadini di età inferiore a sei anni e superiore a sessantacinque anni, appartenenti ad un nucleo familiare con reddito complessivo lordo non superiore a 36.151,98 euro;
b) disoccupati e loro familiari a carico appartenenti ad un nucleo familiare con un reddito complessivo inferiore a 8.263,31 euro, incrementato fino a 11.362,05 euro in presenza del coniuge ed in ragione di ulteriori 516,46 euro per ogni figlio a carico;
c) titolari di pensioni sociali e loro familiari a carico;
d) titolari di pensioni al minimo di età superiore a sessantanni e loro familiari a carico, appartenenti ad un nucleo familiare con un reddito complessivo inferiore a 8.263,31 euro, incrementato fino a 11.362,05 euro in presenza del coniuge ed in ragione di ulteriori 516,46 euro per ogni figlio a carico;
per tutte le altre famiglie che non rientrano nelle predette esenzioni, non viene riconosciuto alcun principio di equità orizzontale che tenga conto del numero dei componenti la famiglia;
tale previsione normativa, pertanto, penalizza le famiglie con figli, in quanto a parità di reddito, la capacità contributiva di una coppia con figli è minore rispetto a quella di un single. Lo stesso svantaggio si riscontra nei confronti di una coppia unita in matrimonio (civile o concordatario) rispetto ad una coppia di fatto: alla prima si chiede il reddito familiare, alla seconda il reddito del singolo fruitore della prestazione;
la legislazione in tema di ticket sanitari risulta essere così, ad avviso degli interroganti, in aperto contrasto con l'articolo 53 della Costituzione, che prevede che ogni tipo di imposizione tributaria debba essere informata a criteri di progressività;
inoltre, alcune regioni hanno adottato delle delibere con le quali hanno rimodulato la normativa, creando così evidenti disparità tra regione e regione. Emblematici, da una parte, il caso delle regioni a statuto ordinario, nelle quali il nuovo meccanismo di tassazione sanitaria dimostra come le famiglie risultino essere i soggetti più colpiti, in modo particolare quelle con figli (questo perché è stato usato come parametro di riferimento il «nucleo familiare fiscale»); dall'altra, la regione Trentino-Alto Adige e le province autonome di Trento e Bolzano: dal febbraio 2012, infatti, le famiglie trentine non pagano il ticket sanitario dei figli successivi al secondo, purché inseriti nello stesso nucleo familiare –:
se non ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza volte a superare questa iniquità in materia di partecipazione al costo sulle prestazioni di diagnostica strumentale, di laboratorio e sulle altre prestazioni specialistiche ambulatoriali. (3-00660)
(4 marzo 2014)
alcune condizioni personali e sociali, associate a determinate situazioni reddituali, danno diritto all'esenzione dalla partecipazione al costo (ticket) sulle prestazioni di diagnostica strumentale, di laboratorio e sulle altre prestazioni specialistiche ambulatoriali;
in particolare, in base a quanto previsto dalla legge n. 537 del 1993, e successive modificazioni, (articolo 8, comma 16), hanno diritto a tale tipo di esenzione i cittadini che appartengono alle categorie di seguito elencate:
a) cittadini di età inferiore a sei anni e superiore a sessantacinque anni, appartenenti ad un nucleo familiare con reddito complessivo lordo non superiore a 36.151,98 euro;
b) disoccupati e loro familiari a carico appartenenti ad un nucleo familiare con un reddito complessivo inferiore a 8.263,31 euro, incrementato fino a 11.362,05 euro in presenza del coniuge ed in ragione di ulteriori 516,46 euro per ogni figlio a carico;
c) titolari di pensioni sociali e loro familiari a carico;
d) titolari di pensioni al minimo di età superiore a sessantanni e loro familiari a carico, appartenenti ad un nucleo familiare con un reddito complessivo inferiore a 8.263,31 euro, incrementato fino a 11.362,05 euro in presenza del coniuge ed in ragione di ulteriori 516,46 euro per ogni figlio a carico;
per tutte le altre famiglie che non rientrano nelle predette esenzioni, non viene riconosciuto alcun principio di equità orizzontale che tenga conto del numero dei componenti la famiglia;
tale previsione normativa, pertanto, penalizza le famiglie con figli, in quanto a parità di reddito, la capacità contributiva di una coppia con figli è minore rispetto a quella di un single. Lo stesso svantaggio si riscontra nei confronti di una coppia unita in matrimonio (civile o concordatario) rispetto ad una coppia di fatto: alla prima si chiede il reddito familiare, alla seconda il reddito del singolo fruitore della prestazione;
la legislazione in tema di ticket sanitari risulta essere così, ad avviso degli interroganti, in aperto contrasto con l'articolo 53 della Costituzione, che prevede che ogni tipo di imposizione tributaria debba essere informata a criteri di progressività;
inoltre, alcune regioni hanno adottato delle delibere con le quali hanno rimodulato la normativa, creando così evidenti disparità tra regione e regione. Emblematici, da una parte, il caso delle regioni a statuto ordinario, nelle quali il nuovo meccanismo di tassazione sanitaria dimostra come le famiglie risultino essere i soggetti più colpiti, in modo particolare quelle con figli (questo perché è stato usato come parametro di riferimento il «nucleo familiare fiscale»); dall'altra, la regione Trentino-Alto Adige e le province autonome di Trento e Bolzano: dal febbraio 2012, infatti, le famiglie trentine non pagano il ticket sanitario dei figli successivi al secondo, purché inseriti nello stesso nucleo familiare –:
se non ritenga opportuno adottare le iniziative di competenza volte a superare questa iniquità in materia di partecipazione al costo sulle prestazioni di diagnostica strumentale, di laboratorio e sulle altre prestazioni specialistiche ambulatoriali. (3-00660)
(4 marzo 2014)
PISO, ROCCELLA e CALABRÒ. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
è notizia di questi giorni che è stato adottato dal Governo il decreto legislativo che recepisce la direttiva 2011/24/UE in materia di assistenza sanitaria transfrontaliera, nonché la direttiva 2012/52/UE in materia di riconoscimento delle ricette mediche emesse da altro Stato membro dell'Unione europea;
l'eliminazione degli ostacoli alla circolazione delle persone, anche ai fini dell'assistenza sanitaria, derivante dall'attuazione delle predette direttive, costituisce una sfida nonché una scommessa per la sanità italiana, volta a valorizzare le eccellenze e le professionalità sanitarie del nostro Paese, al fine di renderlo attrattivo anche per i pazienti provenienti da altri Paesi dell'Unione europea;
con il predetto decreto legislativo è stato istituito il punto di contatto nazionale, per garantire le dovute informazioni e conoscenze sia nei confronti dei cittadini italiani che intendono beneficiare dell'assistenza sanitaria in altri Paesi dell'Unione europea, sia nei confronti dei pazienti di questi ultimi Paesi che intendano ricevere cure in Italia, relativamente agli standard di qualità e di sicurezza garantiti dai prestatori di assistenza sanitaria, nonché sulle modalità e le procedure per ricevere tale assistenza –:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per garantire la più rapida attuazione di quanto previsto dal citato decreto – che va considerato come un'ulteriore misura a favore della possibilità di scelta per i cittadini – assicurando la più ampia valorizzazione, anche sotto il profilo comunicativo, delle eccellenze sanitarie presenti sul territorio nazionale, in modo da garantire che la mobilità sanitaria derivante dalla capacità attrattiva del servizio sanitario nazionale possa determinare effetti positivi per i saldi di finanza pubblica e fungere da volano perstandard elevati delle prestazioni sanitarie. (3-00661)
(4 marzo 2014)
è notizia di questi giorni che è stato adottato dal Governo il decreto legislativo che recepisce la direttiva 2011/24/UE in materia di assistenza sanitaria transfrontaliera, nonché la direttiva 2012/52/UE in materia di riconoscimento delle ricette mediche emesse da altro Stato membro dell'Unione europea;
l'eliminazione degli ostacoli alla circolazione delle persone, anche ai fini dell'assistenza sanitaria, derivante dall'attuazione delle predette direttive, costituisce una sfida nonché una scommessa per la sanità italiana, volta a valorizzare le eccellenze e le professionalità sanitarie del nostro Paese, al fine di renderlo attrattivo anche per i pazienti provenienti da altri Paesi dell'Unione europea;
con il predetto decreto legislativo è stato istituito il punto di contatto nazionale, per garantire le dovute informazioni e conoscenze sia nei confronti dei cittadini italiani che intendono beneficiare dell'assistenza sanitaria in altri Paesi dell'Unione europea, sia nei confronti dei pazienti di questi ultimi Paesi che intendano ricevere cure in Italia, relativamente agli standard di qualità e di sicurezza garantiti dai prestatori di assistenza sanitaria, nonché sulle modalità e le procedure per ricevere tale assistenza –:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per garantire la più rapida attuazione di quanto previsto dal citato decreto – che va considerato come un'ulteriore misura a favore della possibilità di scelta per i cittadini – assicurando la più ampia valorizzazione, anche sotto il profilo comunicativo, delle eccellenze sanitarie presenti sul territorio nazionale, in modo da garantire che la mobilità sanitaria derivante dalla capacità attrattiva del servizio sanitario nazionale possa determinare effetti positivi per i saldi di finanza pubblica e fungere da volano perstandard elevati delle prestazioni sanitarie. (3-00661)
(4 marzo 2014)
BERGAMINI e PALESE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
l'amministratore delegato della compagnia di Abu Dhabi Etihad, James Hogan, è convinto che la compagnia di bandiera italiana Alitalia possa tornare alla redditività e riprendere slancio grazie ad un'iniezione di 300 milioni di euro e all'acquisto di una quota tra il 40 e il 49,9 per cento da parte della compagnia araba;
l'Italia è considerata il terzo mercato europeo per il traffico in uscita e ciò la rende attraente per la compagnia araba che avrebbe la possibilità di potenziare la propria rete nel Sud Europa a completamento dei rapporti con Air Berlin, ampliando l'alleanza commerciale di code sharing con Air France-Klm, già legata ad Alitalia e che forse potrebbe ripensarci dopo la mancata sottoscrizione della ricapitalizzazione e la riduzione della partecipazione dal 25 per cento al 7 per cento;
Carlo Messina, l'amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, la banca principale azionista di Alitalia (20,59 per cento), nonché principale creditore, si augura che la trattativa tra le due compagnie aeree si concluda e, a fronte della richiesta della compagnia araba di una ristrutturazione del debito di Alitalia, insieme alle altre banche creditrici, ha concesso un ulteriore finanziamento per circa 165 milioni di euro e un allungamento, fino a giugno 2015, delle linee di credito in essere;
la due diligence posta in essere dalla Etihad avrebbe, tuttavia, dovuto già concludersi oggi ed è, invece, stata procrastinata a fine marzo 2014 per valutare la possibilità per la compagnia italiana di ristrutturare il pesante debito che la stessa ha con le banche, realizzando un abbattimento dello stesso per almeno 400 milioni di euro;
dalle ultime dichiarazioni dell'amministratore delegato di Etihad non appare, tuttavia, scontato che la due diligence debba necessariamente avere un esito positivo, visto che il top manager ha quantificato al 50 per cento la possibilità che il matrimonio tra le due compagnie venga celebrato;
la compagnia Etihad non sta valutando soltanto il pesante debito di Alitalia verso le banche, ma anche il costo del lavoro: l’Alitalia dovrebbe ottenere economie per 128 milioni di euro, di cui 90 milioni di euro sono stati ottenuti grazie agli ammortizzatori sociali per tutto il personale e altri 48 milioni di euro sarebbero conseguenti al taglio degli stipendi sopra i 40 mila euro e al blocco degli scatti di anzianità;
la compagnia tedesca Lufthansa ha attaccato il progetto di alleanza tra Etihad e Alitalia in quanto lo reputa un aiuto di Stato mascherato che comporta un aggiramento delle regole europee della concorrenza e, dal momento che Etihad non intende comprare azioni dai soci attuali, ma sottoscrivere un aumento di capitale, nell'acquisto di quest'ultimo, dovrebbe rispettare il tetto azionario del 50 per cento stabilito per le compagnie extraeuropee;
è necessario non trascurare il fatto che l'accordo con la compagnia araba non può prescindere dal rafforzamento degli scali aeroportuali, prevedendo un piano d'azione che non penalizzi gli aeroscali milanesi, in particolare deve essere valorizzato l'aeroporto di Malpensa, che rappresenta lo scalo strategico per il Nord-Est, senza tuttavia trascurare l'aeroporto di Linate, che deve restare uno scalo aperto al più alto numero di connessioni europee –:
quale sia la reale situazione della trattativa tra la compagnia italiana Alitalia e la compagnia araba Etihad e, in senso più ampio, se il Governo abbia intenzione di attivarsi per controllare che tale accordo non comporti delle ricadute sulla gestione degli aeroporti italiani e garantisca la tutela delle rotte nazionali.
(3-00662)
(4 marzo 2014)
l'amministratore delegato della compagnia di Abu Dhabi Etihad, James Hogan, è convinto che la compagnia di bandiera italiana Alitalia possa tornare alla redditività e riprendere slancio grazie ad un'iniezione di 300 milioni di euro e all'acquisto di una quota tra il 40 e il 49,9 per cento da parte della compagnia araba;
l'Italia è considerata il terzo mercato europeo per il traffico in uscita e ciò la rende attraente per la compagnia araba che avrebbe la possibilità di potenziare la propria rete nel Sud Europa a completamento dei rapporti con Air Berlin, ampliando l'alleanza commerciale di code sharing con Air France-Klm, già legata ad Alitalia e che forse potrebbe ripensarci dopo la mancata sottoscrizione della ricapitalizzazione e la riduzione della partecipazione dal 25 per cento al 7 per cento;
Carlo Messina, l'amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, la banca principale azionista di Alitalia (20,59 per cento), nonché principale creditore, si augura che la trattativa tra le due compagnie aeree si concluda e, a fronte della richiesta della compagnia araba di una ristrutturazione del debito di Alitalia, insieme alle altre banche creditrici, ha concesso un ulteriore finanziamento per circa 165 milioni di euro e un allungamento, fino a giugno 2015, delle linee di credito in essere;
la due diligence posta in essere dalla Etihad avrebbe, tuttavia, dovuto già concludersi oggi ed è, invece, stata procrastinata a fine marzo 2014 per valutare la possibilità per la compagnia italiana di ristrutturare il pesante debito che la stessa ha con le banche, realizzando un abbattimento dello stesso per almeno 400 milioni di euro;
dalle ultime dichiarazioni dell'amministratore delegato di Etihad non appare, tuttavia, scontato che la due diligence debba necessariamente avere un esito positivo, visto che il top manager ha quantificato al 50 per cento la possibilità che il matrimonio tra le due compagnie venga celebrato;
la compagnia Etihad non sta valutando soltanto il pesante debito di Alitalia verso le banche, ma anche il costo del lavoro: l’Alitalia dovrebbe ottenere economie per 128 milioni di euro, di cui 90 milioni di euro sono stati ottenuti grazie agli ammortizzatori sociali per tutto il personale e altri 48 milioni di euro sarebbero conseguenti al taglio degli stipendi sopra i 40 mila euro e al blocco degli scatti di anzianità;
la compagnia tedesca Lufthansa ha attaccato il progetto di alleanza tra Etihad e Alitalia in quanto lo reputa un aiuto di Stato mascherato che comporta un aggiramento delle regole europee della concorrenza e, dal momento che Etihad non intende comprare azioni dai soci attuali, ma sottoscrivere un aumento di capitale, nell'acquisto di quest'ultimo, dovrebbe rispettare il tetto azionario del 50 per cento stabilito per le compagnie extraeuropee;
è necessario non trascurare il fatto che l'accordo con la compagnia araba non può prescindere dal rafforzamento degli scali aeroportuali, prevedendo un piano d'azione che non penalizzi gli aeroscali milanesi, in particolare deve essere valorizzato l'aeroporto di Malpensa, che rappresenta lo scalo strategico per il Nord-Est, senza tuttavia trascurare l'aeroporto di Linate, che deve restare uno scalo aperto al più alto numero di connessioni europee –:
quale sia la reale situazione della trattativa tra la compagnia italiana Alitalia e la compagnia araba Etihad e, in senso più ampio, se il Governo abbia intenzione di attivarsi per controllare che tale accordo non comporti delle ricadute sulla gestione degli aeroporti italiani e garantisca la tutela delle rotte nazionali.
(3-00662)
(4 marzo 2014)
TULLO, BERRETTA, BONACCORSI, BRANDOLIN, BRUNO BOSSIO, CARDINALE, CARELLA, CASTRICONE, COPPOLA, CRIVELLARI, FERRO, GANDOLFI, PIERDOMENICO MARTINO, MAURI, MOGNATO, MURA, PAGANI, PAOLUCCI, ROTTA, BASSO, CAROCCI, GIACOBBE, MARIANI, MARCO MELONI, PASTORINO, VAZIO, MARTELLA, ROSATO, DE MARIA e BARGERO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
con la legge finanziaria per il 2010 e la successiva delibera Cipe n. 48 del novembre 2010 è stato autorizzato l'avvio dei lavori per la realizzazione del Terzo Valico dei Giovi, tratta AV/AC Milano-Genova, per un costo complessivo di 6.200 milioni di euro, da realizzare sulla base della convenzione tra Rete ferroviaria italiana spa e il contraente generale Consorzio collegamenti integrati veloci (Cociv) integrata nel novembre 2011;
il Terzo Valico dei Giovi rappresenta un'opera fondamentale della rete transeuropea dei trasporti (TEN-T), in particolare nell'ambito del corridoio plurimodale tirrenico Nord Europa, e un collegamento strategico alta velocità-alta capacità tra Genova e Milano; con il Terzo valico dei Giovi si realizza, inoltre, un valico con una galleria di 39 chilometri, che consente, tra l'altro, al porto di Genova di interagire con il retroporto;
le risorse assegnate dal Cipe, con delibera n. 85 del 6 dicembre 2011, per la realizzazione del secondo lotto costruttivo non funzionale, per complessivi 1.100 milioni di euro, nel marzo del 2013, con successiva delibera Cipe sono state ridotte, per 240 milioni di euro, per essere destinate allo schema di contratto di programma 2012-2014 (parte servizi) tra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e Rete ferroviaria italiana spa;
il Governo, in risposta all'interrogazione n. 5/00056, nel giugno 2013, nel confermare il rilievo strategico dell'opera e la riduzione del finanziamento del secondo lotto costruttivo da 1.100 milioni di euro ad 860, prevedeva il reintegro di tali somme con il terzo lotto costruttivo, incrementando i 1.270 milioni di euro già previsti con ulteriori 240 milioni di euro, in modo da garantire il rispetto dei tempi dell’iter procedurale amministrativo e il cronoprogramma di realizzazione dell'opera;
nell'ottobre del 2013 il decreto-legge n. 102 del 2013, con l'articolo 15, prevedeva una riduzione di 100 milioni di euro dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 7-ter, comma 2, del decreto-legge n. 43 del 2013, che disponeva uno stanziamento decennale per 120 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2024, per il potenziamento della rete ferroviaria nazionale, che prevedeva, tra le priorità, la realizzazione del Terzo Valico dei Giovi;
il Programma delle infrastrutture strategiche, aggiornato in ottobre con la nota di variazione al documento di economia e finanza, prevedeva la realizzazione del Terzo Valico dei Giovi, in base ad una definita sequenza di lotti costruttivi: il primo lotto dell'opera – in fase di realizzazione – per un costo di 718 milioni di euro, interamente coperto; il secondo lotto, con un costo di 860 milioni di euro (anch'esso totalmente coperto); i lotti terzo, quarto, quinto e sesto i cui costi ammontano, rispettivamente, a 1.510 milioni, 1.340 milioni, 1.200 milioni e 650 milioni di euro, per i quali deve essere ancora individuata la copertura finanziaria;
l'8o rapporto per la VIII Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici sull'attuazione della «legge obiettivo» segnala, tra i fondi che sono stati oggetto di riprogrammazione nell'ultimo anno, il fondo infrastrutture stradali e ferroviarie relativo ad opere di interesse strategico con una dotazione complessiva, al netto delle riduzioni, al 31 ottobre 2013, di 3.310 milioni di euro, dei quali 1.529 attualmente assegnati ad opere strategiche; nel 2012 le assegnazioni a opere del programma infrastrutture strategiche (pis) a valere su tale fondo erano pari ad oltre 3 miliardi di euro; la decurtazione di tale fondo ha inciso essenzialmente sui fondi destinati alla tratta ferroviaria AV/AC Terzo Valico dei Giovi, ridotti per 1.003 milioni sui 1.100 assegnati, con una decurtazione del 91 per cento delle risorse assegnate alla tratta ad alta velocità Milano-Genova;
da notizie di stampa Mauro Moretti, amministratore delegato di Trenitalia, in un recente incontro presso l'Università Bocconi di Milano ha espresso riserve sulla realizzazione del collegamento ferroviario ad alta velocità Genova-Milano, ritenendo sufficiente il collegamento autostradale di 150 chilometri tra i due capoluoghi –:
quale sia lo stato di avanzamento lavori del Terzo Valico dei Giovi, tratta AV/AC Milano-Genova, e quali iniziative il Governo intenda assumere per accelerare la realizzazione di tale opera strategica prevista dal contratto di programma tra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e Rete ferroviaria italiana spa.
(3-00663)
(4 marzo 2014)
con la legge finanziaria per il 2010 e la successiva delibera Cipe n. 48 del novembre 2010 è stato autorizzato l'avvio dei lavori per la realizzazione del Terzo Valico dei Giovi, tratta AV/AC Milano-Genova, per un costo complessivo di 6.200 milioni di euro, da realizzare sulla base della convenzione tra Rete ferroviaria italiana spa e il contraente generale Consorzio collegamenti integrati veloci (Cociv) integrata nel novembre 2011;
il Terzo Valico dei Giovi rappresenta un'opera fondamentale della rete transeuropea dei trasporti (TEN-T), in particolare nell'ambito del corridoio plurimodale tirrenico Nord Europa, e un collegamento strategico alta velocità-alta capacità tra Genova e Milano; con il Terzo valico dei Giovi si realizza, inoltre, un valico con una galleria di 39 chilometri, che consente, tra l'altro, al porto di Genova di interagire con il retroporto;
le risorse assegnate dal Cipe, con delibera n. 85 del 6 dicembre 2011, per la realizzazione del secondo lotto costruttivo non funzionale, per complessivi 1.100 milioni di euro, nel marzo del 2013, con successiva delibera Cipe sono state ridotte, per 240 milioni di euro, per essere destinate allo schema di contratto di programma 2012-2014 (parte servizi) tra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e Rete ferroviaria italiana spa;
il Governo, in risposta all'interrogazione n. 5/00056, nel giugno 2013, nel confermare il rilievo strategico dell'opera e la riduzione del finanziamento del secondo lotto costruttivo da 1.100 milioni di euro ad 860, prevedeva il reintegro di tali somme con il terzo lotto costruttivo, incrementando i 1.270 milioni di euro già previsti con ulteriori 240 milioni di euro, in modo da garantire il rispetto dei tempi dell’iter procedurale amministrativo e il cronoprogramma di realizzazione dell'opera;
nell'ottobre del 2013 il decreto-legge n. 102 del 2013, con l'articolo 15, prevedeva una riduzione di 100 milioni di euro dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 7-ter, comma 2, del decreto-legge n. 43 del 2013, che disponeva uno stanziamento decennale per 120 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2024, per il potenziamento della rete ferroviaria nazionale, che prevedeva, tra le priorità, la realizzazione del Terzo Valico dei Giovi;
il Programma delle infrastrutture strategiche, aggiornato in ottobre con la nota di variazione al documento di economia e finanza, prevedeva la realizzazione del Terzo Valico dei Giovi, in base ad una definita sequenza di lotti costruttivi: il primo lotto dell'opera – in fase di realizzazione – per un costo di 718 milioni di euro, interamente coperto; il secondo lotto, con un costo di 860 milioni di euro (anch'esso totalmente coperto); i lotti terzo, quarto, quinto e sesto i cui costi ammontano, rispettivamente, a 1.510 milioni, 1.340 milioni, 1.200 milioni e 650 milioni di euro, per i quali deve essere ancora individuata la copertura finanziaria;
l'8o rapporto per la VIII Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici sull'attuazione della «legge obiettivo» segnala, tra i fondi che sono stati oggetto di riprogrammazione nell'ultimo anno, il fondo infrastrutture stradali e ferroviarie relativo ad opere di interesse strategico con una dotazione complessiva, al netto delle riduzioni, al 31 ottobre 2013, di 3.310 milioni di euro, dei quali 1.529 attualmente assegnati ad opere strategiche; nel 2012 le assegnazioni a opere del programma infrastrutture strategiche (pis) a valere su tale fondo erano pari ad oltre 3 miliardi di euro; la decurtazione di tale fondo ha inciso essenzialmente sui fondi destinati alla tratta ferroviaria AV/AC Terzo Valico dei Giovi, ridotti per 1.003 milioni sui 1.100 assegnati, con una decurtazione del 91 per cento delle risorse assegnate alla tratta ad alta velocità Milano-Genova;
da notizie di stampa Mauro Moretti, amministratore delegato di Trenitalia, in un recente incontro presso l'Università Bocconi di Milano ha espresso riserve sulla realizzazione del collegamento ferroviario ad alta velocità Genova-Milano, ritenendo sufficiente il collegamento autostradale di 150 chilometri tra i due capoluoghi –:
quale sia lo stato di avanzamento lavori del Terzo Valico dei Giovi, tratta AV/AC Milano-Genova, e quali iniziative il Governo intenda assumere per accelerare la realizzazione di tale opera strategica prevista dal contratto di programma tra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e Rete ferroviaria italiana spa.
(3-00663)
(4 marzo 2014)
NICOLA BIANCHI, DADONE, COLLETTI, MANLIO DI STEFANO, RIZZO, CASTELLI, BARBANTI, LUIGI GALLO, BUSTO, DA VILLA, TRIPIEDI, CECCONI, LUPO e COLONNESE. —Al Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento. — Per sapere – premesso che:
il 28 febbraio 2014 il Presidente del Consiglio dei ministri, Matteo Renzi, ha diffuso la lista dei Viceministri e dei Sottosegretari del Governo da lui presieduto;
tra i Sottosegretari nominati figura il nome di Francesca Barracciu, scelta come Sottosegretario per i beni e le attività culturali e il turismo;
l'ex consigliere regionale del Partito democratico Francesca Barracciu, unica rappresentante della Sardegna nell'attuale Governo, risulta iscritta nel registro degli indagati per peculato nell'ambito dell'inchiesta della procura di Cagliari sulle cosiddette «spese pazze» dei consiglieri ed ex consiglieri regionali della Regione autonoma della Sardegna;
in seguito alla diffusione della notizia dell'iscrizione nel registro degli indagati per peculato e alle conseguenti polemiche che il caso ha scatenato, la parlamentare europea Barracciu, nata in provincia di Nuoro, a fine dicembre 2013 ha deciso di ritirare la sua candidatura alla presidenza della regione Sardegna, lasciando il posto a Francesco Pigliaru, che poi ha vinto le elezioni regionali del 16 febbraio 2014;
il neo presidente della regione Sardegna si è distinto per aver precisato, all'indomani della sua elezione e con riguardo alla formazione della nuova giunta regionale, che gli indagati non vi avrebbero trovato posto;
ad avviso degli interroganti, questo criterio di tutela della integrità e della dignità delle istituzioni regionali non può non trovare applicazione, a maggior ragione, nella scelta dei componenti del Governo nazionale;
prima della candidatura a presidente della regione Sardegna, Francesca Barracciu, laureata in filosofia e in pedagogia, ha svolto attività politica per diversi anni, militando dal 1984 nel Partito comunista italiano, passando poi nel Partito dei democratici di sinistra, nei Democratici di sinistra e, infine, nel Partito democratico. È stata consigliere comunale, assessore all'ambiente e turismo e sindaco del suo comune di nascita, Sorgono. Eletta consigliere regionale nel 2004, rieletta nel 2009, è rimasta in Sardegna fino al 17 aprile 2013, quando ha presentato le dimissioni per andare al Parlamento europeo;
nonostante la sua lunga carriera politica, nel suo curriculum professionale risultano soltanto cinque anni di insegnamento di italiano e latino in scuole media superiori, dal 1990 al 1995, quattro anni di collaborazione presso l'istituto di formazione dell'Associazione piccole e medie industrie della Sardegna, dal 1999 al 2003, e consulenze presso pubbliche amministrazioni, enti privati e aziende per la formazione del personale e la progettazione comunitaria;
a fronte delle ripetute esternazioni riguardo al «cambio di verso» era lecito aspettarsi un segnale forte di discontinuità e di garanzia del rispetto delle regole democratiche da parte del Governo, per preservare le istituzioni da fatti e gestioni malsani e recuperare il loro alto senso, senza il quale la democrazia muore –:
quali iniziative intenda adottare il Governo per salvaguardare le istituzioni da nomine governative dettate dal conflitto di ruoli, dall'incompetenza e dall'inopportunità. (3-00664)
(4 marzo 2014)
il 28 febbraio 2014 il Presidente del Consiglio dei ministri, Matteo Renzi, ha diffuso la lista dei Viceministri e dei Sottosegretari del Governo da lui presieduto;
tra i Sottosegretari nominati figura il nome di Francesca Barracciu, scelta come Sottosegretario per i beni e le attività culturali e il turismo;
l'ex consigliere regionale del Partito democratico Francesca Barracciu, unica rappresentante della Sardegna nell'attuale Governo, risulta iscritta nel registro degli indagati per peculato nell'ambito dell'inchiesta della procura di Cagliari sulle cosiddette «spese pazze» dei consiglieri ed ex consiglieri regionali della Regione autonoma della Sardegna;
in seguito alla diffusione della notizia dell'iscrizione nel registro degli indagati per peculato e alle conseguenti polemiche che il caso ha scatenato, la parlamentare europea Barracciu, nata in provincia di Nuoro, a fine dicembre 2013 ha deciso di ritirare la sua candidatura alla presidenza della regione Sardegna, lasciando il posto a Francesco Pigliaru, che poi ha vinto le elezioni regionali del 16 febbraio 2014;
il neo presidente della regione Sardegna si è distinto per aver precisato, all'indomani della sua elezione e con riguardo alla formazione della nuova giunta regionale, che gli indagati non vi avrebbero trovato posto;
ad avviso degli interroganti, questo criterio di tutela della integrità e della dignità delle istituzioni regionali non può non trovare applicazione, a maggior ragione, nella scelta dei componenti del Governo nazionale;
prima della candidatura a presidente della regione Sardegna, Francesca Barracciu, laureata in filosofia e in pedagogia, ha svolto attività politica per diversi anni, militando dal 1984 nel Partito comunista italiano, passando poi nel Partito dei democratici di sinistra, nei Democratici di sinistra e, infine, nel Partito democratico. È stata consigliere comunale, assessore all'ambiente e turismo e sindaco del suo comune di nascita, Sorgono. Eletta consigliere regionale nel 2004, rieletta nel 2009, è rimasta in Sardegna fino al 17 aprile 2013, quando ha presentato le dimissioni per andare al Parlamento europeo;
nonostante la sua lunga carriera politica, nel suo curriculum professionale risultano soltanto cinque anni di insegnamento di italiano e latino in scuole media superiori, dal 1990 al 1995, quattro anni di collaborazione presso l'istituto di formazione dell'Associazione piccole e medie industrie della Sardegna, dal 1999 al 2003, e consulenze presso pubbliche amministrazioni, enti privati e aziende per la formazione del personale e la progettazione comunitaria;
a fronte delle ripetute esternazioni riguardo al «cambio di verso» era lecito aspettarsi un segnale forte di discontinuità e di garanzia del rispetto delle regole democratiche da parte del Governo, per preservare le istituzioni da fatti e gestioni malsani e recuperare il loro alto senso, senza il quale la democrazia muore –:
quali iniziative intenda adottare il Governo per salvaguardare le istituzioni da nomine governative dettate dal conflitto di ruoli, dall'incompetenza e dall'inopportunità. (3-00664)
(4 marzo 2014)
GIANCARLO GIORGETTI, INVERNIZZI, MOLTENI, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, MATTEO BRAGANTINI, BUONANNO, BUSIN, CAON, CAPARINI, FEDRIGA, GRIMOLDI, GUIDESI, MARCOLIN, GIANLUCA PINI, PRATAVIERA e RONDINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
la Corte di cassazione ha confermato la condanna a sei anni e due mesi di reclusione per Antonio Monella, l'imprenditore edile di Arzago d'Adda che nella notte tra il 5 e il 6 settembre 2006 sparò dalla finestra di casa con un fucile da caccia regolarmente detenuto per mettere in fuga i ladri che si erano introdotti nella sua abitazione, uccidendone uno, un albanese di 19 anni, Helvis Hoxa, che stava cercando di rubare l'auto dell'impresario parcheggiata nel cortile della sua villetta;
dopo otto anni di calvario giudiziario per tutta la famiglia di Antonio Monella, la Corte di cassazione ha, dunque, confermato la sentenza emessa a fine giugno 2012 dalla corte d'appello di Brescia per omicidio volontario, non riconoscendo in capo all'imprenditore edile la legittima difesa, ma anzi condannandolo, oltre alla pena detentiva, a un risarcimento di 150.000 euro in favore dei familiari del criminale albanese;
la Corte di cassazione ha già trasmesso alla procura di Brescia il dispositivo della sentenza affinché il procuratore generale emetta il provvedimento di carcerazione, che verrà notificato, dunque, nei prossimi giorni;
tutta la famiglia Monella sta vivendo ore d'angoscia, in quanto il padre Antonio potrebbe essere arrestato da un momento all'altro e l'unica speranza ora è quella della concessione della grazia da parte del Presidente della Repubblica Napolitano, che i legali dell'imprenditore hanno già richiesto;
Antonio Monella è una persona conosciuta e stimata all'interno della comunità di Arzago, tanto che sia cittadini che esponenti politici, in una comunione di intenti trasversale al di là dei diversi schieramenti, si stanno ora mobilitando a favore della richiesta di grazia per Antonio Monella, una persona che non ha fatto altro che difendere la propria casa e la vita della propria famiglia da una banda di delinquenti che lo volevano rapinare;
già nell'aprile 2004 la Lega Nord aveva presentato una proposta di legge per modificare le norme in materia di legittima difesa, eccessivamente penalizzanti a fonte dell'aumento e dei sempre più efferrati episodi di furti in abitazione e in esercizi commerciali, finché nel 2006, grazie all'impegno sempre del gruppo della Lega Nord, venne approvata la legge n. 59, «Modifica all'articolo 52 del codice penale in materia di diritto all'autotutela in un privato domicilio», che, però, i giudici non hanno voluto riconoscere al caso di Antonio Monella;
anche recentemente, come si apprende dalle notizie di stampa, sono sempre di più i casi di assoluzione per vicende simili a quelle occorse ad Antonio Monella, nei quali i giudici hanno riconosciuto la legittima difesa e assolto con formula piena chi ha difeso la propria incolumità, quella della famiglia o la propria abitazione nel corso di furti o rapine;
ad esempio, proprio poco più di un mese fa, il 23 gennaio 2014 è stato, infatti, assolto il commerciante di Caravaggio che aveva sparato dalla finestra di casa per intimidire un ladro che aveva tentato di rubare nella sua ditta, uccidendolo;
a fronte dell’escalation di furti, dell'aumento esponenziale dei reati predatori in generale e del peggioramento della condizioni di sicurezza dei cittadini, anche a causa di continue politiche che agli interroganti appaiono premiali nei confronti dei detenuti, il 20 febbraio 2014 il gruppo consiliare della Lega Nord in regione Lombardia ha presentato un progetto di legge sulla legittima difesa, per tutelare, invece, i cittadini esasperati che difendono l'incolumità propria o dei familiari da ladri e delinquenti –:
quali siano gli intendimenti del Ministro interrogato, nell'ambito delle proprie competenze e nel rispetto delle prerogative degli altri soggetti istituzionali coinvolti, in ordine alla richiesta di concessione della grazia ad Antonio Monella, già avanzata dai legali di parte e sostenuta da numerosi esponenti politici locali.
(3-00665)
(4 marzo 2014)
la Corte di cassazione ha confermato la condanna a sei anni e due mesi di reclusione per Antonio Monella, l'imprenditore edile di Arzago d'Adda che nella notte tra il 5 e il 6 settembre 2006 sparò dalla finestra di casa con un fucile da caccia regolarmente detenuto per mettere in fuga i ladri che si erano introdotti nella sua abitazione, uccidendone uno, un albanese di 19 anni, Helvis Hoxa, che stava cercando di rubare l'auto dell'impresario parcheggiata nel cortile della sua villetta;
dopo otto anni di calvario giudiziario per tutta la famiglia di Antonio Monella, la Corte di cassazione ha, dunque, confermato la sentenza emessa a fine giugno 2012 dalla corte d'appello di Brescia per omicidio volontario, non riconoscendo in capo all'imprenditore edile la legittima difesa, ma anzi condannandolo, oltre alla pena detentiva, a un risarcimento di 150.000 euro in favore dei familiari del criminale albanese;
la Corte di cassazione ha già trasmesso alla procura di Brescia il dispositivo della sentenza affinché il procuratore generale emetta il provvedimento di carcerazione, che verrà notificato, dunque, nei prossimi giorni;
tutta la famiglia Monella sta vivendo ore d'angoscia, in quanto il padre Antonio potrebbe essere arrestato da un momento all'altro e l'unica speranza ora è quella della concessione della grazia da parte del Presidente della Repubblica Napolitano, che i legali dell'imprenditore hanno già richiesto;
Antonio Monella è una persona conosciuta e stimata all'interno della comunità di Arzago, tanto che sia cittadini che esponenti politici, in una comunione di intenti trasversale al di là dei diversi schieramenti, si stanno ora mobilitando a favore della richiesta di grazia per Antonio Monella, una persona che non ha fatto altro che difendere la propria casa e la vita della propria famiglia da una banda di delinquenti che lo volevano rapinare;
già nell'aprile 2004 la Lega Nord aveva presentato una proposta di legge per modificare le norme in materia di legittima difesa, eccessivamente penalizzanti a fonte dell'aumento e dei sempre più efferrati episodi di furti in abitazione e in esercizi commerciali, finché nel 2006, grazie all'impegno sempre del gruppo della Lega Nord, venne approvata la legge n. 59, «Modifica all'articolo 52 del codice penale in materia di diritto all'autotutela in un privato domicilio», che, però, i giudici non hanno voluto riconoscere al caso di Antonio Monella;
anche recentemente, come si apprende dalle notizie di stampa, sono sempre di più i casi di assoluzione per vicende simili a quelle occorse ad Antonio Monella, nei quali i giudici hanno riconosciuto la legittima difesa e assolto con formula piena chi ha difeso la propria incolumità, quella della famiglia o la propria abitazione nel corso di furti o rapine;
ad esempio, proprio poco più di un mese fa, il 23 gennaio 2014 è stato, infatti, assolto il commerciante di Caravaggio che aveva sparato dalla finestra di casa per intimidire un ladro che aveva tentato di rubare nella sua ditta, uccidendolo;
a fronte dell’escalation di furti, dell'aumento esponenziale dei reati predatori in generale e del peggioramento della condizioni di sicurezza dei cittadini, anche a causa di continue politiche che agli interroganti appaiono premiali nei confronti dei detenuti, il 20 febbraio 2014 il gruppo consiliare della Lega Nord in regione Lombardia ha presentato un progetto di legge sulla legittima difesa, per tutelare, invece, i cittadini esasperati che difendono l'incolumità propria o dei familiari da ladri e delinquenti –:
quali siano gli intendimenti del Ministro interrogato, nell'ambito delle proprie competenze e nel rispetto delle prerogative degli altri soggetti istituzionali coinvolti, in ordine alla richiesta di concessione della grazia ad Antonio Monella, già avanzata dai legali di parte e sostenuta da numerosi esponenti politici locali.
(3-00665)
(4 marzo 2014)
DI GIOIA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
la legge 14 settembre 2011, n. 148, all'articolo 1, comma 2, ha previsto la delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione di una pluralità di uffici giudiziari su tutto il territorio nazionale;
il Governo ha ridefinito, secondo propri criteri, l'assetto territoriale degli uffici giudiziari soprattutto in base alla necessità di razionalizzazione della spesa, provocando, in alcuni casi, ulteriori ritardi nell'espletamento della giustizia, nonché enormi disagi tra i cittadini dei territori interessati;
con decreto del 19 settembre 2013, l'allora Ministro della giustizia costituì un gruppo di lavoro con lo specifico compito di monitorare lo stato di realizzazione della riforma e di proporre soluzioni organizzative e normative per superare eventuali criticità, scelta questa presa in virtù delle molte proteste che si erano espresse sul territorio nazionale da parte dei cittadini e degli operatori del settore;
con la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale del decreto legislativo 19 febbraio 2014, n. 14, che ridisegna la geografia giudiziaria nel nostro Paese, è entrato ufficialmente in vigore l'ultimo atto della riforma iniziata nel settembre del 2012;
con questa riforma sono stati chiusi 30 tribunali e altrettante procure della Repubblica, 270 sezioni distaccate di tribunale e quasi 700 uffici del giudice di pace;
il decreto legislativo, entrato in vigore il 28 febbraio 2014, ha concesso alcune deroghe, ripristinando, fino al 31 dicembre 2016, le sezioni distaccate di tribunale di Ischia, Lipari e Portoferraio;
a settembre 2013 altri tribunali minori avevano ottenuto una proroga dal Ministro pro tempore Anna Maria Cancellieri, e cioè: Chiavari, Lucera, Rossano Calabro, Sanremo, Alba, Bassano del Grappa (chiusura rinviata al 2018), Pinerolo e Vigevano;
altre decisioni simili si sono date per i tribunali abruzzesi, visto l'impossibilità di ripristinare le sedi rese impraticabili dal terremoto del 2009;
in molte situazioni il tribunale amministrativo regionale ha determinato, con proprie sentenze, la riapertura di sedi territoriali, a dimostrazione di scelte non sempre efficienti e razionali;
tutto ciò dovrebbe quantomeno far riflettere sulle scelte operate, visto che in alcuni casi, come a Lucera e a Rossano Calabro, si è privato un vastissimo territorio, a forte presenza criminale, di presidi di legalità;
anche sul fronte del presunto risparmio economico è esemplare la decisione che il comune di Foggia ha dovuto prendere per assolvere i nuovi impegni, con la stipula di un contratto di affitto con la società CO.IM.srl, allo scopo di dare una terza sede decentrata al tribunale della stessa città per accorpare il tribunale di Lucera e le sedi distaccate di Apricena e Rodi Garganico;
tale contratto avrà una durata di sei anni, non riguarderà tutto lo stabile e corrisponderà a una cifra di 773.430 euro all'anno oltre l'iva, per una somma complessiva di 4.640.580 euro, che peseranno sul bilancio comunale dal 2015 al 2019;
una minima parte di questi costi sarà rimborsata dal Ministero della giustizia e l'altra peserà sulle tasche dei cittadini di Foggia;
nel caso specifico, la decisione che ha portato alla chiusura del tribunale di Lucera per ridurre i costi della giustizia, rischia di diventare un'enorme beffa, perché non solo arrecherà enormi danni ai cittadini del territorio che saranno costretti a lunghi spostamenti, ma riverserà nuovi costi sui cittadini di Foggia, che già vivono in una realtà duramente colpita dagli effetti della crisi economica –:
a quanto ammonti la cifra che il Ministero della giustizia assegnerà al comune di Foggia in seguito al contratto di affitto stipulato e se non si ritenga opportuno, alla luce delle considerazioni sopra esposte, adottare iniziative volte a rivedere, soprattutto nelle situazioni dove la chiusura dei tribunali è stata sospesa o rinviata, le decisioni prese, stante il fatto che, anche da un punto di vista di risparmi di spesa, ciò rischia di gravare sulle tasche dei cittadini incolpevoli.
(3-00666)
(4 marzo 2014)
la legge 14 settembre 2011, n. 148, all'articolo 1, comma 2, ha previsto la delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione di una pluralità di uffici giudiziari su tutto il territorio nazionale;
il Governo ha ridefinito, secondo propri criteri, l'assetto territoriale degli uffici giudiziari soprattutto in base alla necessità di razionalizzazione della spesa, provocando, in alcuni casi, ulteriori ritardi nell'espletamento della giustizia, nonché enormi disagi tra i cittadini dei territori interessati;
con decreto del 19 settembre 2013, l'allora Ministro della giustizia costituì un gruppo di lavoro con lo specifico compito di monitorare lo stato di realizzazione della riforma e di proporre soluzioni organizzative e normative per superare eventuali criticità, scelta questa presa in virtù delle molte proteste che si erano espresse sul territorio nazionale da parte dei cittadini e degli operatori del settore;
con la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale del decreto legislativo 19 febbraio 2014, n. 14, che ridisegna la geografia giudiziaria nel nostro Paese, è entrato ufficialmente in vigore l'ultimo atto della riforma iniziata nel settembre del 2012;
con questa riforma sono stati chiusi 30 tribunali e altrettante procure della Repubblica, 270 sezioni distaccate di tribunale e quasi 700 uffici del giudice di pace;
il decreto legislativo, entrato in vigore il 28 febbraio 2014, ha concesso alcune deroghe, ripristinando, fino al 31 dicembre 2016, le sezioni distaccate di tribunale di Ischia, Lipari e Portoferraio;
a settembre 2013 altri tribunali minori avevano ottenuto una proroga dal Ministro pro tempore Anna Maria Cancellieri, e cioè: Chiavari, Lucera, Rossano Calabro, Sanremo, Alba, Bassano del Grappa (chiusura rinviata al 2018), Pinerolo e Vigevano;
altre decisioni simili si sono date per i tribunali abruzzesi, visto l'impossibilità di ripristinare le sedi rese impraticabili dal terremoto del 2009;
in molte situazioni il tribunale amministrativo regionale ha determinato, con proprie sentenze, la riapertura di sedi territoriali, a dimostrazione di scelte non sempre efficienti e razionali;
tutto ciò dovrebbe quantomeno far riflettere sulle scelte operate, visto che in alcuni casi, come a Lucera e a Rossano Calabro, si è privato un vastissimo territorio, a forte presenza criminale, di presidi di legalità;
anche sul fronte del presunto risparmio economico è esemplare la decisione che il comune di Foggia ha dovuto prendere per assolvere i nuovi impegni, con la stipula di un contratto di affitto con la società CO.IM.srl, allo scopo di dare una terza sede decentrata al tribunale della stessa città per accorpare il tribunale di Lucera e le sedi distaccate di Apricena e Rodi Garganico;
tale contratto avrà una durata di sei anni, non riguarderà tutto lo stabile e corrisponderà a una cifra di 773.430 euro all'anno oltre l'iva, per una somma complessiva di 4.640.580 euro, che peseranno sul bilancio comunale dal 2015 al 2019;
una minima parte di questi costi sarà rimborsata dal Ministero della giustizia e l'altra peserà sulle tasche dei cittadini di Foggia;
nel caso specifico, la decisione che ha portato alla chiusura del tribunale di Lucera per ridurre i costi della giustizia, rischia di diventare un'enorme beffa, perché non solo arrecherà enormi danni ai cittadini del territorio che saranno costretti a lunghi spostamenti, ma riverserà nuovi costi sui cittadini di Foggia, che già vivono in una realtà duramente colpita dagli effetti della crisi economica –:
a quanto ammonti la cifra che il Ministero della giustizia assegnerà al comune di Foggia in seguito al contratto di affitto stipulato e se non si ritenga opportuno, alla luce delle considerazioni sopra esposte, adottare iniziative volte a rivedere, soprattutto nelle situazioni dove la chiusura dei tribunali è stata sospesa o rinviata, le decisioni prese, stante il fatto che, anche da un punto di vista di risparmi di spesa, ciò rischia di gravare sulle tasche dei cittadini incolpevoli.
(3-00666)
(4 marzo 2014)
CIRIELLI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
il 4 marzo 2014 l'Aula della Camera dei deputati è stata impegnata nel dibattito sulla relazione della II Commissione (giustizia) sulle tematiche oggetto del messaggio del Presidente della Repubblica, trasmesso alle Camere il 7 ottobre 2013, in merito alla questione carceraria;
i provvedimenti in materia di giustizia sin qui approvati, seppur numerosi, si sono concentrati esclusivamente sulla questione della deflazione della popolazione carceraria, lasciando aperti numerosi altri temi, non ultimi tra i quali quelli relativi alla questione della lentezza dei processi e dei costi che i cittadini devono sostenere per veder riconosciuti e tutelati i propri diritti nelle aule dei tribunali;
nelle scorse settimane alcuni organi di stampa hanno riportato la notizia dell'imminente varo di una legge di riforma del processo civile, prioritariamente finalizzata allo smaltimento dei processi arretrati, che in Italia, ad oggi, si concretizzano in oltre cinque milioni di giudizi pendenti;
posto che adottare una riforma nel campo della giustizia civile con l'unico obiettivo di decongestionare la mole dei procedimenti accumulatisi rischia di non dedicare attenzione sufficiente ad altri aspetti del problema, la normativa in arrivo, inoltre, secondo molti legali porterà ad una compressione dei diritti della difesa;
il testo del provvedimento di riforma, nel frattempo annunciato alla Camera dei deputati, prevede, infatti, che il cittadino, all'atto della condanna, ottenga il solo dispositivo e che, laddove intenda ottenere anche le motivazioni, dovrà anticipare parte delle spese per l'appello;
il testo del disegno di legge, quindi, secondo l'interrogante realizza una palese violazione del diritto alla difesa, in spregio alle tutele costituzionali ad essa accordate e in danno dei cittadini onesti che si rivolgono ai tribunali per vedersi riconoscere la violazione dei propri diritti –:
se le notizie riportate in premessa corrispondano al vero e come intenda intervenire al fine assicurare un corretto funzionamento della giustizia nel nostro Paese, senza danneggiare i diritti dei cittadini. (3-00667)
(4 marzo 2014)
il 4 marzo 2014 l'Aula della Camera dei deputati è stata impegnata nel dibattito sulla relazione della II Commissione (giustizia) sulle tematiche oggetto del messaggio del Presidente della Repubblica, trasmesso alle Camere il 7 ottobre 2013, in merito alla questione carceraria;
i provvedimenti in materia di giustizia sin qui approvati, seppur numerosi, si sono concentrati esclusivamente sulla questione della deflazione della popolazione carceraria, lasciando aperti numerosi altri temi, non ultimi tra i quali quelli relativi alla questione della lentezza dei processi e dei costi che i cittadini devono sostenere per veder riconosciuti e tutelati i propri diritti nelle aule dei tribunali;
nelle scorse settimane alcuni organi di stampa hanno riportato la notizia dell'imminente varo di una legge di riforma del processo civile, prioritariamente finalizzata allo smaltimento dei processi arretrati, che in Italia, ad oggi, si concretizzano in oltre cinque milioni di giudizi pendenti;
posto che adottare una riforma nel campo della giustizia civile con l'unico obiettivo di decongestionare la mole dei procedimenti accumulatisi rischia di non dedicare attenzione sufficiente ad altri aspetti del problema, la normativa in arrivo, inoltre, secondo molti legali porterà ad una compressione dei diritti della difesa;
il testo del provvedimento di riforma, nel frattempo annunciato alla Camera dei deputati, prevede, infatti, che il cittadino, all'atto della condanna, ottenga il solo dispositivo e che, laddove intenda ottenere anche le motivazioni, dovrà anticipare parte delle spese per l'appello;
il testo del disegno di legge, quindi, secondo l'interrogante realizza una palese violazione del diritto alla difesa, in spregio alle tutele costituzionali ad essa accordate e in danno dei cittadini onesti che si rivolgono ai tribunali per vedersi riconoscere la violazione dei propri diritti –:
se le notizie riportate in premessa corrispondano al vero e come intenda intervenire al fine assicurare un corretto funzionamento della giustizia nel nostro Paese, senza danneggiare i diritti dei cittadini. (3-00667)
(4 marzo 2014)