sabato 20 aprile 2013

Depressione

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Eccoci all’argomento tanto atteso: la depressione.
Se avete letto “cenni di neurofisiologia“, sarete avvantaggiati nella lettura di questo articolo.
Iniziamo subito con una rapida carrellata sui principali sintomi della depressione.
Andando avanti con la lettura, capiremo che esiste un vero e proprio corrispettivo logico tra la sintomatologia del disturbo depressivo e la sua eziologia biologica.
Essendo un disturbo dell’umore, il primo sintomo – quello più evidente – è la tristezza.
Non si tratta di una tristezza normale, fisiologica; è “qualcosa” che si avvicina più alla disperazione.
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L’eloquio, nel depresso, cioè il suo modo di esprimersi e di parlare, appare rallentato, così come lo è anche il suo pensiero.
Esiste infatti un nesso tra la velocità del linguaggio e quella del pensiero.
La disperazione è quasi sempre generatrice di ansia.
Avevamo già visto, nell’articolo sul disturbo d’ansia, come l’ansia e la depressione molto spesso vadano a braccetto.
Il depresso arriva quindi a essere disperato, ansioso; non riesce più a dormire bene durante la notte.
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L’insonnia è il terzo sintomo principale della depressione, dopo l’ansia e la disperazione.


Notate come questi tre sintomi appaiano in sequenza: la disperazione provoca l’ansia e quest’ultima è causa dell’insonnia.
Ma non finisce qui – purtroppo – perché dal punto di vista clinico, l’insonnia, è un problema molto grave.
Infatti, essa è la “madre” di tutti gli altri sintomi della depressione: stanchezza, sonnolenza diurna, mancanza di appetito, con conseguente perdita di peso, e calo del desiderio sessuale.
Ricordiamoci dell’insonnia.
Dopo questo breve excursus sui sintomi, dobbiamo fare un passo indietro nel tempo per capire come si è arrivati a scoprire le cause che determinano il problema.
Non dobbiamo andare troppo indietro.
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Siamo all’inizio degli anni cinquanta.
All’epoca, nessuno riusciva a inquadrare le cause biologiche del disturbo depressivo; però, come spesso accade nella ricerca, la prima indicazione valida arrivò da una scoperta casuale.
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L’ipertensione era una delle patologie croniche più diffuse nel mondo occidentale, così come lo è ancora oggi.
Furono sperimentati diversi farmaci contro l’ipertensione.
Uno di questi fu la reserpina.
La reserpina funzionava abbastanza bene come antipertensivo, ma aveva un effetto collaterale: provocava la depressione nel 20% dei pazienti che la utilizzavano.
I medici cercarono di capire il motivo di questo effetto collaterale.
Si sapeva che la reserpina esplicava il suo effetto antipertensivo inibendo le catecolamine: noradrenalina e dopamina.
Quindi, si pensò che questi neurotrasmettitori fossero implicati nella genesi del disturbo depressivo.
Fu allora che nacque la più importante delle ipotesi, quella che oggi va sotto il nome di ipotesi delle ammine biogene.
Secondo questa ipotesi, la depressione, dal punto di vista biologico, è causata dal deficit di alcuni neurotrasmettitori: in primis, serotonina, dopamina e noradrenalina.
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Quella della reserpina, tuttavia, non era ancora una prova valida.
Serviva una prova più efficace.
La prova non tardò ad arrivare, questa volta da un antibiotico.
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Fino agli anni cinquanta, la tubercolosi continuava a fare vittime in tutto il mondo – era una delle malattie infettive più pericolose.
La tubercolosi è causata da un batterio, il Mycobacterium tuberculosis.
Nonostante la scoperta degli antibiotici, da parte di Fleming, a fine anni 20′, il batterio della tubercolosi continuava a essere resistente a qualsiasi farmaco.
Nel 1951, i ricercatori scoprirono un nuovo antibiotico per trattare la tubercolosi: l’isoniazide.
Fu una vera e propria rivoluzione in campo medico-scientifico.
Il batterio era molto sensibile all’antibiotico e la tubercolosi era diventata finalmente curabile.
Il farmaco aveva qualche effetto collaterale, come un po’ tutti gli antibiotici, ma c’era una caratteristica che lo rendeva diverso dagli altri.
Ebbene, quando una persona si ammala non è raro che soffra di depressione, anzi, è un fenomeno molto comune.
Molti pazienti affetti da tubercolosi, per esempio, oltre a essere malati, si sentivano depressi.
I medici notarono che, in seguito all’assunzione dell’isoniazide, i pazienti, non solo guarivano dalla tubercolosi, ma miglioravano anche il tono dell’umore.
Perché?
Vi ricordate i tre metodi per spegnere gli effetti di un neurotrasmettitore?
L’isoniazide, oltre a fungere da antibiotico, agisce sul primo metodo: inibisce un enzima chiamato monoammino ossidasi (MAO), che ha il compito di distruggere la serotonina e la noradrenalina.
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Inibendo questo “enzima distruttore”, le concentrazioni di serotonina e noradrenalina aumentano e la sintomatologia depressiva diminuisce.
Quella dell’isoniazide fu la prova del nove: l’ipotesi delle ammine biogene era valida.
Per spiegare tutte le cause biologiche, mancano solo due sostanze all’appello: la melatonina e il cortisolo.
La melatonina è un ormone prodotto dalla ghiandola pineale, viene sintetizzata a partire dalla serotonina e ha il compito di regolare il ciclo sonno-veglia.
Le persone depresse hanno una ghiandola pineale che non funziona come dovrebbe e questo incide tantissimo sulla depressione.
Dato che il paziente depresso ha un ciclo sonno-veglia alterato, la ghiandola pineale cerca di produrre più melatonina possibile.
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Lo fa per regolare l’omeostasi, l’equilibrio dell’organismo.
Ma per produrre melatonina, la ghiandola pineale deve necessariamente consumare serotonina.
A furia di produrre melatonina e consumare serotonina, la sintomatologia depressiva aumenta.
Ecco perché l’insonnia è un punto chiave nella depressione.
Il secondo ormone coinvolto è il cortisolo.
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Questo ormone è prodotto dalle surrenali, due ghiandole piccoline che si trovano sopra i reni.
Viene prodotto soprattutto quando siamo stressati e ha il compito di aumentare i livelli di zucchero nel sangue.
Il paziente depresso, essendo ansioso e soffrendo d’insonnia, è anche stressato: le sue surrenali producono cortisolo in maniera esagerata – e questo è un problema.
E’ un problema perché, aumentando i livelli di zucchero, il cortisolo diminuisce l’appetito - ecco perché chi soffre di depressione mangia poco e tende a dimagrire.
Inoltre, il cortisolo abbassa le difese immunitarie – le persone depresse sono più soggette ad ammalarsi – ed è anche “nocivo” per il cuore – studi dimostrano che la depressione è un fattore di rischio per ictus e infarti.
Altre cause
Abbiamo visto come ci sia una spiegazione biologica a tutti i sintomi della depressione.
Naturalmente questo discorso è valido, ma ci sono molti altri fattori che possono scatenare il disturbo depressivo.
Molte cause sono psicologiche, un trauma, per esempio, oppure un lutto.
Altre sono organiche.
Per esempio, molti malati di sclerosi multipla soffrono di depressione – per due motivi:
1. perché, psicologicamente, questi pazienti vedono la propria qualità di vita ridotta – depressione reattiva.
2. perché, nella sclerosi multipla, la mielina, che funge da isolante per i fili elettrici di cui parlavamo ieri, viene distrutta.
Senza la giusta corrente elettrica, i neuroni non possono scambiarsi adeguatamente la serotonina e la depressione prende il sopravvento.
In poche parole avviene un cortocircuito, così:
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Come si cura la depressione?

La combinazione tra psicoterapia cognitivo-comportamentale e terapia farmacologica è l’arma più efficace, così come lo è anche nel disturbo d’ansia e in quello di panico.
Che farmaci si utilizzano?
Esistono diverse possibilità farmacologiche, le più importanti sono:
- antidepressivi triciclici – ormai in disuso per via dei loro effetti collaterali.
- inibitori delle monoamino ossidasi (I-MAO) – ruolo analogo all’isoniazide.
- inibitori selettivi del reuptake della serotonina (SSRI) – i più utilizzati.
- agomelatina – coinvolta nel metabolismo di melatonina e serotonina.
Data la presenza di ansia e insonnia, all’interno del disturbo depressivo, talvolta vengono associate alcune benzodiazepine.
Come già detto in precedenza, gli antidepressivi sono farmaci che hanno una cinetica di azione lenta, per cui richiedono qualche settimana prima di iniziare a fare effetto.
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Conclusione e consigli generali
Come avete visto, la depressione non è “semplice tristezza” come spesso – ed erroneamente – viene indicata.
E’ una patologia seria, pericolosa, che non va mai sottovalutata.
Il messaggio principale che voglio lasciarvi è il seguente:
Molto spesso, si tende a vedere la depressione come una malattia mentale e pertanto poco seria.
Non c’errore più grave.
Fidatevi.
Non so se ci avete fatto caso, ma io vi ho elencato quasi tutti i sintomi della depressione, tranne l’ultimo: il suicidio.
Si stima che circa il 7% delle persone affette da depressione finiscano per suicidarsi.
La prevalenza mondiale della depressione è di circa il 10-15%.
Siamo in sei miliardi sul pianeta.
Fate voi il conto di quanti morti è in grado di fare la depressione.
Non voglio spaventare nessuno, ma i dati parlano chiaro e, da futuro medico, mi sento in dovere di sensibilizzare il più possibile su questo disturbo.
Bene, credo che abbiamo detto tutto – anche se in realtà, la depressione, rimane un argomento vastissimo.
Come sempre, spero che l’articolo sia stato di vostro gradimento.
Per discussioni, commenti, domande, chiarimenti, potete contattarmi su @andpalmieri o su @neuronevrotico.
Un saluto e al prossimo articolo.

fonte: http://andpalmieri.wordpress.com/

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