venerdì 6 agosto 2010

Vi racconto Bono lontano dal palco

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IL PERSONAGGIO

Dal rock all'impegno sociale, dal successo mondiale alla politica. E poi l'Africa, l'Italia così difficile da capire. Il leader degli U2 parla di se stesso con lo scrittore e rivela il suo volto inedito

di ROBERTO SAVIANO
Vi racconto Bono lontano dal palco
MI SVEGLIO e ricevo un messaggio. In genere sono guai, mi sollecitano per qualche scritto che ancora non ho consegnato, risultati di processi, inchieste, arresti. Ma questa volta si tratta di qualcosa di diverso: "Bono, il leader degli U2, è in Italia e vuole conoscerti". Chiedo spiegazioni. E dopo qualche secondo: "Sì, Bono ha letto il tuo libro le tue interviste, vuole conoscerti". Per qualche strana ragione pensi sempre che certe cose non abbiano carne e sangue ma siano come immateriali. Una di queste è la voce di Bono, la più bella voce maschile del rock mondiale. E quando quella voce ti dice "grazie per aver fatto tutti questi chilometri per me" la senti sovrapporsi all'urlo di "One" ("One love, One life") e hai come l'impressione di essere una groupie che perde ogni contegno dinanzi alla sua rockstar.
Bono mi accoglie in una villa presa in affitto. L'aria è davvero di casa, bambini che corrono ovunque, persino gli scoiattoli che zampettano in giardino, credo di non averne mai visto uno così vicino. Bono mi abbraccia e la sua è una gentilezza disarmante che mi dimostra quello di cui mi raccontavano, ossia la sua qualità di uomo rimasto uomo, senza divismi o posture. Anzi affamato di conoscere, capire, curioso del mondo e per nulla rinchiuso nella sua fortezza di note. Ha i soliti occhiali, ci sediamo a mangiare, e sembra avere una formula per me: "La prima anche se piccola vittoria contro le forze del male che ti circondano, è conservare il senso dell'umorismo. Quindi, devi combattere assolutamente, e lo fai essendo al di sopra di tutto, con il sorriso. Perché ridere - e ridi molto - è veramente la prova conclamata della libertà. Sai, quando ho pensato a questa cosa per la prima volta non ero affatto in pericolo, l'unico pericolo che avevo avvertito era quello di aver visto le mie chiappe nude pubblicate su un giornale. O di essere fotografato ubriaco all'uscita di un bar. Ecco ciò che ho capito, proprio all'inizio della mia popolarità, che questa sensazione di disagio, l'imbarazzo che provavo, poteva rendere brutto anche il viso più bello".



Bono mi racconta come sia fondamentale rimanere se stessi anche se intorno tutti cercano di prendere pezzi di te, di modificarti, di dannarti o esaltarti. Gli chiedo se gli manca vivere normalmente, campare come ogni essere umano occidentale. "Mi dispiace molto non riuscire a portare i miei bambini in giro. Una volta, era all'inizio della mia carriera, ho provato anche a camuffarmi: cappello e baffi da cowboy. Entro in un negozio, volevo comprare una chitarra e con un accento strano mi rivolsi al cassiere. Avevo pagato e stavo per uscire, quando questi si avvicina all'orecchio e mi dice: "Ok ok Bono ho capito, può bastare, tranquillo non lo dico a nessuno che sei tu..."".


Si alza gli occhiali, sorride. Gli occhi sono azzurrissimi e ha un po' di irlandesissime lentiggini. Un viso maturo, ma è proprio lui. Ora lo riconosco proprio come quando da ragazzino vedevo i suoi video in Vhs. Bono ha il profilo del ricercatore, studia il mondo, lo conosce. Fare musica per lui non è solo il più bel modo di stare al mondo, non è solo far divertire, ma il mezzo più straordinario per capire, comunicare, trasformare. "Voglio saperne di più, imparare di più sull'Italia. E questo perché ciò che sento e ciò che vedo non mi sembra combaciare. C'è uno squilibrio: vedo una cosa e ne provo invece un'altra".








A Bono come a molti stranieri è difficile comprendere le contraddizioni italiane; come se gli italiani tutti, di qualunque idea politica ed estrazione sociale, si accontentassero del peggio. I peggiori servizi, i peggiori politicanti, le peggiori istituzioni come se tutto fosse un sopportare. E mentre sopportano, agli italiani è solo dato intravedere grande talento, grandi capacità, ma sempre costretti, isolati, messi in difficoltà. "Ho proprio la sensazione che l'Italia sia come un luogo sacro, adoro i particolari italiani: la famiglia, l'aroma del caffè, il collo di una donna, ad esempio. Questi dettagli e il fuoco che c'è dentro la gente. So, sento che gli italiani potrebbero davvero assumersi un ruolo di preminenza, essere davvero grandi nel prestare aiuto ai poveri del mondo, nella lotta per la creazione di un nuovo capitalismo che sia "inclusivo" e non "esclusivo". Ma ora la politica non riesce a riflettere tutto ciò. Ed è cosi da molto tempo; anche quando c'era Prodi, che mi piaceva moltissimo. Nel 2005 i fondi erogati per gli aiuti umanitari erano lo 0,19% di quanto stabilito, nel 2009 lo 0,15%, quindi ancora meno. L'Inghilterra è passata dallo 0,7 allo 0,51, la Norvegia è all'1%, l'Irlanda allo 0,52%. Incredibile, no? Insomma c'è un vuoto da colmare tra ciò che provo e ciò che vedo. E sono certo che se riusciamo a spiegarlo, a spiegarlo meglio agli italiani, credo che saranno poi loro a dire ai loro leader che cosa fare. Forse non ce l'abbiamo fatta, finora, a spiegare queste cose in maniera chiara, allora c'è bisogno probabilmente di trovare gente che abbia la dote di saper veicolare queste informazioni. Ce la farà l'Italia ad avere un nuovo inizio?".


Difficile rispondere a una domanda così. Cerco di spiegare perché tutto è così ideologico, perché in Italia spesso sembra esserci una battaglia tra contrade, dove bisogna pensarla in serie, e quasi mai c'è un confronto sui fatti. La cappa delle ideologie anestetizza ogni dialogo come se compromettesse il futuro. "Il futuro, certo, quello deve ripartire e si deve ricominciare lasciandosi alle spalle il passato. Ma sembra fin troppo banale dire che c'è bisogno di una nuova politica in Italia, che inizi di nuovo a essere al servizio del Paese e non dell'ideologia. Mi piacerebbe tuttavia che ci fosse un'alternativa che non venisse da destra ma neppure da sinistra. Sono diventato sordo. Non ho più orecchie per la sinistra come non ne ho mai avute neppure per la destra. Ma per quest'ultima ho dovuto farmene crescere uno, però! Ho dovuto imparare ad accettare la compagnia di George Bush che ha fatto cose incredibili per l'Africa. E per questo, il mio giudizio su di lui non può essere completamente negativo. David Cameron, ad esempio, è stato colui che ha fatto i più grossi tagli di bilancio in Inghilterra, senza ridurre i fondi che erano stati devoluti agli aiuti umanitari. Si trovano amici anche nella destra; a volte non te lo aspetti e invece li trovi. Altre volte gente che credi amica non lo è. Prendi l'Africa. Il commercio e le sue regole, ad esempio. Gli africani non vogliono sentir parlare di restrizioni commerciali, vogliono giocare da battitori liberi. Non vogliono sentir parlare di embarghi con le norme delle politiche di aiuto dell'Unione Europea che si basano invece sul rispetto della politica agricola comune o su tariffe e dazi doganali imposti. A loro tutto questo non va giù. E se ne parli con la sinistra e spieghi come la pensano gli africani, ti dicono: "Ehi, ehi, vacci piano, stai calmino!". La sinistra va forte con l'Aids e gli aiuti. Allora, se stai morendo di Aids diamogli questi farmaci e finiamola li. Ma per il resto, nulla. Quindi, si finisce a pagare due dollari di sussidio al giorno per ogni mucca e non riusciamo a dare un dollaro al giorno a chi muore di Aids e ce ne sarebbero di dollari da dare. Ecco perché sono diventato sordo... Quindi via tutti e ripartiamo da capo. Voglio vedere politici in Parlamento che non siano più camuffati, senza più baffi e barbe finte".


Qui proprio non riesco che a rispondere sorridendo. La politica in Italia è una selva intricata, colma di dossier, veleni. Pensare alla politica come a un luogo dove poter trasformare le cose è difficile, quasi impossibile. Ma questo non sono capace di raccontarlo, forse mi fa male. Piuttosto chiedo a Bono della delegittimazione. Il suo impegno spesso viene deriso e attaccato, la rockstar milionaria che interviene a favore dei poveri, come una sorta di postura. Anche lui non è immune dalla macchina della delegittimazione, che i poteri usano sempre utilizzando l'esercito del risentimento, legioni di mediocri pronti ad eseguire l'ordine della maldicenza.


"Quando la gente si rende conto che non c'è via di scampo e che devono ascoltarti, allora devono o farti diventare un personaggio da prendere in giro, appiccicarti addosso favole irreali, farti diventare un personaggio appiattito, una caricatura, disegnata solo con pochi tratti. Senza tridimensionalità, questa è la delegittimazione. Tutti i nemici subiscono la delegittimazione. Lo si fa quando sei un nemico. In realtà penso questo: capisco benissimo il meccanismo e capisco benissimo che possa essere usato in modo offensivo e negativo. Ma pensa a qual era una delle più efficaci forme di protesta contro il nazismo negli anni '30, o contro il fascismo; erano i dadaisti, con il senso dell'umorismo. Che usavano come arma. Sai, i fascisti e i nazisti avevano tutte queste uniformi fantastiche, molto machiste. Come una sfilata di moda. Mentre i dadaisti è come se avessero levato loro i pantaloni e gli avessero messo il pisello all'aria. E mentre i nazisti combattevano tutti con manganelli, galera e repressione, non riuscivano a combattere lo humor. Impossibile, non c'è arma. Quindi alla delegittimazione rispondi con l'humor, ridi".




L'equilibrio che Bono è riuscito a costruire ha qualcosa di miracoloso. Parlare di grandi temi a milioni di persone, mentre saltano, cantano, si divertono. Entrare in una grande festa e cercare di far capire che quella felicità deve essere condivisa. Che combattere la povertà ti riguarda e non pretende che tu debba cadere nella miseria o nella rinuncia. Ma aumenta la tua felicità. È riuscito a coinvolgere milioni di ragazzi di diverse generazioni non temendo la retorica, non avendo paura di sbagliare. Se fai sbagli, meglio che non fare. Tutto questo cercando di essere concreto. Finanziando progetti. Capendo che c'è un modo sano di fare danaro e di usare il danaro. "Soldi significa corruzione e, quindi, se vuoi i soldi devi essere corrotto. Se tu invece dici: "Ok, voglio guadagnare, ma sono uno per bene, non ci credono". "A chi la dai a bere?", ti dicono. In Irlanda c'era in passato, per motivi diversi, lo stesso tipo di mentalità. Aver successo, significava essere colluso con il nemico. Che erano gli Inglesi. E anche dopo l'indipendenza, se avevi successo, significava essere colluso con il nemico. E quindi, c'era un rapporto davvero molto strano con il successo. Gli U2 hanno cercato di far ripartire l'orologio da questo punto di vista. E sono felice di poter affermare, che la maggior parte della gente in Irlanda, ora, ha cambiato idea su di noi. Per lo meno, il fatto che abbiamo avuto successo non è più visto negativamente. Per arrivare a ciò, però, hanno dovuto far ripartire il computer e "riaccendere" un nuovo modo di ragionare. Ed è estremamente positivo che si sia riusciti a far ciò, almeno per noi. Se tu dipingi la Cappella Sistina, il fatto che a qualcuno possa dar fastidio, non sminuisce ciò che hai fatto".


Bono poteva non impegnarsi e non occuparsi della questione africana. Aveva ottenuto tutto quello che un artista può ottenere. E impegnarsi gli ha creato anzi una gran quantità di guai. Ma anche una felicità che la sola carriera non può darti. "Conosci Desmond Tutu vero? Lui ti ha difeso molto... È lui il Capo, il mio Boss, se vieni al mio concerto, te lo presento. È stato lui, con Mandela, ma lui in particolare, a chiedermi di portare avanti il progetto della Cancellazione del debito estero, la Debt Cancellation, che i Paesi Poveri hanno nei confronti di quelli ricchi. Lui ha fondato questa organizzazione che si chiama Truth and Reconciliation (Verità e Riconciliazione) e per me ciò che la sua organizzazione significa rappresenta l'"idea" più importante degli ultimi venticinque anni!".


Passa Edge. Cappellino sulla testa, timido. Bono lo chiama. "Non volevo disturbare... ma grazie per essere venuto". Tutta questa gentilezza reale mi solleva da ogni ansia, ora mi sento tranquillo. Finiamo di mangiare, si è fatto tardi Bono viene ripreso dal suo ufficio stampa, deve andare a provare. Ci salutiamo, e facciamo un po' di foto sceme che promettiamo di tenere solo per noi, come quella mentre, giochiamo a braccio di ferro dove ognuno cerca di far vincere l'altro. È strano ma mi ci voleva il più singolare dei pomeriggi per vivere una giornata tranquilla all'aria aperta e con molte risate. Bono mi abbraccia e dice: "Sei invitato al concerto, mi raccomando". Magari, gli rispondo, la vedo difficile: "No ma non questo tu sei invitato anche ai prossimi". Quali? "Tutti i nostri prossimi concerti, per tutta la vita". Mi è sembrato un augurio bellissimo e non ho trovato altre parole che un semplice thanks. Torno in auto e la mia scorta la ritrovo in macchina a canticchiare "One", la mia preferita. "One Love, one blood, one life. You got to do what you should". E già, proprio così... un amore, un sangue, una vita, devi fare ciò che devi...

©2010 Roberto Saviano Agenzia Santachiara

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