ROMA - Con 170 voti favorevoli e 136 contrari, passa la fiducia al Senato sulla manovra finanziaria. E il Parlamento viene per l’ennesima volta estromesso con la forza dall’Esecutivo di Silvio Berlusconi. Un Aula umiliata e resa sorda agli interventi dei capigruppo da un brusio continuo proveniente dai banchi della maggioranza.
E’ in questo contesto di degrado istituzionale, degno del “bivacco di manipoli” di mussoliniana memoria, che si chiude il primo passaggio parlamentare del maxiemendamento alla manovra correttiva dei conti pubblici. Un intervento da circa 25 miliardi di euro, probabilmente insufficiente vista la drammatica situazione delle casse dello Stato, che viene bocciata senza esami a settembre dalle parti sociali, dagli enti locali e dalla stragrande maggioranza del Paese.
Il Sì del Senato alla Fiducia. Ora la palla passa a Montecitorio
Votano a favore i senatori del Pdl, della Lega e dell'Mpa; contrari Pd, Idv, Udc e Api, mentre i senatori a vita non hanno partecipato al voto. Il testo passa ora all'esame della Camera che avrà due settimane per la definitiva conversione in legge. Il provvedimento scade infatti il 30 luglio prossimo. Ma da Montecitorio non si attendono particolari sorprese, visto che la manovra giungerà anche lì in forma assolutamente ‘blindata’.
Una manovra recessiva: ecco i passaggi chiave
Un testo che getta nel panico i tre quarti del Paese, colpendo quasi esclusivamente i ceti più deboli e la classe media. Tra le novità introdotte, con l’obbiettivo di ridurre il deficit dal 5 per cento del Pil del 2010 al 3,9 per cento nel 2011 e al 2,7 per cento nel 2012, spiccano infatti il blocco degli stipendi per i dipendenti pubblici, la riforma “lampo” sulle pensioni, i drastici tagli per Regioni, Province e Comuni, il rincaro dei pedaggi autostradali. E ancora, la chiusura di numerosi enti pubblici, il blocco delle assunzioni e il taglio netto dei posti di lavoro precari nella pubblica amministrazione. Una vera e propria mannaia, “abbellita” con la riduzione degli stipendi dei manager, dei ministeri e dei costi della politica e con la mini-stretta sull'evasione fiscale e le assicurazioni. Entrano anche le norme per la “libertà d'impresa” e la sanatoria di oltre due milioni di "case-fantasma".
Giulio Tremonti: “La manovra è passata molto bene. Andiamo avanti così”
Ma il ministro dell’Economia ne è convinto: “La manovra è passata molto bene. Il Senato ha davvero migliorato il testo”. Peccato che il Senato non abbia potuto mettere becco sulla faccenda, vista la ‘blindatura’ del testo. Tremonti però tira dritto: “Andiamo avanti così: le pensioni, la Fiat a Pomigliano, stabilità e naturalmente fiducia. Perché fiducia porta fiducia”.
Regioni e Comuni sul piede di guerra
A non pensarla così, sono gli erogatori dei principali servizi sociali: gli enti locali. Regioni e comuni che vedono il proprio bilancio fatalmente colpito dai tagli della manovra e che annunciano battaglia. In un documento comune, votato all'unanimità, la Conferenza delle Regioni conferma “tutte le posizioni contenute nei documenti assunti in queste settimane sulla manovra finanziaria - ha detto Vasco Errani, presidente della conferenza - che considera insostenibile per le ricadute sui bilanci regionali”. Un parere decisamente negativo che verrà confermato a breve, nell’ambito della Conferenza Unificata, anche dai Comuni italiani.
L’opposizione. Finocchiaro (Pd): “Parlate di rigore mentre sui giornali esce il marcio”
Furibonda per il caos che regna durante tutto il corso della Seduta, Anna Finocchiaro, presidente dei senatori Pd, boccia senza appello la manovra del governo. «Non c'è nessuna misura per la crescita, per gli investimenti, per lo sviluppo: questa è la verità», afferma la senatrice, che sul federalismo, sottolinea: «Con i tagli alle Regioni e ai comuni quel federalismo che dovrebbe essere coerente con i principi di sussidiarietà e solidarietà, che dà un'occasione al Mezzogiorno e alle sue classi dirigenti di mostrare responsabilità e buon governo, che dà prospettive di sviluppo e nuovi poteri ai cittadini e capacità di controllo sulle istituzioni pubbliche, è sepolto».
«Quello che torna qui è di nuovo la pistola in mano alle Regioni ricche - aggiunge il presidente dei senatori Pd - l'esecuzione stavolta è affidata alle Regioni ricche e ai cittadini delle Regioni più povere ed in difficoltà toccherà una mattanza di diritti e di cittadinanza». Questa è in definitiva «una manovra contabile nemmeno fatta tanto bene». «Austerità e rigore – ha proseguito Finocchiaro – sono parole che hanno un suono e hanno avuto un significato per la storia di questo paese quando venivano pronunciate da persone come Enrico Berlinguer e Carlo Azeglio Ciampi. Allora avevano un significato. Ma dette oggi, mentre ci si squaderna sulle pagine di tutti i giornali, il sottobosco parassitario, il marcio che cresce» attacca la senatrice democratica «sembrano parole senza senso. E se guardo a questa manovra in questo contesto nel quale in due mesi due ministri e un sottosegretario di questo governo sono stati, davanti all'Italia, costretti alle dimissioni per la vergogna, parlare di rigore – conclude la Finocchiaro – è ridicolo e grottesco».
Dello stesso avviso, il leader Idv, Antonio Di Pietro: «Il paese brucia, tutte le istituzioni, i sindacati, le Regioni ed i comuni scoppiano ed il governo mette la fiducia e approva una manovra per uccidere l'economia del paese».
Epifani (Cgil): “Un provvedimento all’insegna dell’iniquità. Oscuro il futuro previdenziale”
A pagare, spiega il numero uno della Cgil, a margine del voto di fiducia sulla manovra, sono “solo i lavoratori, a differenza di quanto avviene con le manovre finanziarie varate nel resto dell’Europa”. Un giudizio che la CGIL ha tenuto a sottolineare organizzando oggi, in concomitanza del voto, un presidio davanti al Senato. Un ulteriore azione di protesta che la Confederazione Generale del Lavoro ha messo in campo, dopo la manifestazione nazionale del 12 giugno, lo Sciopero Generale del 25 e dopo le tante iniziative di mobilitazione, come sottolineato dai numerosi interventi dal palco allestito a Piazza Navona.
Secondo Epifani, in particolare, “le norme sulla previdenza contenute nella manovra non rappresentano una riforma delle pensioni: hanno l’unico obiettivo di fare cassa”. “Una decisione - prosegue il Segretario Generale - che avrà come conseguenza, per la prima volta, lo spostamento di consistenti risorse dalla previdenza per destinarle ad altri settori, rendendo sempre più oscuro il futuro previdenziale dei giovani”.
Vari esponenti del Governo, ha ricordato Guglielmo Epifani, hanno affermato in questi giorni, e ripetuto ancora oggi, che questa cosiddetta ‘riforma’ sia stata fatta con il consenso delle forze sociali, ad eccezione della CGIL. “Per noi - spiega Epifani - le misure introdotte sono inaccettabili e vanno cambiate garantendo, come abbiamo sempre detto, la flessibilità in uscita dell’età di pensionamento, intervenendo sul coefficiente di trasformazione dei giovani e dei precari, sostenendo il potere d’acquisto delle pensioni attuali”.
Rivolgendosi, infine, alle altre organizzazioni sindacali, il Segretario Generale della CGIL, chiede chiarezza rispetto al nodo delle pensioni e se condividono ancora queste priorità o “se per loro il sistema previdenziale va bene così come esce dalla manovra votata oggi dal Senato”. “Quanto alle imprese - conclude Epifani - ci chiediamo come facciano a non vedere che il tetto di 10mila unità fissato nella manovra per i lavoratori in mobilità sia del tutto insufficiente e determinerà problemi ai lavoratori e alle imprese stesse”.
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