domenica 8 agosto 2010

Paradisi informatici

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Nel famigerato “decreto intercettazioni” sono incluse norme che estendono la disciplina dell’obbligo di rettifica a siti internet e blog, senza distinguere tra siti “istituzionali” e personali. Non importa se un sito sia gestito da un privato nei ritagli di tempo o abbia una vera redazione: è comunque tenuto a pubblicare una rettifica entro 48 ore dalla richiesta, con pene fino a 12.500€.
Evidentemente questa storia, che un qualunque cittadino possa parlare a più persone di quante ne trovi al bar sottocasa, non va proprio giù ai politici italiani, vista l’insistenza con cui si ripropongono queste limitazioni alla libertà di espressione in rete.
In Islanda invece han deciso di fare il contrario, adottando una legislazione innovativa che consente la più ampia libertà di espressione e candidandosi apertamente a diventare un “paradiso” per il giornalismo investigativo e la trasparenza. L’hanno chiamata Icelandic Modern Media Initiative (IMMI) e consiste in modifiche a ben 14 leggi: si stima che ci vorrà un anno perchè sia del tutto operativa, ed ovviamente non mira a creare una situazione stile “far west” in cui chiunque può pubblicare qualunque cosa senza renderne conto a nessuno, ma piuttosto a limitare l’uso strumentale ed intimidatorio delle leggi contro la diffamazione.
Dal sommario, verrà garantita:
  • protezione degli informatori;
  • protezione dell’anonimato delle fonti (tradire una promessa di anonimato sarà un reato);
  • protezione delle comunicazioni tra giornalista e fonti prima della pubblicazione;
  • limitazione alle restrizioni preventive;
  • immunità degli intermediari, come gli ISP e le società di telecomunicazioni;
  • protezione dalle legislazioni straniere: si considerano irrilevanti le sentenze provenienti da altri paesi che restringano la libertà di espressione oltre quanto previsto dalle leggi islandesi, e si introduce la possibilità di controquerelare in Islanda le controparti straniere;
  • limitazione della responsabilità degli editori1;
  • protezione dagli abusi processuali (cause pretestuose, ecc. ) contro la libertà di espressione;
  • società a responsabilità limitata virtuali2.
Vengono citati anche un premio internazionale per la libertà di espressione ed una “legge ultramoderna sulla libertà di informazione“, espressione che in se non significa nulla e credo sia una scatola per il resto.
Come detto, il tutto sarà operativo solo tra un anno o più e per dare un giudizio definitivo bisognerà vedere l’implementazione pratica dei principi, ma resta un’iniziativa encomiabile. Anche perchè è probabile che finisca per attirare in Islanda le iniziative più controverse e con esse varie grane internazionali. Ed in un momento in cui il paese è già sotto attacco per motivi pretestuosi.
A maggior gloria degli islandesi va ricordato che un po’ ovunque ci sono iniziative per limitare la libertà di parola in rete. Per esempio, una legge sulla censura di internet è da tempo in discussione in Australia; in Svezia una legge che consente allo stato di spiare telefoni ed internet ha spinto un grande numero di persone a votare in massa per il PiratPartiet, giunto al 7%; perfino certi regolamentiinternazionali si occupano della faccenda, soprattutto per la protezione dei copyright.
Anche in Islanda la legge corrente aveva consentito ad una banca di vietare la pubblicazione di informazioni sul suo stato di salute. Quando Wikileaks lo ha reso noto la pressione dell’opinione pubblica ha obbligato il tribunale a ripensarci ed ha ispirato al parlamento l’iniziativa IMMI.

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