domenica 8 agosto 2010

La strage dei medici

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Chi erano e cosa facevano gli otto dottori uccisi in Afghanistan nell'esecuzione rivendicata ieri dai talebani

Ieri i talebani hanno comunicato – e rivendicato – l’esecuzione di dieci persone, che si trovavano in Afghanistan al servizio di una organizzazione umanitaria cristiana, International Assistance Mission (IAM). Due erano americani, sei tedeschi, due afghani: secondo la polizia sarebbero stati uccisi due settimane fa. Gli otto stranieri erano oculisti, e da diverse settimane si spostavano per l’Afghanistan insieme a due interpreti nell’ambito dei programmi di assistenza alla popolazione dell’ong, di ispirazione dichiaratamente cristiana.
Il convoglio umanitario era composto da undici persone e viaggiava in una zona tra il Nuristan e il Badakhstan, poco distante dal confine col Pakistan. Per due settimane il gruppo aveva lavorato nei villaggi della zona portando avanti un progetto oculistico, e stava tornando verso Kabul quando un commando di militanti ha sparato sui loro fuoristrada costringendoli a fermarsi. Gli undici – che ovviamente erano disarmati – sono stati fatti scendere dai loro mezzi, sono stati messi in riga e sono stati uccisi a colpi di kalashnikov: la più classica delle esecuzioni.
La loro fede religiosa sarebbe stata al centro dell’esecuzione, raccontano i giornali e l’unico sopravvissuto, un interprete che durante l’esecuzione ha urlato di essere musulmano. I talebani hanno detto di averli uccisi perché intenzionati a “convertire la popolazione” e usati come “spie” dagli americani. I vertici dell’organizzazione hanno confermato l’ispirazione cattolica dell’ong – che è pubblica, per altro – ma hanno smentito di voler convertire gli afghani o predicare: le uniche Bibbie che gli otto possedevano erano quelle personali, le loro attività sono esclusivamente mediche e di assistenza alla popolazione
Sul Corriere della Sera di oggi, Viviana Mazza racconta la storia e o i programmi dell’ong in Afghanistan.
L’International Assistance Mission (Iam) è qui dal 1966. È stata una delle prime Ong a stabilirsi nel Paese ed è registrata presso il governo afghano. Un team di oftalmologi che operava in Pakistan oltrepassò il confine, e sono rimasti «sotto il re, i comunisti, i russi, i mujahedin e i talebani». Con gli anni l’organizzazione ha avviato cliniche oftalmiche e progetti in altri settori: salute mentale, corsi professionali, piani idrici. I volontari oggi sono 50, di 15 Paesi (nessun italiano). Sono protestanti, appartenenti a varie denominazioni. Non ricevono alcun salario e usano fondi propri per vitto, alloggio, spese personali. Il budget annuale di 40 milioni di dollari — donati da chiese, fondazioni, e da governi tra cui Australia, Giappone, Finlandia, Olanda, Stati Uniti — viene usato per i progetti. «Lo scopo è servire gli afghani». L’ong ha 500 dipendenti locali. Due settimane e mezzo fa l’organizzazione aveva inviato un team in Nuristan per stabilire una clinica oculistica mobile nella provincia. Nell’ultimo decennio l’Iam ha organizzato ogni due anni cliniche oculistiche provvisorie in varie province dove l’assistenza medica è carente, con servizi che vanno dalla chirurgia oculistica alla misurazione della vista, dalla fornitura di occhiali alla cura di alcune malattie. Oltre a oculisti e infermieri, al team si erano uniti un dentista e un medico generico, «perché spesso la gente ha anche altre esigenze mediche», spiega Frans. «Nessuna guardia armata però — precisa il direttore —. Siamo un’organizzazione umanitaria».
Il direttore del convoglio si chiamava Tom Little, un oftalmologo americano che viveva in Afghanistan da trent’anni. Una delle due vittime britanniche è la dottoressa Karen Woo, che aveva rinunciato a un incarico in una clinica privata a Londra pur di partecipare alla missione umanitaria e stava raccontando la sua esperienza in un blog. L’ultimo post risale al 20 luglio. I nomi delle altre persone uccise non sono ancora stati resi noti, dato che dev’essere ancora ultimata l’identificazione formale dei corpi

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