Stefano Rodotà, interviene dal palco contro la legge bavaglio.
La manifestazione a Roma, migliaia in piazza: “No al silenzio di Stato”. Bocche tappate e copie della Costituzione. Il 29 presidio a Montecitorio. Senza libertà di stampa insabbiate le stragi dell’amianto. I casi Aldrovandi e Cucchi. Saviano sul palco
Un primo passo. Questo è il senso della manifestazione di oggi (giovedì 1 luglio) contro il disegno di legge sulle intercettazioni. I prossimi saranno il blackout dell’informazione del 9 e il presidio a Montecitorio del 29 luglio, quando il ddl arriverà in aula. E se la legge verrà approvata, scatterà subito il ricorso alla Corte europea di Strasburgo per farla cancellare. Intanto oggi l’iniziativa della Fnsi ha riempito Piazza Navona a Roma: partiti, movimenti, associazioni e cittadini si sono simbolicamente imbavagliati sotto lo slogan “Informazione e libertà: no al silenzio di Stato”. L’opposizione, i giornalisti ma soprattutto la società civile ha ribadito la ferma opposizione al progetto di legge del governo. “Sarà un’estate calda”, ha detto Rodotà dal palco, bisogna vigilare sul diritto di essere informati e sul rispetto della Costituzione.
La gente ha risposto bene. La piazza ha cominciato a riempirsi alle 17, ancora sotto il sole, e verso sera si mostrava praticamente piena: hanno sventolato bandiere del Pd, Idv, Verdi e Cgil, erano presenti gli stand dell’Unità e le testate di sinistra. Molte persone avevano la bocca tappata dai post-it gialli, sulla scia dell’iniziativa di Repubblica, come metafora del bavaglio imposto dall’esecutivo. Alcuni mostravano una copia della Costituzione. Tanti gli striscioni e slogan: da “La legge bavaglio non si modifica, si ritira” fino a “Stanco di vivere nel Berluskistan”, esposto da un privato cittadino. Immancabile l’icona di Falcone e Borsellino, mostrata da una signora con la scritta “I miei eroi sono diversi”, diversi da Mangano ovviamente. “Non diamo numeri, ci contino. La piazza è piena e siamo soddisfatti”, ha dichiarato alla fine il presidente della Fnsi, Roberto Natale.
Il pomeriggio è partito sulle note dell’inno di Mameli. E’ stato letto l’articolo 21 della Costituzione, quello sulla libera stampa da difendere, sono stati ricordati i cronisti caduti facendo il loro mestiere, come Giancarlo Siani. Un pensiero è andato anche alle manifestazioni in corso nelle altre piazze italiane ed europee. Poi gli interventi si sono susseguiti dal palco, alternati a intermezzi musicali: molti i gruppi intervenuti, da Tete de Blois a Giovanna Marini.
Il no al ddl intercettazioni ha motivi politici, storici e culturali. E’ quanto emerso dai contributi sul palco, tutti sulla stessa linea: un attacco grave alle regole della Carta, ma il movimento è forte e si prepara a difenderla. “Vogliamo assicurare ai cittadini il diritto di essere informati – ha esordito il segretario generale della Fnsi, Franco Siddi -, invece ci viene frapposto un macigno che cancella la legge sulla stampa del ’47, che deriva dalla Costituzione”. In questo caso, a suo avviso, “il potere passerà in mano allo Stato censore e autoritario, insieme ai proprietari dei giornali. Non si vuole garantire la privacy, ma tutelare la casta”. Ha quindi annunciato “l’inaugurazione di una resistenza civile del terzo millennio”.
D’altronde, Piazza Montecitorio è già prenotata per il 29.Lo ha detto il segretario confederale della Cgil, Fulvio Fammoni, illustrando i prossimi passi: “Andremo avanti in tutti i modi, con le proteste e i ricorsi di legge. Ci rivolgeremo alla Corte di Strasburgo. E’ insopportabile che, in un periodo di crisi senza precedenti, in Parlamento non si parli di lavoro, disoccupazione e cassa integrazione, ma di queste leggi solo per pochi”.
Particolarmente toccante è stato il momento di Aldrovandi e Cucchi. Accolte da un lungo applauso, sono salite sul palco madre e sorella dei due ragazzi, morti dopo il pestaggio delle forze dell’ordine. Due casi simili, uno ormai risolto (con la condanna degli imputati) e l’altro appena cominciato, che senza giornali liberi e indipendenti non sarebbero mai emersi. “’E’ stato fondamentale rivolgersi all’opinione pubblica attraverso la stampa – ha detto Patrizia Aldrovandi -, solo pubblicando le foto del corpo di mio figlio abbiamo smentito la versione ufficiale”. Come Ilaria Cucchi: “Le foto hanno bucato il muro di gomma, l’unico modo era rivolgersi ai mezzi di informazione. La stampa deve essere la coscienza civica della gente”.
Al centro della manifestazione anche il mondo del lavoro. A cominciare dai lavoratori colpiti da tumore, come quelli della Eternit alla sbarra nel processo di Torino. Ha parlato chiaro Bruno Pesce, membro del comitato delle vittime: “Senza intercettazioni il processo non sarebbe iniziato, non sapremmo cosa succedeva a Casale Monferrato, il disastro ambientale non sarebbe venuto alla luce”.Sono saliti sul palco anche gli addetti delle aziende in crisi. “Non molliamo, qualcuno sta dicendo che non siamo più all’Asinara, ma noi non ce ne andiamo”. Così Pietro Marongiu, operaio della Vinyls, che proviene dall’Isola dei cassintegrati. Una lavoratrice di Eutelia ha ricordato che sono in presidio a Montecitorio da tre settimane. Quindi un operatore dell’Insean, ente pubblico destinato alla chiusura con la manovra. Da loro è arrivato un appello all’esecutivo: si occupi di questi problemi drammatici, hanno detto, non della legge sulle intercettazioni.
Ma non c’è solo la stampa, sono tanti i bavagli che colpiscono la società italiana. Il costituzionalista Stefano Rodotà, ex garante della privacy, li ha spiegati con la consueta lucidità: “Oltre all’informazione, ci sono i magistrati, la cultura, anche il Parlamento. Vogliono mettere il bavaglio allo spirito critico, che fa paura a tutti i regimi autoritari”. Lo scrittore Roberto Saviano è salito sul palco rinnovando l’appello alla mobilitazione: “Resistere è una parola complicata, forse anche abusata. Resistere oggi significa sognare un paese diverso, l’Italia può crescere solo se riusciamo a sognarla”. E la resistenza passa dai giornali, come ha ricordato il rappresentante dell’Anpi: “Quando liberavano le città, per prima cosa i partigiani facevano un giornale”. Insomma, inizia un movimento che peserà: “Ci siamo riappropriati della Costituzione – così Rodotà -, ora la piazza può influire direttamente sull’agenda politica”.
FONTE:
http://www.rassegna.it/
La gente ha risposto bene. La piazza ha cominciato a riempirsi alle 17, ancora sotto il sole, e verso sera si mostrava praticamente piena: hanno sventolato bandiere del Pd, Idv, Verdi e Cgil, erano presenti gli stand dell’Unità e le testate di sinistra. Molte persone avevano la bocca tappata dai post-it gialli, sulla scia dell’iniziativa di Repubblica, come metafora del bavaglio imposto dall’esecutivo. Alcuni mostravano una copia della Costituzione. Tanti gli striscioni e slogan: da “La legge bavaglio non si modifica, si ritira” fino a “Stanco di vivere nel Berluskistan”, esposto da un privato cittadino. Immancabile l’icona di Falcone e Borsellino, mostrata da una signora con la scritta “I miei eroi sono diversi”, diversi da Mangano ovviamente. “Non diamo numeri, ci contino. La piazza è piena e siamo soddisfatti”, ha dichiarato alla fine il presidente della Fnsi, Roberto Natale.
Il pomeriggio è partito sulle note dell’inno di Mameli. E’ stato letto l’articolo 21 della Costituzione, quello sulla libera stampa da difendere, sono stati ricordati i cronisti caduti facendo il loro mestiere, come Giancarlo Siani. Un pensiero è andato anche alle manifestazioni in corso nelle altre piazze italiane ed europee. Poi gli interventi si sono susseguiti dal palco, alternati a intermezzi musicali: molti i gruppi intervenuti, da Tete de Blois a Giovanna Marini.
Il no al ddl intercettazioni ha motivi politici, storici e culturali. E’ quanto emerso dai contributi sul palco, tutti sulla stessa linea: un attacco grave alle regole della Carta, ma il movimento è forte e si prepara a difenderla. “Vogliamo assicurare ai cittadini il diritto di essere informati – ha esordito il segretario generale della Fnsi, Franco Siddi -, invece ci viene frapposto un macigno che cancella la legge sulla stampa del ’47, che deriva dalla Costituzione”. In questo caso, a suo avviso, “il potere passerà in mano allo Stato censore e autoritario, insieme ai proprietari dei giornali. Non si vuole garantire la privacy, ma tutelare la casta”. Ha quindi annunciato “l’inaugurazione di una resistenza civile del terzo millennio”.
D’altronde, Piazza Montecitorio è già prenotata per il 29.Lo ha detto il segretario confederale della Cgil, Fulvio Fammoni, illustrando i prossimi passi: “Andremo avanti in tutti i modi, con le proteste e i ricorsi di legge. Ci rivolgeremo alla Corte di Strasburgo. E’ insopportabile che, in un periodo di crisi senza precedenti, in Parlamento non si parli di lavoro, disoccupazione e cassa integrazione, ma di queste leggi solo per pochi”.
Particolarmente toccante è stato il momento di Aldrovandi e Cucchi. Accolte da un lungo applauso, sono salite sul palco madre e sorella dei due ragazzi, morti dopo il pestaggio delle forze dell’ordine. Due casi simili, uno ormai risolto (con la condanna degli imputati) e l’altro appena cominciato, che senza giornali liberi e indipendenti non sarebbero mai emersi. “’E’ stato fondamentale rivolgersi all’opinione pubblica attraverso la stampa – ha detto Patrizia Aldrovandi -, solo pubblicando le foto del corpo di mio figlio abbiamo smentito la versione ufficiale”. Come Ilaria Cucchi: “Le foto hanno bucato il muro di gomma, l’unico modo era rivolgersi ai mezzi di informazione. La stampa deve essere la coscienza civica della gente”.
Al centro della manifestazione anche il mondo del lavoro. A cominciare dai lavoratori colpiti da tumore, come quelli della Eternit alla sbarra nel processo di Torino. Ha parlato chiaro Bruno Pesce, membro del comitato delle vittime: “Senza intercettazioni il processo non sarebbe iniziato, non sapremmo cosa succedeva a Casale Monferrato, il disastro ambientale non sarebbe venuto alla luce”.Sono saliti sul palco anche gli addetti delle aziende in crisi. “Non molliamo, qualcuno sta dicendo che non siamo più all’Asinara, ma noi non ce ne andiamo”. Così Pietro Marongiu, operaio della Vinyls, che proviene dall’Isola dei cassintegrati. Una lavoratrice di Eutelia ha ricordato che sono in presidio a Montecitorio da tre settimane. Quindi un operatore dell’Insean, ente pubblico destinato alla chiusura con la manovra. Da loro è arrivato un appello all’esecutivo: si occupi di questi problemi drammatici, hanno detto, non della legge sulle intercettazioni.
Ma non c’è solo la stampa, sono tanti i bavagli che colpiscono la società italiana. Il costituzionalista Stefano Rodotà, ex garante della privacy, li ha spiegati con la consueta lucidità: “Oltre all’informazione, ci sono i magistrati, la cultura, anche il Parlamento. Vogliono mettere il bavaglio allo spirito critico, che fa paura a tutti i regimi autoritari”. Lo scrittore Roberto Saviano è salito sul palco rinnovando l’appello alla mobilitazione: “Resistere è una parola complicata, forse anche abusata. Resistere oggi significa sognare un paese diverso, l’Italia può crescere solo se riusciamo a sognarla”. E la resistenza passa dai giornali, come ha ricordato il rappresentante dell’Anpi: “Quando liberavano le città, per prima cosa i partigiani facevano un giornale”. Insomma, inizia un movimento che peserà: “Ci siamo riappropriati della Costituzione – così Rodotà -, ora la piazza può influire direttamente sull’agenda politica”.
di Emanuele Di Nicola
FONTE:
http://www.rassegna.it/
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