giovedì 17 giugno 2010

Spatuzza “Io vado avanti”

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Lettera alle procure, dopo il rifiuto del programma di protezione 


Palermo, 17.06.2010 | di Lorenzo Frigerio




Il pentito Spatuzza depone a Torino“Penso alla criminalità organizzata che sta brindando a questa vittoria ma penso anche che c’è una parte dello Stato di persone oneste e di buona volontà che sono disposte a portare avanti quel pezzo di verità che rappresento”. Fermato nero su bianco, lo “Spatuzza pensiero” è contenuto da ieri in una lettera indirizzata alla procura nazionale antimafia e alle tre procure che avevano richiesto per lui l’ammissione alle condizioni previste dal programma di protezione.
Risponde così, con una lettera alla notizia del rigetto della domanda da parte della Commissione del Ministero dell’interno e lo fa esprimendo tutto il suo sconcerto per la notizia che, sottolinea lo stesso Spatuzza, ha appreso dai mezzi di informazione, prima ancora che dagli organi competenti.
L’ex reggente della famiglia di Brancaccio, l’ex killer di fiducia dei fratelli Graviano, ammette la propria amarezza nella lettera indirizzata ai magistrati che stanno raccogliendo le sue dichiarazioni, anche se dice di avere ancora fiducia nelle istituzioni e chiede rassicurazioni per l’incolumità sua e dei suoi familiari, dichiarandosi “sempre a disposizione a portare avanti questa mia ammissione per poter dare quel pezzo di verità a tutte quelle persone oneste e di buona volontà”.
Spatuzza conferma così le parole del procuratore Lari, che nel commentare ieri la notizia della mancata ammissione al programma di protezione dello stesso, si era detto certo della volontà dell’ex killer di continuare, anche perché alla base della decisione di collaborare con la giustizia vi era una forte motivazione di carattere religioso, legato ad un effettivo pentimento maturato da quello che, un tempo, era uno degli uomini d’onore più temuto a Palermo proprio per la sua ferocia. Sicuramente vi è materia per l’intervento competente di un sacerdote e non per un magistrato, ma comunque questo fatto è l’ulteriore segnale di un cambiamento reale e non volto ad ottenere soltanto i benefici previsti dalla legge per chi salta la barricata e si consegna allo Stato.
Spatuzza torna nella lettera sulla circostanza che ha motivato la negata protezione, vale a dire le nuove dichiarazioni rese oltre il termine fissato dalla legge sui collaboratori, cioè i 180 giorni, per motivare in questo modo la sua scelta: “Ho sbagliato ma leggevo tutti i giorni gli attacchi della politica ai magistrati rossi se avessi fatto prima quei nomi con il cavolo che mi avrebbero dato il programma di protezione”.
Chiuso nel carcere di massima sicurezza, dove si trova in regime di isolamento, l’ex mafioso esprime le sue forti preoccupazioni, oltre che per il proprio futuro, soprattutto per i suoi familiari, in particolare la moglie e il figlio, che attualmente hanno preso le distanze da lui perché è diventato “un infame, uno sbirro”. La mancata ammissione al programma di protezione, infatti, impedisce del tutto le condizioni per una successiva riconciliazione e sembrano precludere a Spatuzza, che ha dimostrato anche recentemente di essere più turbato della reazione alle sue dichiarazioni che dal contenuto delle medesime, la speranza di potersi riconciliare, un giorno, con i propri affetti.
Ora resta da vedere cosa succederà nelle prossime settimane, una volta spenti i riflettori sulla vicenda. Sul piano amministrativo si annuncia un prevedibile ricorso contro il provvedimento della Commissione del Viminale e una conseguente battaglia legale per ottenere un esito contrario alla decisione, con lo scopo ulteriore di riaprire la discussione sull’ammissibilità o meno della concessione del programma di protezione per l’ex reggente della cosca di Brancaccio.


Sul piano giudiziario le procure interessate, cioè Caltanissetta, Firenze e Palermo hanno già fatto sapere di considerare altamente attendibile il contributo di Spatuzza ai fini dell’accertamento della verità sui due anni che insanguinarono la Sicilia e l’Italia e di valutare il procedimento amministrativo, volto all’inserimento dell’uomo nel programma di protezione, autonomo e non in grado di influenzare le risultanze processuali.
Ricordiamo che lo stesso Spatuzza ha già deposto al processo d’appello contro il senatore Dell’Utri, la cui sentenza è attesa per la fine del mese. Da quanto avverrà in quella sede si potrà avere una prima risposta sul campo in merito alla veridicità di quanto lo Spatuzza va affermando in questi ultimi mesi. Prevedibili, in caso di condanna, ulteriori polemiche politiche, attizzate come sempre dall’entourage del primo ministro e da Berlusconi in prima persona.
Spatuzza è  comunque determinato nel proseguire la collaborazione con la giustizia, tanto da fissare un punto di non ritorno nella missiva rivolta ai magistrati e da rispondere indirettamente anche alle preoccupate dichiarazioni di quanti vedono nel rigetto del Ministero dell’Interno un primo passo verso il suo isolamento, isolamento che potrebbe preludere anche ad una eliminazione fisica: “se ho dato un pezzo della mia Vita per il male sono ben disposto a perderla per il Bene”. Le maiuscole riportate sono nel testo e tradiscono inequivocabilmente il riferimento religioso del pentimento dell’ex uomo d’onore.
Spatuzza quindi va avanti. Se qualcuno pensava che per fermarlo sarebbe bastato un atto amministrativo ha forse fatto male i suoi calcoli. A quando la resa dei conti? 
fonte:




http://www.liberainformazione.org/




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