Fra le numerose notizie di questi giorni in molti tentano di cogliere se e quali siano le novità immediate per le persone con disabilità e loro familiari contenute nella cosiddetta Manovra-bis approvata dal Consiglio dei Ministri il 12 agosto e pubblicata in Gazzetta Ufficiale il giorno successivo (Decreto Legge 13 agosto 2011, n. 138).
Innanzitutto va detto che il Decreto si aggiunge alle misure già introdotte nella Manovra di Luglio (Legge 111 del 15 luglio). Inserisce nuove disposizioni di cui ampiamente la stampa sta offrendo una – più o meno – approfondita informazione: aumento della tassazione delle rendite finanziarie, privatizzazioni, tassazioni sui servizi di produzione e distribuzione energetiche, tagli dei cosiddetti costi della politica, incluse la riduzione del numero delle province e accorpamento dei piccoli comuni.
Ma gli aspetti che più peseranno sul sociale sono sostanzialmente due: le restrizioni agli enti locali e l'anticipo della riforma fiscale e assistenziale.
Gli enti localiIl primo risiede nei tagli, anche strutturali e quindi non di emergenza, dei bilanci delle autonomie locali. La misura era già prevista dalla Manovra di luglio, ma nel nuovo decreto il tagli imposti sono ancora più severi. In totale, già nel 2012 Regioni, Province e Comuni dovranno risparmiare 6 miliardi che diventeranno, 6,4 nel 2013, e 6,4 dal 2014 in poi. Per l'esattezza 3,6 dovranno essere recuperati dalle Regioni, 1,7 miliardi dai Comuni (2 miliardi dal 2013) e 700 milioni dalle Province (800 dal 2013 in poi). Il meccanismo è quello del patto di stabilità fra Stato e Autonomie locali cioè un assieme di regole che impedisce agli enti locali di gestire i propri bilanci oltre certi limiti (qualitativi e quantitativi di spesa).
Una restrizione di tale entità incide profondamente nei servizi erogati ai cittadini, in particolare il trasporto pubblico, l'assistenza sociale (cioè i servizi sociali a bambini, disabili, anziani) e, ancora una volta, sulla sanità oltre che su molti altri servizi che oggi vengono garantiti ai cittadini.
Ovviamente agli enti locali rimangono tre possibilità: diminuire la quantità e la qualità dei servizi; aumentare la partecipazione alla spesa da parte dei cittadini, oppure aumentare le imposte locali.
Contestualmente nel nuovo Decreto, aumentano anche i tagli ai Ministeri già previsti dalla Manovra di luglio. La somma totale dovrebbe essere di 7,4 miliardi che un successivo decreto stabilirà come suddividere fra i diversi dicasteri.
Nella conferenza stampa di presentazione del Decreto e in successive dichiarazioni, il Ministro dell'Economia ha assicurato che i tagli non riguarderanno la scuola, la ricerca e il 5 per mille, cioè quella parte di prelievo fiscale che ogni contribuente può destinare alle ONLUS o alle Fondazioni di ricerca ed altri soggetti non lucrativi.
Anche in questo caso, 7,4 miliardi di euro sono una cifra ingentissima e difficile da assorbire per qualunque Ministero.
La riforma fiscale e assistenzialeLa Manovra di luglio, all'articolo 40, individua le modalità per recuperare alle casse dell'erario 24 miliardi: 4 miliardi nel 2013 e 20 miliardi nel 2014. Il Decreto di ferragosto, non fa altro che anticipare quelle misure al 2012 e al 2014.
Sembra un'operazione semplice, se non si ricorda quali sono i meccanismi di questo recupero.
L'articolo 40 del Decreto di luglio prevede un taglio lineare della quasi totalità delle agevolazioni fiscali per la maggioranza dei contribuenti. Per l’esattezza la diminuzione sarà pari al 5% dal 2013 (ora è diventato il 2012) e al 20% nel 2014 (ora, 2013).
Come funziona? Se fino ad oggi, ad esempio, si detraevano 1000 euro di spese sanitarie, dal 2012 se ne detrarranno il 5% quindi 950 e 800 nel 2013. Se sembra poco, va rammentato che quel taglio riguarda anche altre detrazioni, come quelli per i carichi di famiglia, o per il mutuo per la prima casa, o per la bandante/colf o per gli ausili, per i veicoli adattati … oppure le detrazioni per lavoro dipendente.
Come abbiamo già avuto modo di scrivere, riteniamo che questo intervento fiscale colpisca ancora di più i nuclei in cui è presente una persona disabile, o un anziano non autofficiente, poiché le spese detraibili (che spesso comunque contribuiscono ad impoverire la famiglia) sono mediamente più onerose.
Un caso di evidente ulteriore pressione è riconducibile alle minori deduzioni per l’assistenza specifica in caso di grave handicap. Queste operano sul reddito imponibile, abbassandolo, diversamente dalle detrazioni che invece abbassano percentualmente l’imposta. In futuro, quando quelle deduzioni saranno possibili solo riducendole del 20%, il rischio è che il reddito lordo superi determinate soglie e quindi venga tassato con un’aliquota superiore che in precedenza.
La delega
La Manovra – come rivista solo per quanto riguarda le date dalla Decreto di ferragosto - sembra lasciare uno spiraglio, ma in realtà non lo è. L’articolo 40 precisa che queste restrizioni non si applicano “qualora entro il 30 settembre 2012 siano adottati provvedimenti legislativi in materia fiscale ed assistenziale aventi ad oggetto il riordino della spesa in materia sociale, nonché la eliminazione o riduzione dei regimi di esenzione, esclusione e favore fiscale che si sovrappongono alle prestazioni assistenziali, tali da determinare effetti positivi, ai fini dell’indebitamento netto, non inferiori a 4.000 milioni di euro per l’anno 2012 ed a 20.000 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2013.”
Nella sostanza: o si taglia sull’assistenza e in generale sulla spesa sociale per 24 miliardi, o vengono applicati quelle riduzioni nelle agevolazioni fiscali.
Il Decreto ha introdotto la possibilità, alternativa o aggiuntiva, per il Governo di rimodulare le anche le imposte indirette (tradotto: IVA, Imposte di bollo, Tasse di successione ecc.). Ma il fulcro di questa operazione rimane la spesa sociale.
Diviene, quindi, centrale l’approvazione della legge delega sulla riforma del fisco e dell’assistenza, ma con queste premesse anche l’attesa “riforma” ha tutte le premesse per rivelarsi molto rischiosa per le persone anziane o con disabilità.
Si noti quella frase citata poco sopra: “eliminazione o riduzione dei regimi di esenzione, esclusione e favore fiscale che si sovrappongono alle prestazioni assistenziali”. Che significa “si sovrappongono”? Il fatto stesso che ci si possa porre questa domanda significa che c’è ampio margine di discrezionalità per poter decidere – in un domani molto vicino – che chi accede a prestazioni sociali o sanitarie agevolate non abbia più diritto ad agevolazioni fiscali. Si potrebbe arrivare a sostenere che, per un figlio che percepisce l’indennità di accompagnamento o di frequenza, non si ha diritto alla detrazione per figli a carico, oppure se si ottiene un assegno di cura o per la vita indipendente non si può più detrarre/dedurre gli oneri relativi ad una badante.
Ma la delega che cosa prevederà? Il Governo ha già presentato la bozza di legge delega e presto – molto presto – arriverà alla discussione in Parlamento.
Che cosa ci dobbiamo aspettare?
Le aspettative le traiamo dalla lettura della bozza di legge delega già approvata dal Consiglio dei Ministri nel luglio scorso e in attesa di approdare alle Camere. Qui la discussione sarà condizionata dal clima attuale.
Come tutte le leggi di delega, anche in questo testo sono indicati i principi generali e gli ambiti su cui il Governo è autorizzato, successivamente, a legiferare con propri decreti legislativi.
L'articolo 10 del disegno di legge riguarda appunto la riforma assistenziale.
Il titolo stesso dell’unico articolo che riguarda la “riforma assistenziale” fa comprendere che non si tratta di una profonda ristrutturazione del comparto quanto piuttosto di Interventi di riqualificazione e riordino della spesa in materia sociale. Cioè spendere meno.
Le linee di azione sono rilevanti per moltissimi Cittadini, per molte Amministrazioni locali e per un numero potenzialmente significativo di Associazioni di volontariato chiamate a gestire alcuni servizi.
I decreti legislativi del Governo – che ha tempo due anni per emanarli – saranno finalizzati «alla riqualificazione e integrazione delle prestazioni socio assistenziali in favore dei soggetti autenticamente bisognosi, al trasferimento ai livelli di governo più prossimi ai cittadini delle funzioni compatibili con i principi di efficacia e adeguatezza, alla promozione dell’offerta sussidiaria di servizi da parte delle famiglie e delle organizzazioni con finalità sociali».
Su questi principi generalissimi, che vedono una restituzione ai Comuni di alcune competenze e un coinvolgimento del no-profit, il disegno di legge individua una serie di criteri direttivi.
Indicatore del bisogno
I termini “autenticamente bisognosi” usati nel testo sono tutt’altro che casuali. Come ha avuto modo di anticipare il Ministro Tremonti, si intende definire ed adottare uno specifico “indicatore di bisogno” ai fini della concessione di prestazioni e provvidenze assistenziali. Il titolare del Ministero dell’Economia si è spinto più in là: «Crediamo che l’indicatore adottato dal Trentino sia uno strumento condivisibile».
Ma di che parla Tremonti? Per sommi capi, nel Trentino il bisogno, o meglio il bisogno assistenziale, viene valutato ai fini della concessione dell’assegno di cura, una provvidenza aggiuntiva all’indennità di accompagnamento (Legge provinciale n. 6/1998), introdotta per sostenere l’assistenza e la cura delle persone non autosufficienti favorendo il loro permanere nel rispettivo ambiente familiare e sociale.
La misura dell’assegno varia a seconda di due variabili: il grado del bisogno assistenziale rilevato e la condizione economica del nucleo familiare.
Il bisogno assistenziale viene rilevato – in modo differenziato a seconda che l’interessato sia minore, adulto o ultrasessantacinquenne – utilizzando specifiche scale di valutazione (fra cui Indice di Barthel, ADL, cioè la capacità di svolgere specifici atti quotidiani elementari). In particolare, negli adulti e negli anziani vengono valutate le funzioni cerebrali superiori, la mobilità della persona e la capacità della persona di svolgere le attività quotidiane della vita.
Quindi i tratti essenziali del quadro futuro potrebbero essere tre: valutazione precedente dell’invalidità civile e riconoscimento dei requisiti per la concessione dell’indennità di accompagnamento; valutazione (e misurazione) del bisogno assistenziale; valutazione della situazione economica del nucleo familiare.
Va detto, non come mera digressione, che la Provincia Autonoma di Trento ha anche adottato un proprio indicatore della situazione economica (diverso dall’ISEE adottato nel resto del Paese).
ISEE
E tornando alle indicazioni del disegno di legge di delega, il primo criterio di riforma risiede proprio nella revisione dell’ISEE (l’Indicatore di Situazione Economica Equivalente), con particolare attenzione alla composizione del nucleo familiare. Va rammentato che l’ISEE già considera la composizione del nucleo familiare e che alcuni quozienti sono già applicati se sono presenti minori, disabili o anziani. Inoltre, oltre al reddito del nucleo, tiene in considerazione, pur al di sopra di determinate franchigie, la casa di abitazione e il patrimonio mobiliare (titoli, risparmi ecc.).
È, quindi, difficile intuire quali siano le reali intenzioni del Governo: se far pesare di più determinate situazioni di potenziale disagio, oppure attribuirvi un peso inferiore. Oppure far pesare di più i redditi e il patrimonio. Inoltre va rammentato che abitualmente l’ISEE viene applicato quando si richiedono prestazioni sociali agevolate: è cioè uno strumento usato per definire la partecipazione alla spesa e che gli enti erogatori possono modificare nell’incidenza dei singoli indicatori. L’attenzione prioritaria all’ISEE significa che si intende conferire una maggiore efficacia agli strumenti per la partecipazione alla spesa e renderli più stringenti anche per gli Enti locali.
Ed infatti il secondo criterio indicato prevede il riordino dei criteri, inclusi quelli relativi alla invalidità e alla reversibilità, dei requisiti reddituali e patrimoniali, nonché delle relative situazioni a carattere personale e familiare per l’accesso alle prestazioni socio assistenziali. Si noti che non solo si fa riferimento al reddito ma addirittura al patrimonio (es. abitazione, risparmi ecc.).
Armonizzazione
Il terzo criterio è un “classico” delle leggi di delega: l’armonizzazione. In questo caso ad essere armonizzati sono i«diversi strumenti previdenziali, assistenziali e fiscali di sostegno alle condizioni di bisogno». Essendo il concetto di “armonia” piuttosto fluttuante, questo genere di delega consente spesso al Legislatore di abrogare o introdurre disposizioni al di là degli intenti originari, con largo margine di discrezionalità.
Il disegno di legge sostiene la necessità di armonizzare al fine di «evitare duplicazioni e sovrapposizioni»; «favorire una adeguata responsabilizzazione sull’utilizzo e sul controllo delle risorse da parte dei livelli di governo coinvolti anche, ove possibile e opportuno, con meccanismi inerenti al federalismo fiscale». Ed infine, come ultima motivazione, un altro “classico”: l’integrazione dei servizi sanitari, socio sanitari e assistenziali, refrain che ritorna nella normativa di settore da almeno vent’anni.
Indennità di accompagnamento
Un quarto criterio è quanto mai ambiguo: «istituzione per l’indennità di accompagnamento di un fondo per l’indennità sussidiaria alla non-autosufficienza». Non si comprende se tale indennità sussidiaria alla non-autosufficienza sarà integrativa dell’indennità di accompagnamento oppure se la sostituirà e come. Quello che segue nel testo del disegno di legge non aiuta a disvelare l’arcano.
Il Fondo sarà ripartito tra le Regioni, «in base a standard afferenti alla popolazione residente e al tasso di invecchiamento della stessa, nonché a fattori ambientali specifici». È forse una misura a favore della popolazione anziana non autosufficiente?
A questa «indennità sussidiaria alla non-autosufficienza» vengono poi attribuiti dei compiti “salvifici”: favorire l’integrazione e la razionalizzazione di prestazioni sanitarie, socio sanitarie e sociali (ancora); favorire la libertà di scelta dell’utente; diffondere l’assistenza domiciliare; finanziare prioritariamente le iniziative e gli interventi sociali attuati sussidiariamente via volontariato, no-profit, Onlus, cooperative e imprese sociali, quali organizzazioni con finalità sociali.
Certamente non va ignorato che anche queste indennità saranno concesse agli “autenticamente bisognosi”, e quindi si apre concretamente l'ipotesi che l'erogazione dell'indennità di accompagnamento – comunque denominata – sia legata al reddito.
La carta acquisti
La carta acquisti, “soluzione” cara a questo Governo ma sinora un po’ debole in quanto ad effetti positivi, è il quinto criterio. L’intero sistema sarà trasferito ai Comuni singoli e associati, senza una previsione di maggiore spesa. Anzi, lo scopo è di «integrare le risorse pubbliche con la diffusa raccolta di erogazioni e benefici a carattere liberale, di affidare alle organizzazioni non profittevoli la gestione della carta acquisti attraverso le proprie reti relazionali».
Il modello è quello dell’assistenza caritatevole, di cui lo Stato si libera delegandola al privato sociale, senza attribuire risorse certe.
INPS
Un ultimo caposaldo della riforma assistenziale: nuove competenze per l’INPS.
All’Istituto verrà attribuita (anche) la competenza relativa all’erogazione delle prestazioni assistenziali quando assumono il carattere di contributo monetario diretto, in coordinamento con Regioni ed Enti locali.
E, sempre all’INPS, verrà attribuito il compito di “schedatura” o, più precisamente, di organizzazione del «fascicolo elettronico della persona e della famiglia attraverso la realizzazione di un’anagrafe generale delle posizioni assistenziali, condivisa tra le amministrazioni centrali dello Stato, gli enti pubblici di previdenza e assistenza, le Regioni e gli Enti Locali, al fine di monitorare lo stato di bisogno e il complesso delle prestazioni di tutte le amministrazioni pubbliche».
Tutto lascia presagire un autunno denso di discussioni, mobilitazioni e novità che non si profilano come le migliori
0 commenti:
Posta un commento