L’unico libro scientifico sugli usi medici della Cannabis finora pubblicato in Italia è a cura della stessa ACT: “Erba medica. Usi terapeutici della Cannabis”
a cura del Dott. Claudio Cappuccino.
INDIA
La Cannabis è citata come “rimedio” nei più antichi testi medici Ayurvedici. L’uso nella medicina tradizionale sembra risalire al II millennio a.C.
CINA
I sec. d.C. La canapa è citata nella più antica farmacopea, il Pen Ts’ao, come utile per "disordini femminili, gotta, reumatismo, malaria, stipsi e debolezza mentale". Tradizionalmente si sostiene che i testi di questo libro risalgono al III millennio a.C.
ROMA
I sec. d.C. Dioscoride (“Materia Medica”) la ritiene utile per mal d’orecchi, edemi, itterizia e altri disturbi.
II sec. d.C. Galeno la raccomanda contro le flatulenze, il mal d’orecchi e il dolore in genere. Usata in eccesso “colpisce la testa, immettendovi vapori caldi e intossicanti”.
LA (RI)SCOPERTA MODERNA
1621 Robert Burton (“Anatomia della melanconia”) riferisce la possibile utilità della Cannabis in quella che oggi chiamiamo “depressione”.
1682 Secondo il New London Dispensatory “cura la tosse e l’itterizia ma riempie la testa di vapori”.
1764 New English Dispensatory: far bollire le radici della canapa e applicare il decotto sulla pelle per ridurre le infiammazioni, nonché per “disseccare i tumori” e per sciogliere i “depositi nelle articolazioni”.
1839 William B. O’Shaughnessy, medico inglese trapiantato in India, pubblica un articolo sugli usi medici in quel paese: “On the preparations of the Indian Hemp, or Gunjah”. Riferisce dettagliatamente sull’uso di cannabis nelle seguenti condizioni: reumatismo acuto e cronico, idrofobia, colera, tetano e convulsioni infantili. Dopo un cenno al “delirio” causato dall’intossicazione cronica, riporta i metodi per preparare l’estratto e la tintura di “gunjah”, e i dosaggi consigliati nei vari casi.
1845 Lo psichiatra francese J.-J. Moreau de Tours pubblica “Du hachisch et de l’alienation mentale” e considera la Cannabis come strumento di indagine della mente, e come farmaco efficace in varie malattie mentali.
LA CANNABIS IN FARMACIA
1854 La Cannabis è inclusa per la prima volta nello U. S. Dispensatory: “potente narcotico (...) Si dice che agisca anche come deciso afrodisiaco, che stimoli l’appetito e che occasionalmente induca uno stato di catalessi. (...) produce il sonno, allevia gli spasmi, calma l’irrequietezza nervosa, allevia il dolore. (...) [come analgesico] differisce dall’oppio perché non diminuisce l’appetito, non riduce le secrezioni e non provoca stitichezza. I disturbi per i quali è stata specialmente raccomandata sono le nevralgie, la gotta, il tetano, l’idrofobia, il colera epidemico, le convulsioni, la corea, l’isteria, la depressione mentale, la pazzia, e le emorragie uterine”.
1860 L’Associazione medica dell’Ohio nomina un “Comitato sulla cannabis indica”. La Cannabis è dichiarata utile per: tetano, nevralgie, emorragie post-partum, dolore del parto, dismenorrea, convulsioni, dolori reumatici, asma, psicosi post-partum, tosse cronica, gonorrea, bronchite cronica, dolori gastrici. Inoltre è raccomandata come sonnifero e come farmaco capace di stimolare l’appetito nell'A.I.D.S.
1886 H. C. J. Wood (“Treatise on Therapeutics”): la Cannabis è “usata soprattutto per il sollievo dal dolore; (...) per calmare stati di irrequietezza e malessere generale; per alleviare le sofferenze in malattie incurabili, come la tisi all’ultimo stadio; e infine come blando sonnifero”.
1887 H. A. Hare (“Therapeutic Gazette”): la Cannabis è soprattutto utile come analgesico, paragonabile per efficacia all’oppio, e in particolare nell’emicrania, anche in casi altrimenti intrattabili, in cui agisce anche come profilattico; nelle nevralgie; nella tosse irritativa; nonché come tranquillante-analgesico nei malati di tisi. Inoltre, sarebbe anche un efficace anestetico locale, particolarmente in odontoiatria.
1887 The Lancet raccomanda l’uso di canapa indiana “notte e giorno, e continuato per un certo tempo” come “il miglior rimedio disponibile nel trattamento della cefalea persistente”.
1890 J.R. Reynolds (“The Lancet”) riassume 30 anni di esperienza con la cannabis, e la ritiene “incomparabile” per efficacia nell’insonnia senile; utile come analgesico nelle nevralgie, inclusa quella del trigemino (tic douloureux), nella tabe, nell’emicrania e nella dismenorrea (ma non nella sciatica, nella lombaggine e in genere nell’artrite, come nella gotta e nei “dolori isterici”); molto efficace negli spasmi muscolari di natura sia epilettoide che coreica (ma non nella vera epilessia); e invece di incerto valore nell’asma, nella depressione e nel delirio alcolico.
1900 In Italia sono previsti dalla Farmacopea Ufficiale (F.U.) sia l'estratto che la tintura di Cannabis indica.
1915 P.E. Alessandri (“Droghe e piante medicinali”): la Canapa indiana "usasi nel tetano, nelle nevralgie, isterismo, emicrania, reumatismo, corea, asma, e in molte altre malattie non escluso il cholera, dando però quasi sempre resultati contraddittori".
1916 William Osler (“The principles and practice of medicine”): la Cannabis è “probabilmente il rimedio più soddisfacente” per l’emicrania
1949 P. Mascherpa (“Trattato di farmacologia e farmacognosia”). Si tratta di "un medicamento cerebrale e precisamente un analgesico analogo all'oppio e alla morfina", che può avere più o meno gli stessi usi di questi. Però la farmacologia della cannabis è "poco conosciuta", e il suo uso per varie ragioni "piuttosto limitato".
GRANDI PASSI AVANTI
1964 Gaoni e Mechoulam isolano il delta-9-tetraidrocannabinolo (THC), il più importante principio attivo della Cannabis. In seguito si scoprirà che la Cannabis contiene oltre 60 cannabinoidi, tra cui particolarmente interessante appare il cannabidiolo (CBD), non direttamente psicoattivo ma capace di prolungare e modulare l’attività del THC.
1986 Howlett ipotizza che il THC agisca tramite un recettore di membrana basato sulla proteina G, meccanismo simile a quello degli oppioidi.
1990 Matsuda isola e clona il recettore (accoppiato a proteina G come previsto) dalla corteccia cerebrale del ratto. Il legame con THC attiva la adenilciclasi, inibisce i canali del calcio e facilita quelli del potassio. Successivamente verranno riconosciuti due sottogruppi di recettori, CB1 e CB2.
1992 Devane isola dal cervello del maiale il primo “endocannabinoide” e lo chiama anandamide.
1995 Viene identificato un secondo endocannabinoide, detto in sigla 2-AG, e poi un terzo, chiamato “noladin”.
2000 Si scopre che THC e anandamide attivano soprattutto i recettori CB1, mentre 2-AG e CBD sono attivi a livello di entrambi i recettori, ma soprattutto dei CB2.
ULTIMI SVILUPPI
Da questo momento in poi gli studi sul sistema endocannabinoide, si può dire, “prendono il volo”, e diventano un campo di prima importanza nella ricerca bio-medica. Invece, continuano a mancare, per le difficoltà di finanziamento e di approvvigionamento che scoraggiano i ricercatori, studi clinici importanti sugli usi specificamente terapeutici della Cannabis, dei cannabinoidi e degli analoghi sintetici dei cannabinoidi. Analoghi del THC, come il Marinol e il Nabilone (o Cesamet), sono da tempo sul mercato rispettivamente negli Stati Uniti e in Inghilterra, per il trattamento di nausea e vomito nelle chemioterapie antitumorali e per il trattamento della “sindrome da deperimento” nelle fasi di AIDS avanzato. Il Sativex, uno spray sublinguale a base di un estratto totale di Cannabis a contenuto controllato di THC e CBD fatica molto a superare i test richiesti per l’immissione in commercio, ed è attualmente approvato solo in Canada per l’uso nel dolore neuropatico in malati di sclerosi multipla e per il dolore da cancro. In Inghilterra sono in corso gli ultimi studi che dovrebbero portare all’approvazione del Sativex per la spasticità muscolare da sclerosi multipla. In Olanda, sono stati approvati e sono commercializzati attraverso il Ministero della Salute diversi preparati a base di Cannabis grezza di qualità farmaceutica (Bedrocan, Bedrobinol, Bediol). In vari paesi, tra cui l’Italia, sono in corso studi clinici sia sulla sclerosi multipla che sulla terapia del dolore.
Per ulteriori notizie sui possibili usi medici di Cannabis, cannabinoidi e analoghi, e per un aggiornamento sulla situazione “farmaci” e sulle modalità di prescrizione e importazione legale in Italia dei farmaci disponibili all’estero, si veda il sito
CINA
I sec. d.C. La canapa è citata nella più antica farmacopea, il Pen Ts’ao, come utile per "disordini femminili, gotta, reumatismo, malaria, stipsi e debolezza mentale". Tradizionalmente si sostiene che i testi di questo libro risalgono al III millennio a.C.
ROMA
I sec. d.C. Dioscoride (“Materia Medica”) la ritiene utile per mal d’orecchi, edemi, itterizia e altri disturbi.
II sec. d.C. Galeno la raccomanda contro le flatulenze, il mal d’orecchi e il dolore in genere. Usata in eccesso “colpisce la testa, immettendovi vapori caldi e intossicanti”.
LA (RI)SCOPERTA MODERNA
1621 Robert Burton (“Anatomia della melanconia”) riferisce la possibile utilità della Cannabis in quella che oggi chiamiamo “depressione”.
1682 Secondo il New London Dispensatory “cura la tosse e l’itterizia ma riempie la testa di vapori”.
1764 New English Dispensatory: far bollire le radici della canapa e applicare il decotto sulla pelle per ridurre le infiammazioni, nonché per “disseccare i tumori” e per sciogliere i “depositi nelle articolazioni”.
1839 William B. O’Shaughnessy, medico inglese trapiantato in India, pubblica un articolo sugli usi medici in quel paese: “On the preparations of the Indian Hemp, or Gunjah”. Riferisce dettagliatamente sull’uso di cannabis nelle seguenti condizioni: reumatismo acuto e cronico, idrofobia, colera, tetano e convulsioni infantili. Dopo un cenno al “delirio” causato dall’intossicazione cronica, riporta i metodi per preparare l’estratto e la tintura di “gunjah”, e i dosaggi consigliati nei vari casi.
1845 Lo psichiatra francese J.-J. Moreau de Tours pubblica “Du hachisch et de l’alienation mentale” e considera la Cannabis come strumento di indagine della mente, e come farmaco efficace in varie malattie mentali.
LA CANNABIS IN FARMACIA
1854 La Cannabis è inclusa per la prima volta nello U. S. Dispensatory: “potente narcotico (...) Si dice che agisca anche come deciso afrodisiaco, che stimoli l’appetito e che occasionalmente induca uno stato di catalessi. (...) produce il sonno, allevia gli spasmi, calma l’irrequietezza nervosa, allevia il dolore. (...) [come analgesico] differisce dall’oppio perché non diminuisce l’appetito, non riduce le secrezioni e non provoca stitichezza. I disturbi per i quali è stata specialmente raccomandata sono le nevralgie, la gotta, il tetano, l’idrofobia, il colera epidemico, le convulsioni, la corea, l’isteria, la depressione mentale, la pazzia, e le emorragie uterine”.
1860 L’Associazione medica dell’Ohio nomina un “Comitato sulla cannabis indica”. La Cannabis è dichiarata utile per: tetano, nevralgie, emorragie post-partum, dolore del parto, dismenorrea, convulsioni, dolori reumatici, asma, psicosi post-partum, tosse cronica, gonorrea, bronchite cronica, dolori gastrici. Inoltre è raccomandata come sonnifero e come farmaco capace di stimolare l’appetito nell'A.I.D.S.
1886 H. C. J. Wood (“Treatise on Therapeutics”): la Cannabis è “usata soprattutto per il sollievo dal dolore; (...) per calmare stati di irrequietezza e malessere generale; per alleviare le sofferenze in malattie incurabili, come la tisi all’ultimo stadio; e infine come blando sonnifero”.
1887 H. A. Hare (“Therapeutic Gazette”): la Cannabis è soprattutto utile come analgesico, paragonabile per efficacia all’oppio, e in particolare nell’emicrania, anche in casi altrimenti intrattabili, in cui agisce anche come profilattico; nelle nevralgie; nella tosse irritativa; nonché come tranquillante-analgesico nei malati di tisi. Inoltre, sarebbe anche un efficace anestetico locale, particolarmente in odontoiatria.
1887 The Lancet raccomanda l’uso di canapa indiana “notte e giorno, e continuato per un certo tempo” come “il miglior rimedio disponibile nel trattamento della cefalea persistente”.
1890 J.R. Reynolds (“The Lancet”) riassume 30 anni di esperienza con la cannabis, e la ritiene “incomparabile” per efficacia nell’insonnia senile; utile come analgesico nelle nevralgie, inclusa quella del trigemino (tic douloureux), nella tabe, nell’emicrania e nella dismenorrea (ma non nella sciatica, nella lombaggine e in genere nell’artrite, come nella gotta e nei “dolori isterici”); molto efficace negli spasmi muscolari di natura sia epilettoide che coreica (ma non nella vera epilessia); e invece di incerto valore nell’asma, nella depressione e nel delirio alcolico.
1900 In Italia sono previsti dalla Farmacopea Ufficiale (F.U.) sia l'estratto che la tintura di Cannabis indica.
1915 P.E. Alessandri (“Droghe e piante medicinali”): la Canapa indiana "usasi nel tetano, nelle nevralgie, isterismo, emicrania, reumatismo, corea, asma, e in molte altre malattie non escluso il cholera, dando però quasi sempre resultati contraddittori".
1916 William Osler (“The principles and practice of medicine”): la Cannabis è “probabilmente il rimedio più soddisfacente” per l’emicrania
1949 P. Mascherpa (“Trattato di farmacologia e farmacognosia”). Si tratta di "un medicamento cerebrale e precisamente un analgesico analogo all'oppio e alla morfina", che può avere più o meno gli stessi usi di questi. Però la farmacologia della cannabis è "poco conosciuta", e il suo uso per varie ragioni "piuttosto limitato".
GRANDI PASSI AVANTI
1964 Gaoni e Mechoulam isolano il delta-9-tetraidrocannabinolo (THC), il più importante principio attivo della Cannabis. In seguito si scoprirà che la Cannabis contiene oltre 60 cannabinoidi, tra cui particolarmente interessante appare il cannabidiolo (CBD), non direttamente psicoattivo ma capace di prolungare e modulare l’attività del THC.
1986 Howlett ipotizza che il THC agisca tramite un recettore di membrana basato sulla proteina G, meccanismo simile a quello degli oppioidi.
1990 Matsuda isola e clona il recettore (accoppiato a proteina G come previsto) dalla corteccia cerebrale del ratto. Il legame con THC attiva la adenilciclasi, inibisce i canali del calcio e facilita quelli del potassio. Successivamente verranno riconosciuti due sottogruppi di recettori, CB1 e CB2.
1992 Devane isola dal cervello del maiale il primo “endocannabinoide” e lo chiama anandamide.
1995 Viene identificato un secondo endocannabinoide, detto in sigla 2-AG, e poi un terzo, chiamato “noladin”.
2000 Si scopre che THC e anandamide attivano soprattutto i recettori CB1, mentre 2-AG e CBD sono attivi a livello di entrambi i recettori, ma soprattutto dei CB2.
ULTIMI SVILUPPI
Da questo momento in poi gli studi sul sistema endocannabinoide, si può dire, “prendono il volo”, e diventano un campo di prima importanza nella ricerca bio-medica. Invece, continuano a mancare, per le difficoltà di finanziamento e di approvvigionamento che scoraggiano i ricercatori, studi clinici importanti sugli usi specificamente terapeutici della Cannabis, dei cannabinoidi e degli analoghi sintetici dei cannabinoidi. Analoghi del THC, come il Marinol e il Nabilone (o Cesamet), sono da tempo sul mercato rispettivamente negli Stati Uniti e in Inghilterra, per il trattamento di nausea e vomito nelle chemioterapie antitumorali e per il trattamento della “sindrome da deperimento” nelle fasi di AIDS avanzato. Il Sativex, uno spray sublinguale a base di un estratto totale di Cannabis a contenuto controllato di THC e CBD fatica molto a superare i test richiesti per l’immissione in commercio, ed è attualmente approvato solo in Canada per l’uso nel dolore neuropatico in malati di sclerosi multipla e per il dolore da cancro. In Inghilterra sono in corso gli ultimi studi che dovrebbero portare all’approvazione del Sativex per la spasticità muscolare da sclerosi multipla. In Olanda, sono stati approvati e sono commercializzati attraverso il Ministero della Salute diversi preparati a base di Cannabis grezza di qualità farmaceutica (Bedrocan, Bedrobinol, Bediol). In vari paesi, tra cui l’Italia, sono in corso studi clinici sia sulla sclerosi multipla che sulla terapia del dolore.
Per ulteriori notizie sui possibili usi medici di Cannabis, cannabinoidi e analoghi, e per un aggiornamento sulla situazione “farmaci” e sulle modalità di prescrizione e importazione legale in Italia dei farmaci disponibili all’estero, si veda il sito
Associazione Cannabis Terapeutica (ACT),
fonte dell'articolo di LUNEDÌ 06 APRILE 2009 : http://www.reportonline.it/
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