Uno studio presentato dall'Isfol mostra come cambi radicalmente la vita delle famiglie all'insorgere di una malattia rara. Gli impegni di assistenza compromettono il lavoro ed erodono il reddito, soprattutto se ad ammalarsi è un bambino
di Gliitaliani.it
Assistere un malato raro cambia radicalmente la vita delle famiglie e le espone al rischio di povertà. Lo dimostra uno Studio pilota, presentato oggi dall'Isfol nel corso del Convegno nazionale "Costi sociali e bisogni assistenziali nelle Malattie Rare", tenutosi presso il Centro Congressi Roma Eventi. Lo studio è condotto dall'Istituto per gli Affari Sociali (Ias), in collaborazione con la Federazione Italiana Malattie Rare Uniamo-Fimr Onlus, Orphanet-Italia e Farmindustria, per rilevare i bisogni assistenziali, i costi sociali ed economici di questi malati e delle loro famiglie per contribuire a specifiche misure di sostegno.
Dal Rapporto di ricerca, che analizza seicento questionari distribuiti ad undici Associazioni di Malattie Rare e alla Fondazione I.R.C.C.S. Istituto Neurologico "Carlo Besta", emerge che le famiglie che assistono un malato raro hanno bisogno di sostegno, poiché affrontano quotidianamente problematiche multifattoriali: alcune sono direttamente legate alla patologia, come la necessità di affrontare le cure; altre derivano dall'aggravamento delle condizioni professionali ed economiche.
Ad esempio, far fronte agli impegni di assistenza di un malato raro per la famiglia può comportare limitazioni nell'ambito lavorativo: l'evento della malattia incide nel 90% dei casi in modo negativo sull'attività del padre o della madre. Questo è soprattutto rilevante quando si tratta di pazienti pediatrici. Quelli considerati nello studio sono in totale 189: dai dati è emerso che in 74 famiglie di pazienti pediatrici (pari al 39% dei casi) entrambi i genitori sono costretti a limitare e/o interrompere la propria attività lavorativa per le necessità dettate dalla patologia del figlio. Ecco che per le famiglie è quindi necessario ricorrere al sostegno esterno: il 37% dichiara di aver bisogno di aiuti non finanziari.
L'aiuto si renderebbe necessario, ad esempio, per l'accesso ai centri clinici di riferimento: nell'83% dei casi, i pazienti devono raggiungerli effettuando spostamenti più o meno lunghi, poiché solo il 17% ha il centro clinico nella propria città di residenza (il 40% deve spostarsi in un'altra regione). Questo implica la necessità di affrontare spese di viaggio, talvolta di pernottamento, nonché investimenti in termini temporali. Senza contare poi, si legge nello studio, che, nonostante gli impegni portati avanti in questi anni a livello di Ssn nella costituzione di una rete di centri clinici specializzati, e nonostante l'importante azione di informazione ed orientamento da parte delle Associazioni, esiste ancora un 9% tra i rispondenti che non ha individuato un centro clinico di riferimento e un 20% che non ha alcun referente territoriale.
Però, tra coloro che si rivolgono al referente territoriale (medico di famiglia, psicologo, Associazione), il 92% dichiara un livello di soddisfazione sufficiente o più che sufficiente, in quanto questo soggetto offre al paziente un sostegno immediato e facilmente accessibile nelle difficoltà quotidiane. Il suo servizio, seppur legato a competenze meno specialistiche rispetto a quelle del centro clinico di riferimento, è particolarmente importante per il paziente e i suoi famigliari. Nonostante questo, le famiglie si trovano spesso da sole di fronte ad un carico assistenziale gravoso e costante, cui si sommano anche consistenti impegni economici.
Dall'indagine emerge che le famiglie sotto la soglia di povertà sono più numerose della media italiana stimata dall'Istat nel 2009; se a queste si aggiungono le famiglie che possono essere considerate a forte rischio di povertà, si arriva ad una percentuale del 35%. Dopo il 2001 – anno della normativa sull'esenzione per le Malattie Rare – la situazione è migliorata soprattutto per le spese che si rendono necessarie a pervenire alla diagnosi, mentre tale normativa non ha modificato in maniera così rilevante i costi relativi all'assistenza e alla cura. Una volta ottenuta la diagnosi, infatti, una famiglia su quattro delle rispondenti spende più di 500 euro mensili (in alcuni casi oltre 2.000) per la cura e l'assistenza richieste dalla patologia. In alcune situazioni il carico economico porta ad indebitarsi: almeno il 20% di queste famiglie ha avuto bisogno di un aiuto finanziario, che per più della metà dei rispondenti è stato offerto dai parenti. Le misure di sostegno si rivelano quindi di notevole importanza per queste famiglie.
"Questo studio ha evidenziato molte criticità attorno al tema delle Malattie Rare, in parte già documentate da altri studi effettuati in Europa, come quello promosso dalla Federazione delle associazioni dei malati rari (EURORDIS) un paio di anni fa", ha sottolineato Bruno Dallapiccola, coordinatore del progetto Orphanet-Italia e direttore scientifico dell'Ospedale "Bambino Gesu" di Roma. "Nello specifico questa indagine ha fotografato alcune delle più significative problematiche sociali che sono costretti ad affrontare i malati rari e le loro famiglie, ponendo l'accento su una serie di domande che ancora attendono di ricevere risposte puntuali. Ritengo lo studio promosso dall'IAS degno della massima attenzione, soprattutto in questo momento storico che vede i Paesi dell'Unione Europea proiettati all'appuntamento del 2013, scadenza entro la quale saranno chiamati a redigere i propri piani nazionali delle Malattie Rare. Lungo questo percorso, l'Italia non potrà non tenere conto delle indicazioni fornite da questo studio-inchiesta".
Le imprese del farmaco, afferma infine Massimo Boriero, presidente Gruppo Biotecnologie di Farmindustria, "collaborano da anni con associazioni e istituzioni per realizzare iniziative di sensibilizzazione e comunicazione sulle Malattie Rare. In quest'ottica Farmindustria contribuisce allo studio per la valutazione dei disagi che i pazienti rari e le loro famiglie vivono quotidianamente. I risultati dell'analisi sottolineano l'utilità della rete tra tutti gli stakeholder per creare sinergie e offrire risposte ai bisogni non ancora soddisfatti. L'industria, grazie alla ricerca e alle nuove tecnologie, contribuisce al miglioramento della qualità di vita dei pazienti con terapie innovative per un numero crescente di queste patologie. Dal 2000 ad oggi, sono 795 le designazioni di farmaco orfano rilasciate dall'Ema (l'Agenzia europea per i medicinali)".
Secondo i dati dell'Osservatorio nazionale sulla sperimentazione clinica dell'Aifa, conclude Boriero, "le sperimentazioni cliniche in Italia con almeno un farmaco orfano sono più che triplicate negli ultimi 5 anni, passando da 17 nel 2004 a 62 nel 2009. E da ottobre 2009 sono 7 le aziende italiane con prodotti che hanno ottenuto la designazione di farmaco orfano a livello europeo.
Un impegno confermato anche dalla prima posizione nel mondo che l'Italia occupa per l'indice di specializzazione di pubblicazioni – il 10,4% del totale nelle Scienze della Vita – su queste malattie".
FONTE : http://www.rassegna.it/
Dal Rapporto di ricerca, che analizza seicento questionari distribuiti ad undici Associazioni di Malattie Rare e alla Fondazione I.R.C.C.S. Istituto Neurologico "Carlo Besta", emerge che le famiglie che assistono un malato raro hanno bisogno di sostegno, poiché affrontano quotidianamente problematiche multifattoriali: alcune sono direttamente legate alla patologia, come la necessità di affrontare le cure; altre derivano dall'aggravamento delle condizioni professionali ed economiche.
Ad esempio, far fronte agli impegni di assistenza di un malato raro per la famiglia può comportare limitazioni nell'ambito lavorativo: l'evento della malattia incide nel 90% dei casi in modo negativo sull'attività del padre o della madre. Questo è soprattutto rilevante quando si tratta di pazienti pediatrici. Quelli considerati nello studio sono in totale 189: dai dati è emerso che in 74 famiglie di pazienti pediatrici (pari al 39% dei casi) entrambi i genitori sono costretti a limitare e/o interrompere la propria attività lavorativa per le necessità dettate dalla patologia del figlio. Ecco che per le famiglie è quindi necessario ricorrere al sostegno esterno: il 37% dichiara di aver bisogno di aiuti non finanziari.
L'aiuto si renderebbe necessario, ad esempio, per l'accesso ai centri clinici di riferimento: nell'83% dei casi, i pazienti devono raggiungerli effettuando spostamenti più o meno lunghi, poiché solo il 17% ha il centro clinico nella propria città di residenza (il 40% deve spostarsi in un'altra regione). Questo implica la necessità di affrontare spese di viaggio, talvolta di pernottamento, nonché investimenti in termini temporali. Senza contare poi, si legge nello studio, che, nonostante gli impegni portati avanti in questi anni a livello di Ssn nella costituzione di una rete di centri clinici specializzati, e nonostante l'importante azione di informazione ed orientamento da parte delle Associazioni, esiste ancora un 9% tra i rispondenti che non ha individuato un centro clinico di riferimento e un 20% che non ha alcun referente territoriale.
Però, tra coloro che si rivolgono al referente territoriale (medico di famiglia, psicologo, Associazione), il 92% dichiara un livello di soddisfazione sufficiente o più che sufficiente, in quanto questo soggetto offre al paziente un sostegno immediato e facilmente accessibile nelle difficoltà quotidiane. Il suo servizio, seppur legato a competenze meno specialistiche rispetto a quelle del centro clinico di riferimento, è particolarmente importante per il paziente e i suoi famigliari. Nonostante questo, le famiglie si trovano spesso da sole di fronte ad un carico assistenziale gravoso e costante, cui si sommano anche consistenti impegni economici.
Dall'indagine emerge che le famiglie sotto la soglia di povertà sono più numerose della media italiana stimata dall'Istat nel 2009; se a queste si aggiungono le famiglie che possono essere considerate a forte rischio di povertà, si arriva ad una percentuale del 35%. Dopo il 2001 – anno della normativa sull'esenzione per le Malattie Rare – la situazione è migliorata soprattutto per le spese che si rendono necessarie a pervenire alla diagnosi, mentre tale normativa non ha modificato in maniera così rilevante i costi relativi all'assistenza e alla cura. Una volta ottenuta la diagnosi, infatti, una famiglia su quattro delle rispondenti spende più di 500 euro mensili (in alcuni casi oltre 2.000) per la cura e l'assistenza richieste dalla patologia. In alcune situazioni il carico economico porta ad indebitarsi: almeno il 20% di queste famiglie ha avuto bisogno di un aiuto finanziario, che per più della metà dei rispondenti è stato offerto dai parenti. Le misure di sostegno si rivelano quindi di notevole importanza per queste famiglie.
"Questo studio ha evidenziato molte criticità attorno al tema delle Malattie Rare, in parte già documentate da altri studi effettuati in Europa, come quello promosso dalla Federazione delle associazioni dei malati rari (EURORDIS) un paio di anni fa", ha sottolineato Bruno Dallapiccola, coordinatore del progetto Orphanet-Italia e direttore scientifico dell'Ospedale "Bambino Gesu" di Roma. "Nello specifico questa indagine ha fotografato alcune delle più significative problematiche sociali che sono costretti ad affrontare i malati rari e le loro famiglie, ponendo l'accento su una serie di domande che ancora attendono di ricevere risposte puntuali. Ritengo lo studio promosso dall'IAS degno della massima attenzione, soprattutto in questo momento storico che vede i Paesi dell'Unione Europea proiettati all'appuntamento del 2013, scadenza entro la quale saranno chiamati a redigere i propri piani nazionali delle Malattie Rare. Lungo questo percorso, l'Italia non potrà non tenere conto delle indicazioni fornite da questo studio-inchiesta".
Le imprese del farmaco, afferma infine Massimo Boriero, presidente Gruppo Biotecnologie di Farmindustria, "collaborano da anni con associazioni e istituzioni per realizzare iniziative di sensibilizzazione e comunicazione sulle Malattie Rare. In quest'ottica Farmindustria contribuisce allo studio per la valutazione dei disagi che i pazienti rari e le loro famiglie vivono quotidianamente. I risultati dell'analisi sottolineano l'utilità della rete tra tutti gli stakeholder per creare sinergie e offrire risposte ai bisogni non ancora soddisfatti. L'industria, grazie alla ricerca e alle nuove tecnologie, contribuisce al miglioramento della qualità di vita dei pazienti con terapie innovative per un numero crescente di queste patologie. Dal 2000 ad oggi, sono 795 le designazioni di farmaco orfano rilasciate dall'Ema (l'Agenzia europea per i medicinali)".
Secondo i dati dell'Osservatorio nazionale sulla sperimentazione clinica dell'Aifa, conclude Boriero, "le sperimentazioni cliniche in Italia con almeno un farmaco orfano sono più che triplicate negli ultimi 5 anni, passando da 17 nel 2004 a 62 nel 2009. E da ottobre 2009 sono 7 le aziende italiane con prodotti che hanno ottenuto la designazione di farmaco orfano a livello europeo.
Un impegno confermato anche dalla prima posizione nel mondo che l'Italia occupa per l'indice di specializzazione di pubblicazioni – il 10,4% del totale nelle Scienze della Vita – su queste malattie".
FONTE : http://www.rassegna.it/
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