Lettera aperta
Giovedi 7 ottobre a Roma, la Israel Lobby italiana, resa più attiva dalla presenza in Parlamento dell’on. Fiamma Nirestein, (che in Israele vive nella colonia illegale di Gilo a Gerusalemme), ha organizzato un evento apertamente a sostegno dello Stato di Israele e della sua politica.
Che l’establishment israeliano si senta con l’acqua alla gola nelle sue relazioni internazionali e con il comune senso della giustizia che fortunatamente ancora agisce nell’umanità, era evidente da tempo. Ma gli "amici di Israele" in Italia non possono sottrarsi al senso di realtà che mette in contraddizione la politica israeliana con i più elementari criteri di giustizia.
La narrazione sionista sulla nascita e l’esistenza dello Stato di Israele si è retta fino a ieri su alcuni punti di forza che stanno però cedendo di fronte all’evidenza dei fatti:
1) La nascita di Israele come risarcimento del debito di sangue verso le comunità ebraiche perseguitate e sterminate dal nazifascismo e dal milieu reazionario e antiebraico esistente e agente in Europa;
2) La continua espansione territoriale di Israele rispetto ai confini stabiliti dall’ONU nel 1948 presentata come necessità vitale di “autodifesa” di un baluardo del modello occidentale dentro al “mare della barbarie arabo-islamica”.
3) Il rifiuto di Israele di ottemperare alle risoluzioni dell’ONU come esercizio della “specificità israeliana” nel contesto delle relazioni e della comunità internazionale
4) Israele presentato come paese perennemente minacciato e messo in pericolo dentro e fuori i suoi confini.
Questi quattro punti hanno agito per anni cercando di costruire intorno ad Israele una legittimità morale e internazionale che i fatti hanno però sistematicamente logorato e sgretolato. Per verificarlo è sufficiente guardare una mappa della regione, rammentare il massacro dei palestinesi a Gaza, il sanguinoso raid sulla nave Mavi Marmara, i bombardamenti sul Libano, la pulizia etnica dei palestinesi in corso a Gerusalemme etc. etc. etc. etc. etc.
In questa narrazione su Israele mancano sempre e completamente gli abitanti esistenti nella Palestina storica, cioè i palestinesi, i quali – come minimo – avrebbero tutto il diritto di vivere ed avere un proprio Stato almeno sui confini decisi dall’ONU nel ’48 oppure in solo Stato in cui convivano democraticamente tutti coloro che abitano in quel territorio senza discriminazioni religiose, etniche, politiche.
La legittima terra palestinese in questi sessanta anni è stata sottratta quasi completamente da Israele riducendola a qualche agglomerato urbano in mezzo al territorio israeliano. Non solo. I palestinesi dovrebbero anche rinunciare a qualsiasi ambizione di sovranità e indipendenza per ridursi alla condizione di eterni profughi da affidare alle agenzie delle Nazioni Unite e al business delle ONG. Nella migliore delle ipotesi dovrebbero scomparire come istanza nazionale e finire assimilati dagli stati arabi confinanti.
Il risarcimento dell’Europa verso le comunità ebraiche è stato dunque pagato da un altro popolo – quello palestinese – e da una complicità che ha consentito ad Israele di agire e usufruire sistematicamente di un doppio standard nel rispetto della legalità internazionale e dei diritti umani.
Questi dati di fatto – che sono e potrebbero essere conosciuti e documentati in modo più che inoppugnabile – hanno via via logorato la narrazione colonialista e sionista delle leadership israeliane e dei loro apparati ideologici di stato. Risultato? La comunità internazionale e l’umanità non riconosce più ad Israele la condizione di sentirsi uno “Stato più uguale degli altri”. La complicità o l’inerzia dei governi europei – e ovviamente degli USA – o l’attivismo aggressivo delle lobby filo-israeliane nei vari paesi, non basta più a permettere che, come ha detto lo storico israeliano Ilan Pappe, Israele possa continuare a fare quello che fa.
Ecco dunque che anche nel paese “migliore alleato di Israele in Europa” come l’Italia, la lobby filo-israeliana deve tentare il tutto per tutto per opporre al crescente, elementare e comune senso della giustizia verso i palestinesi, una propria dottrina ufficiale alla quale va piegata la politica, la cultura, l’informazione, la diplomazia.
Chi sono gli amici di Israele?
Sta qui la natura dell’evento del 7 ottobre messo in piedi dall’on. Nirestein e dal ristretto gruppo di "amici di Israele", un gruppo che da anni cerca di agire con la stessa efficacia della “Israel Lobby” negli Stati Uniti. Il problema è che la sua influenza è forte nel ceto politico e nei giornali patinati ma è debolissima nella società anche e proprio a causa della crescente divaricazione tra ceto politico, sistema dei mass media e la gente normale.
L’on. Nirestein e le autorità israeliane hanno dunque ritenuto opportuno cercare di arruolare in una narrazione ingestibile nuove personalità che possano godere di maggiore simpatia nella società di quanta ne ispirino e raccolgano i soliti Veltroni, Rutelli, Ferrara, Cicchitto, Buttiglione, Battista, Mieli etc.
Ed ecco che alcune personalità si prestano a questo arruolamento nel fronte di coloro che sistematicamente tacciono sulle sofferenze e le ingiustizie contro il popolo palestinese.
Dobbiamo ammettere che non ci meraviglia affatto l’adesione di quello che è stato giustamente e recentemente definito “un eroe di carta” come Roberto Saviano in questa armata dei silenti (ma sensibili ai potenti), o di un artista incline ormai al fascino della "potenza temporale" dello spirito come Lucio Dalla. Decisamente incomprensibili appaiono le adesioni di musicisti come Raiz (ex Almamegretta) e Massimo Ranieri o del prof. Veronesi.
Né può soprendere che ad aprire i lavori dell’evento “degli amici di Israele” sia un aperto erede del franchismo spagnolo come l’ex premier iberico Josè Aznar, autore di un recente pamphlet contro l’indigenismo in America Latina che riafferma tutta la narrazione razzista e colonialista nel rapporto tra occidente e latinoamerica.
I nuovi amici di Israele che accettano di arruolarsi in questa compagine, devono convivere con la propria coscienza e la propria complicità con il silenzio sulle ingiustizie tuttora subite dai palestinesi o espellerle dalla propria visione del mondo…esattamente come hanno fatto e stanno facendo i protagonisti della politica israeliana, anche nel nostro paese.
Nessuna complicità con il silenzio e l'apartheid
In Italia, fortunatamente, non esistono e agiscono solo i chierici e i soldati del silenzio. Esiste ed agisce un tessuto associativo e reti di solidarietà che hanno fatto della battaglia di giustizia e verità sulla questione palestinese un terreno non residuale né minoritario. Sono stati in grado di riempire intere piazze nelle città italiane e non solo esclusive sale convegni; sono attivi nella crescente campagna internazionale di boicottaggio, sanzioni, disinvestimento dell’economia di guerra israeliana; leggono e sanno scegliere autori di libri o produzioni artistiche giudicandone la coerenza morale oltre che le capacità; partecipano alla vita politica e culturale del paese; visitano spesso, documentano e raccontano quello che vedono nei territori palestinesi sottoposti all’occupazione militare e all’apartheid israeliani o nei campi profughi palestinesi; utilizzano efficacemente ilmainstream annullando il ferreo controllo sull’informazione ufficiale; si muovono in Europa e nel mondo moltiplicando e amplificando le singole iniziative di protesta; espongono e ostentano la kefijah o la bandiera palestinese perchè sono vissute nella società come una emblemi di giustizia e di libertà e non di oppressione come quella israeliana. La forza dei loro argomenti è immensamente superiore a quella degli "amici di Israele". Costoro se ne facciano una ragione e chi ha un minimo di coscienza scelga di disertare l’esercito del silenzio, dell'occupazione e dell'apartheid.
Il Forum Palestina Mail: forumpalestina@libero.it
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