venerdì 30 luglio 2010

Messina: cittadini terremotati a vita

Ascolta il post Listen to this Page. Powered by Tingwo.co

Messina: cittadini terremotati a vita
di Gianni Lannes
Altro che ponte sullo Stretto invocato dalle mafie e dai “berluscones”. Una vergogna indelebile per il belpaese. Mentre impazzano le vacanze estive per i privilegiati di sempre, nella baraccopoli messinese si sopravvive. Fuori la temperatura staziona a 41 gradi centigradi; dentro le baracche terremotate, invece, scala i 45 con l’umidità al 75 per cento. Forni crematori a buon mercato, ma il sindaco Giuseppe Buzzanca latita. Alzi la mano chi rammenta. 28 dicembre 1908: ore 5 e 21 del mattino. La terra trema per 31 secondi e miete 80 mila vittime a Messina. I terremoti scavano solchi indelebili nella storia, snaturando per sempre civiltà, economie, rapporti sociali, identità collettive. In Sicilia va anche peggio: gli eredi dei sopravissuti al sisma vegetano in baracche secolari prive di acqua potabile, fognature e servizi. «Nesci, nesci suli, pi’ lu Santu Sabbaturi, pi’ li poviri picciriddi ca nun hannu cchi manciari. Nesci suli pi’ quaddiari» ripete Lalla. La donna conta 87 primavere in un viso segnato dagli acciacchi.
Dopo la cantilena il sole si fa largo tra le nuvole e illumina le 3.336 baracche fradice d’amianto censite ufficialmente. La dimora dell’anziana signora si trova a Giostra, uno dei campi profughi (oltre a Fondo De Pasquale, Villa Lina, Ritiro, Fondo Basile, Annunziata, Camaro, Maregrosso,Fondo Saccà, Rione Taormina, Mangialupi, Aldisio, Bisconte, Cataratti) dell’era precedente alla prima guerra mondiale. Lalla, una nonna italiana, sopravvive miracolosamente in mezzo ai torrenti fognari a cielo aperto. La sua residenza è una catapecchia rattoppata con i muri ammuffiti, il tetto in procinto di crollare, il pavimento dissestato che danza sul vuoto. A Lalla che combatte da una vita ratti, topi, scarafaggi e zanzare d’ogni genere, l’umidità ha succhiato la salute, ma non la speranza di ottenere un’abitazione civile. Non è la sola che resiste dignitosamente ed attende inascoltata. 13 mila persone e tanti bambini senza voce che dimorano nel degrado e nell’indifferenza generale.   Giovanni D’Arrigo fa l’assistente sociale in questa immensa favelas d’Europa e racconta: «Sono un messinese nato in una baracca: quella del terremoto di 100 anni fa. Nel 1960 in una di queste baracche ho frequentato il doposcuola. La mia cara maestra di allora, cresciuta in quella baracca da quando aveva 4 anni, è ancora lì ad abitarci, tra le pareti cadenti ed ammuffite, il tetto pericolante, unica supersite di tanti familiari scomparsi con la vana speranza di avere una casa». Dopo Giolitti – grazie soprattutto agli aiuti russi, spagnoli e americani – Mussolini e lo Stato antifascista, la regione Sicilia il 6 luglio 1990 ha promulgato una legge speciale per il risanamento di Messina. 500 miliardi di lire non sono stati spesi per i diseredati. «Nelle baracche sono nate generazioni intere di famiglie» narra Roberto Pruiti, autore di un documentario memorabile, intitolato “Messina: città negata”. Insomma, si è fatto poco o nulla per i non abbienti, tranne che estorcergli il voto elettorale con le solite promesse. Il denaro pubblico già erogato non basta: bisogna costruire anche asili, servizi, verde.  Il risanamento procede a rilento: ai ritmi attuali bisognerà attendere il 2036. Sonia Midili ha 34 anni, due figli e una gran desiderio di denunciare la grave situazione. «Sono cresciuta qua con i miei nonni e mi sono sposata. Stiamo malissimo. I miei bambini si sono ammalati di bronchite, anche tanti altri bimbi non stanno bene. E i piccoli non possono giocare perché non c’è spazio tra i rifiuti. Dentro d’estate è troppo caldo e d’inverno si gela. E poi ingoiamo l’amianto. Non è giusto morire così. Aiutateci, noi ci siamo rimboccati le maniche, ma le istituzioni locali ci prendono in giro». L’inciviltà si misura dal rispetto e dall’attenzione verso i bambini.

0 commenti:

Posta un commento

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...