giovedì 29 luglio 2010

E ora che si fa, si vota?

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di Pietro Orsatti – su Gli Italiani
Facciamo il punto. Approvata la manovra la situazione all’interno del Pdl e della maggioranza può precipitare da un momento all’altro. Non c’è più una buona ragione per evitare la crisi fino alle estreme conseguenze, ovvero le elezioni anticipate. Oggi il Pdl potrebbe espellere i finiani e molto difficilmente Casini con l’Udc andrebbe a prendere il loro posto dentro la maggioranza.
Dopo le dimissioni del sottosegretario Cosentino e quelle dei ministri Scajola e Brancher ora tocca a Caliendo. Non sarà oggi, non sarà domani, ma entro l’autunno Caliendo cadrà. Come cadrà Verdini da coordinatore del Pdl, nonostante la sua strenua difesa. Non sarà Tangentopoli, ma ci somiglia molto con l’aggiunta della P2 in salsa P3.  E con tanto di inquinamento di settori della magistratura. La maggioranza lo sa, compresa la Lega. E infatti anche l’impavido Bossi ha ammesso ieri che proprio delle inchieste su “cricca e P3” ha paura.
Dell’Utri manda messaggi ai co-indagati: “non parlate, io non parlo”. Da chissà quale “eroe” avrà mutuato questo tipo di atteggiamento, di cultura. La politica si trasferisce nei palazzi di giustizia? E Come? E con quali conseguenze? Staremo a vedere, ma non si tratta di una tempesta passeggera.
La legge sulle intercettazioni non piace più a Berlusconi. L’hanno stravolta alla Camera, fa sapere. E quindi sembrerebbe intenzionato a ritirarla. La ritira? Forse no, o forse si. Vedremo. In ogni caso una sconfitta per l’uomo del fare intollerabile. E nel partito dell’amore quando il capo è frustrato di solito si sente tintinnar di sciabole.
Sul fronte mafia c’è Ciancimino che ancora non ha riconosciuto il fantomatico signor Franco, ci sono allarmi seri di possibili attentati (a quanto pare quelle maledette intercettazioni servono, eccome se servono) ai pm palermitani e anche alla squadra mobile sempre di Palermo, e intanto la Lega non riesce ad ammettere che i soldi della ‘ndrangheta (e gli uomini dell’organizzazione criminale) a Nord ci sono, condizionano, prosperano. Si va avanti.
La Fiat esternalizza, Mirafiori traballa, Cisl e Uil non sanno più che fare, hanno creduto a Marchionne su Pomigliano e ora per loro è molto difficile fare un passo indietro. La Cgil è sola, non da ora. Va avanti coerentemente per quanto può, ma il progetto dei vertici Fiat diventa sempre più chiaro. Dopo essere stata salvata con una pioggia (durata decenni) di aiuti pubblici ora non vede l’ora di trasferire altrove lavoro e produzione. In ogni paese civile gli si chiederebbe di ridare indietro i soldi, da noi no.
Nel centro sinistra si sente l’avvicinarsi di scelte importanti e inevitabili se si andrà a elezioni anticipate. Un sondaggio dice che in molti vedono Bersani come più affidabile ma preferiscono Vendola. Perché, secondo gli intervistati, il governatore della Puglia ha molte più possibilità di sconfiggere Berlusconi del segretario del Pd. L’Idv non sa più che pesci pigliare, Di Pietro Vendola proprio non lo regge mentre il suo scalpitante “delfino” De Magistris da mesi con Vendola ci parla e fa iniziative politiche insieme. E a Tonino la cosa non piace. Ma alla fine dovrà fare buon viso a cattivo gioco. Come alla fine dovrà farlo anche D’Alema, senza provare prima però a opporsi a questo processo in ogni modo. Non temiamo, il Pd cercherà in ogni modo di evitare le primarie. Perché la dirigenza del partito sa benissimo che se si andasse a cercare il consenso fra gli elettori sui candidati finora fatti intravedere perderebbero sonoramente. Vendola non sarà una novità, come dice D’Alema, ma è un fenomeno di cui la dirigenza del caminetto ha una paura tremenda. Perché ha un sogno. E sa raccontarlo alla gente.
E noi? Noi abbiamo la necessità di tornare a parlare, a darci voce, a metterci la faccia. Dobbiamo tornare, dopo quindici anni di stanchezza, a fare politica. E smettere di delegare la sfera pubblica e politica a un ceto che ha reciso ogni collegamento reale con la società.

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