Ancora una volta si ripropone l’interrogativo che emerge di fronte al degrado ormai eccezionale della nostra politica: Silvio Berlusconi è vicino alla fine del suo regno? E quale è il modo, se c’è, per uscire da un’egemonia ormai ventennale? L’ultimo atto che contraddistingue il tramonto dell’era berlusconiana è l’inchiesta giudiziaria, tuttora in corso sulla così detta P3, una sorta di ennesima reincarnazione di una società, solo per modo di dire segreta, che chiama Cesare il capo carismatico e che include magistrati di alto grado, sottosegretari o ministri, politici del PDL in libera uscita o meglio in affannosa corsa verso affari più o meno illeciti.
Bisogna dirlo con chiarezza: quando la politica visibile non funziona a causa della fragilità di chi governa, o dei suoi problemi interni, il ruolo della politica invisibile diventa preponderante e i più potenti, o quelli più vicini al capo supremo, raccontano nelle loro telefonate compromettenti e immaginose che cosa succede all’interno dell’oligarchia dominante.
Il PDL si rivela, nello stesso tempo, la maggiore aggregazione politica e un bacino pieno di lotte interne e di frazionamenti di cui non si vedeva da tempo l’eguale e corre il rischio di esplodere di fronte alle ultime vicende in cui in poco più di un mese due ministri e un sottosegretario (Scajola, Brancher, Cosentino) sono stati costretti ad uscire di scena non per vicende giudiziarie slegate dalla politica ma, al contrario, per problemi che sono tutt’uno con un certo modo di mescolare politica e affari, per non parlare di mafia e di altro ancora.
Cambiare registro diventa sempre più urgente per la repubblica. Andare a un confronto elettorale o inventare un altro governo che faccia soltanto alcune scelte e conduca al voto.
Ma, intanto, la sensazione di chi osserva è quello di un già visto, di uno strano ritorno agli anni ottanta, alla P2 che domina e allo Stato che ha grande difficoltà a difendersi e a ristabilire non dico lo Stato di diritto (miraggio lontano) ma almeno il rispetto della legalità per chi ha avuto la maggioranza e dovrebbe esercitarlo secondo le regole della costituzione e delle leggi.
In questo senso è urgente intervenire e non si possono accettare né il tentativo di caricatura che Berlusconi tenta di fare della P3 e della continua commistione tra lecito e illecito, tra mafia e politica. Vero è che con un’oligarchia di governo come quella attuale il funzionamento del sistema avviene in gruppi minuscoli di boss particolarmente vicini al capo carismatico piuttosto che nelle istanze visibili a ciò deputate. E questo rende la democrazia una sorta di finzione che non regge di fronte alla vita reale del paese.
La gravità della crisi e l’urgenza di uscirne al più presto sta proprio in questa constatazione che è difficile evitare.
O riusciamo in qualche modo a restituire un ruolo al gioco democratico o il paese è costretto a pagarne le amare conseguenze. Perciò il voto diventa vicino e un governo che lo prepari si fa necessario per non perdere troppo altro tempo.
Speriamo che se ne rendano conto quelli che possono decidere.
Bisogna dirlo con chiarezza: quando la politica visibile non funziona a causa della fragilità di chi governa, o dei suoi problemi interni, il ruolo della politica invisibile diventa preponderante e i più potenti, o quelli più vicini al capo supremo, raccontano nelle loro telefonate compromettenti e immaginose che cosa succede all’interno dell’oligarchia dominante.
Il PDL si rivela, nello stesso tempo, la maggiore aggregazione politica e un bacino pieno di lotte interne e di frazionamenti di cui non si vedeva da tempo l’eguale e corre il rischio di esplodere di fronte alle ultime vicende in cui in poco più di un mese due ministri e un sottosegretario (Scajola, Brancher, Cosentino) sono stati costretti ad uscire di scena non per vicende giudiziarie slegate dalla politica ma, al contrario, per problemi che sono tutt’uno con un certo modo di mescolare politica e affari, per non parlare di mafia e di altro ancora.
Cambiare registro diventa sempre più urgente per la repubblica. Andare a un confronto elettorale o inventare un altro governo che faccia soltanto alcune scelte e conduca al voto.
Ma, intanto, la sensazione di chi osserva è quello di un già visto, di uno strano ritorno agli anni ottanta, alla P2 che domina e allo Stato che ha grande difficoltà a difendersi e a ristabilire non dico lo Stato di diritto (miraggio lontano) ma almeno il rispetto della legalità per chi ha avuto la maggioranza e dovrebbe esercitarlo secondo le regole della costituzione e delle leggi.
In questo senso è urgente intervenire e non si possono accettare né il tentativo di caricatura che Berlusconi tenta di fare della P3 e della continua commistione tra lecito e illecito, tra mafia e politica. Vero è che con un’oligarchia di governo come quella attuale il funzionamento del sistema avviene in gruppi minuscoli di boss particolarmente vicini al capo carismatico piuttosto che nelle istanze visibili a ciò deputate. E questo rende la democrazia una sorta di finzione che non regge di fronte alla vita reale del paese.
La gravità della crisi e l’urgenza di uscirne al più presto sta proprio in questa constatazione che è difficile evitare.
O riusciamo in qualche modo a restituire un ruolo al gioco democratico o il paese è costretto a pagarne le amare conseguenze. Perciò il voto diventa vicino e un governo che lo prepari si fa necessario per non perdere troppo altro tempo.
Speriamo che se ne rendano conto quelli che possono decidere.
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