lunedì 21 giugno 2010

Nucleare, Sogin: le ultime barre di uranio lasciano Caorso

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Ultimo viaggio dall’Italia alla Francia per le barre di uranio che sono state trasferite da Caorso a La Hague. Dall’impianto italiano sono partiti, all’interno di quattro contenitori speciali, gli ultimi 64 elementi di combustibile, degli originari 1.032, pari a 11 tonnellate, che saranno riprocessati nell’impianto francese.
Dal 16 dicembre 2007 ad oggi, sono state fatte 16 spedizioni. Lo ha reso noto la Sogin, ricordando che le operazioni di trasferimento rientrano nell’accordo fra Sogin e Areva siglato nel 2007, che prevede il trattamento in Francia delle 235 tonnellate di combustibile irraggiato allora presenti in Italia, con lo scopo di recuperare le materie nucleari riutilizzabili e separare i residui riducendone i volumi. Concluso l’allontanamento di tutte le 190 tonnellate di combustibile irraggiato della centrale di Caorso, ad oggi rimangono da trasferire 15 tonnellate dalla centrale di Trino e 30 tonnellate dal deposito Avogadro di Saluggia, da dove inizieranno a breve le attività di trasporto verso le Francia.
Sogin, con una nota, ha rivolto un particolare ringraziamento “alle Istituzioni, agli Enti, alle Forze dell’Ordine, ai Corpi dello Stato e a tutti coloro che hanno contribuito, con il loro impegno, al raggiungimento di una tappa fondamentale del programma di dismissione della centrale di Caorso”. Sogin, oltre a proseguire nel ‘decommissioning’ degli impianti nucleari italiani, ha il compito di realizzare e gestire il Parco Tecnologico, comprensivo del Deposito Nazionale, ed è impegnata a rafforzare il proprio ruolo di global player nel mercato internazionale di settore.
                      Scienziato australiano. 
  Fine del mondo tra un centinaio d’anni

Ci risiamo. La fine del mondo – e probabilmente il Giudizio Universale –
sono a portata di mano, ”La Fine e’ Vicina”, come avvertono gli uomini-sandwich che si incontrano per le vie di New York, Londra, Dublino ecc.. E prima o poi la fine ci sarà – e ci sarà perche noi, la terra, il sistema solare, la via lattea, l’universo che conosciamo, non siamo eterni. O no?

Naturalmente nessuno ci pensa, preferisce calcolare se potrà comprarsi una nuova macchina, o un impianto stereo home-theatre, o mandare i figli all’università. Chi invece ci ha pensato – e seriamente – è un rinomato  scienziato australiano di 95 anni, secondo il quale la razza umana sarà spazzata via in pochi decenni. I pronipoti di gran parte di noi non raggiungerà la vecchiaia (che detto fra noi non sarebbe una condizione di cui preoccuparsi troppo, meglio morire un pò prima, ma senza i terribili acciacchi della vecchiezza).
A profetizzare questo apocalittico evento è il rinomato scienziato australiano, Frank Fenner, professore di microbiologia all’Australian National University - ha tra l’altro contribuito a sradicare il vaiolo - il quale senza tanto scomporsi dice che la situazione è ”irreversibile e la colpa è del riscaldamento globale”.
Quando il giornalista si reca ad intervistare il professore tutto si immaginerebbe tranne che conversare di lepri, conigli, piante e fiori. Ma il professor Fenner preferisce così, prima di affrontare l’argomento doomsday. Ricordate il Dottor Stranamore e la ”bomba fine di mondo” dell’ambasciatore sovietico? Beh, secondo Fenner accadrebbe qualcosa del genere, alla Stanley Kubrick.
Questa della ”bomba-calore fine di mondo” l’abbiamo già sentita, ma Fenner non ha dubbi.”Abbiamo varcato il punto del non ritorno”, sussurra con voce roca, ”il mondo si sta riscaldando in maniera catastrofica, e prima della fine del secolo miliardi di uomimi moriranno, e quelle poche coppie che riusciranno a sopravvivere vivranno nel Cicolo Polare Artico dove il clima resterà tollerabile”.
Quando fu il turno del giornalista dell’ABC Phiilip Adamas ad intervistare l’anziano scienziato, come al solito Fenner intrattenne il suo ospite sulla fauna e sulla flora della sua regione, come se fosse un ultimo addio, e solo in ultimo affrontò l’argomento che veramente interessava ad Adams. Non c’è via di scampo.
Per il pubblico nel suo insieme, accade un fatto strano. E’ come se dentro di noi ci dicessimo che questi scienziati che predicano la fine del mondo, in realtà sono degli strampalati o maniaci religiosi, o emissari di una marca di dentrificio (”morite con un sorriso smagliante), che in realtà non dicono il vero, non letteralmente, ma lo dicono solo per spaventarci perchè in fondo sono un pò fuori di testa.
Crederci? Non crederci? Questo è il problema. Ma ammesso che ci credessimo cosa potremmo fare, a questo punto, per non fare la fine delle comparse di un film catastrofico hollywoodiano? La risposta è: nulla,
Nel frattempo la vita continua. Ridiamo, pianifichiamo, inventiamo, costruiamo, ci adattiamo. E di tutto parliamo tranne che della fine del mondo, per noi ancora lontana. Se il professor Fenner ha ragione, viviamo in una una sorta di irresponsabilità dilazionata per 90 anni o giù di lì, quando nè noi ne probabilmente i nostri figli ci saremo più.
I nipoti, andranno probabilmente a vivere al Circolo Polare Artico con gli eschimesi, che in fatto di sopravvivenza sono maestri. Il mio professore di lettere al liceo, Vladimir Kessler, interrogava con un sacchetto di pelle nera in cui c’erano numeri in legno corrispondenti a tutti i presenti, che lui estraeva con studiata calma. Di giorno in giorno, non c’era salvezza. Se il professor Fenner ha raggione è probabile che andrà a finire più o meno così. Un’ultima cosa: ci sarà qualcuno che estrarrà i numeri dal sacchetto?
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