giovedì 17 giugno 2010

Assemblea Permanente. Attacco all'Iran: da Israele rifornito da C. Darby -

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                  Assemblea Permanente 
             NO F-35 (nof35@domeus.it)


                                    VENTI DI GUERRA  di Manlio Dinucci

 Tel Aviv: aumentare i depositi. Dagli Usa bombe «Jdam» e altre munizioni dalla base italiana
Arsenali israeliani riforniti con le armi di Camp Darby
L'Arabia Saudita non permetterebbe ai bombardieri israeliani di attraversare il proprio spazio aereo per colpire i siti nucleari iraniani: lo ha dichiarato il principe Mohammed bin Nawaf, inviato di Riyadh a Londra, smentendo la rivelazione 
 la notizia data dal Times. Cessato allarme, dunque? Tutt’altro. Nessuno a Washington ha smentito l’informazione, da fonte del Pentagono, che l’attacco israeliano ai siti nucleari iraniani è stato «pianificato in accordo con il Dipartimento di stato statunitense», e che è previsto un altro corridoio aereo, soprattutto per l’attacco a Bushehr, attraverso Giordania, Iraq e Kuwait. Ma, al di là delle parole, sono i fatti a dimostrare che i preparativi di un attacco all’Iran si  stanno intensificando.
Il ministro israeliano della difesa Ehud Barak, in visita a Washington, ha ottenuto altre grosse forniture militari, in particolare bombe Jdam della statunitense Boeing.  Sono bombe ad alto potenziale che, con l’aggiunta di una nuova sezione di coda a guida Gps, possono essere sganciate a oltre 60 km dall’obiettivo su cui si dirigono automaticamente. Recentemente sono state dotate anche di un sistema a guida laser, che le rende ancora più precise. Esse sono state usate, scrive il giornale israeliano Haaretz, nella seconda guerra del Libano nel 2006 e nell’Operazione piombo fuso a Gaza nel 2008.
Barak ha chiesto inoltre a Washington di aumentare del 50% i «depositi di emergenza» che l’esercito Usa ha costituito in Israele dallo scorso dicembre, su decisione dell’amministrazione Obama. Come documenta Haaretz, essi contengono razzi, bombe, munizioni per aereo, veicoli corazzati e altri armamenti, che vengono catalogati al momento dell’arrivo per assicurare un  «facile e rapido accesso da parte israeliana». Sicuramente, anche se non si dice, parte degli armamenti destinati ai «depositi di emergenza» arriva in Israele da Camp Darby, la base logistica dello U.S. Army: già da tempo, documenta Global Security, il 31° squadrone di munizionamento della base  è responsabile anche di depositi situati in Israele, una sorta di succursale di Camp Darby che ha rifornito le forze israeliane per gli attacchi al Libano e a Gaza.
Tra quelle che gli Usa forniscono a Israele vi sono «testate pesanti penetranti», come le Blu-117 da una tonnellata, adatte per l’attacco ai bunker iraniani. Le stesse che da mesi si stanno accumulando nella base statunitense di Diego Garcia, nell’Oceano Indiano, dove sono stati trasferiti bombardieri B-2 capaci di penetrare le difese anti-aeree. Secondo Dan Plesch, direttore del Centro di studi internazionali dell’Università di Londra, «i bombardieri Usa sono già pronti a distruggere 10mila obiettivi in Iran in poche ore». E, dietro le dichiarazioni tranquillizzanti, l’Arabia Saudita sta potenziando i suoi 150 cacciabombardieri F-15 forniti dalla Boeing, con le più avanzate tecnologie che li rendono più efficaci negli attacchi notturni e pienamente interoperativi  con le forze aeree Usa.  (il manifesto, 17 giugno 2010)

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