martedì 22 giugno 2010

Aids, in Italia il 25% degli ammalati non sa di esserlo

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Si stima che nel nostro Paese, un quarto dei soggetti con infezione da Hiv non sia a conoscenza del proprio stato di sieropositività.
Il dato è stato diffuso oggi in occasione della prima giornata dell’Icar, la ‘Conferenza Italiana su Aids e Retrovirus’ che si tiene nella Facoltà di Medicina a Brescia. È un convegno nazionale, organizzato a cadenza annuale di grande rilievo scientifico durante il quale esperti a livello nazionale fanno il punto sulla diffusione dell’Aids.
NESSUNA PROTEZIONE - Il fatto che un quarto dei malati di Aids ignorino di esserlo comporta “un aumentato rischio di trasmissione, sia per il fatto che questi soggetti non sono in trattamento e dunque hanno livelli più elevati di viremia e una maggiore contagiosità, ma anche perchè non adottano alcuna misura per evitare la trasmissione dell’infezione. È stato stimato, infatti, che il rischio di trasmissione tra i soggetti che non sono consapevoli del proprio stato di infezione è cinque volte superiore rispetto a quella di coloro che sono a conoscenza della propria positività“. Se tutti i soggetti fossero consapevoli della loro positività “si potrebbe ridurre del 30% il rischio di trasmissione sessuale“.
STRATEGIA DI DIAGNOSI ERRATA - In Italia la diagnosi di infezione da Hiv è raggiunta diversamente rispetto ad altri Paesi. Il test, è stato spiegato “è offerto a categorie a rischio e a soggetti che accedono a determinate strutture sanitarie, solo dopo acquisizione di un consenso informato (opt-in), contrariamente a quanto accade in altri Paesi, come gli Usa, in cui si applica la strategia opt-out, che prevede l’offerta del test a tutti i soggetti tra i 16 e i 64 anni che accedano a strutture sanitarie a meno che non vi sia un esplicito rifiuto”. In Italia, quindi è applicata la “strategia di promozione del test basata sul rischio” che “non ha funzionato, considerando che i tassi di trasmissione dell’infezione non si sono modificati negli ultimi 10 anni e che oltre il 50% dei pazienti esegue il test molto tardivamente, quando sono già presenti i segni della malattia Aids. Inoltre, le categorie a rischio non sono così ben definite come in passato e in moti casi il test non viene offerto, »perdendo l’opportunità di identificare nuove infezioni”.
SERVE DIAGNOSI PRECOCE - La conclusione è stata quindi: “La diagnosi precoce rappresenta un elemento chiave sia in termini di salute pubblica sia individuale. È stato dimostrato, infatti, come l’inizio precoce del trattamento si associ ad un aumento della sopravvivenza del paziente con infezione da Hiv e dunque anche ad una riduzione dei costi sanitari per un minore ricorso all’ospedalizzazione“.
FONTE.

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