
L’acqua salata del mare ne risale il corso. L’anno scorso è arrivata fino a Bassora. Un disastro per l’ambiente e l’agricoltura. E la responsabilità è dell’uomo.
Il Tigri e l’Eufrate li abbiamo conosciuti tutti sui banchi di scuola. Ricordate? I sumeri, i babilonesi, gli assiri…

Mesopotamia, “terra fra i fiumi”: il Tigri e l’Eufrate. Con leinondazioni periodiche legate allo scioglimento delle nevi nella zona delle sorgenti (sui monti dell’Anatolia, attuale Turchia), portavano acqua e vita ad una zona altrimenti arida. Proprio questo permise lo sviluppo dell’agricoltura e della civiltà.
Ormai la Mesopotaia è colpita dalla desertificazione. E il New York Times ha scritto il necrologio dello Shatt al Arab, il fiume formato dalla confluenza di Tigri ed Eufrate che anticamente si gettavano separatamente in mare.
Turchia, Iran e Siria hanno costruito dighe per trattenere quanto più possibile l’acqua del Tigri e dell’Eufrate. Verso valle ne scorre sempre meno, e dalla foce l’acqua salata del mare risale il corso dell’ex grande fiume.
Addio acqua potabile, o almeno: bisogna reperirla altrove. Addio alle coltivazioni di palme da datteri, di frutta e di ortaggi che davano da vivere alla gente del posto. Ora che la culla della civiltà è corrosa dal sale l’Occidente ha amputato una delle sue più remote radici.
Sul New York Times si dissecca lo Shatt al Arab, formato da Tigri ed Eufrate
Foto Flickr e Wikipedia
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