L’esistenza di una macchina in grado di
leggere il pensiero, riporta la mia memoria indietro nel tempo e precisamente ad
un vecchio film degli anni ’70, in cui si raccontava di uno scienziato che, in
un avveniristico laboratorio di ricerche statunitense, aveva sviluppato una
fantomatica macchina di “lettura” del pensiero. Il film, poco apprezzabile sia
per la presenza di attori non particolarmente noti che per una sceneggiatura
alquanto modesta, non ebbe un grande riscontro di critica e di incassi, ma
sicuramente suscitò un certo interesse il soggetto del film, che si basava sulla
possibilità di realizzare uno strumento a dir poco fantascientifico. Non a caso
l’idea, nel corso degli anni, legata al fascino ed al mistero per la
realizzazione di un sistema in grado di leggere il pensiero dell’uomo, ha sempre
costituito un valido spunto di idee per la realizzazione di romanzi, films e
serial televisivi.
Le continue e straordinarie evoluzioni delle tecnologie, a
cui ci siamo abituati, ci hanno resi quasi insensibili all’importanza della loro
portata, al punto tale da non considerare più “sensazionali” queste
innovazioni.
Nondimeno lo stupore, misto ad una sensazione di incredulità, si
impossessa di noi soprattutto quando apprendiamo che alcune di quelle storie
fantastiche e ricche di fascino che fino a qualche decennio fa appartenevano
alla fantasia, oggi assumono la connotazione dell’ennesima scoperta scientifica.
E così non deve stupire più di tanto anche l’annuncio di qualche mese fa, sulla
realizzazione di un software messo a punto da Intel (azienda statunitense,
leader nella settore della realizzazione di microprocessori), in grado di
effettuare, almeno in parte, la
lettura del pensiero della mente umana.
Il funzionamento del dispositivo è piuttosto semplice (si fa per dire!) e si
basa sull’utilizzo di un sistema impiegato per effettuare le risonanze
magnetiche. In sostanza, il congegno effettua una mappatura delle aree del
cervello interessate alla generazione delle parole, in maniera similare a quanto
fanno le applicazioni che traducono la voce in comandi e testi. È opportuno
ricordare che l’attività cerebrale del cervello si basa su onde elettriche (onde
cerebrali) che generano appunto l’attività elettrica cerebrale. Non a caso,
mediante l’elettroencefalogramma (EEG) è possibile registrare l’attività
elettrica dell’encefalo. Quindi, il dispositivo della Intel, è in grado di
identificare le parole “pensate” dalla mente dell’uomo, di abbinare loro un
significato elettrico cerebrale e di costruire, mediante una procedura di
apprendimento, una sorta di mappa di collegamento tra le parole pensate e i
relativi comandi da generare. La dimostrazione è stata effettuata su un soggetto
a cui è stato chiesto di pensare ad una serie di parole comuni (indicate dal
ricercatore). Uno specifico algoritmo matematico, associava ad ogni parola le
aree del cervello che si attivavano quando esse venivano pensate.
Successivamente, al soggetto veniva chiesto di pensare ad una delle parole
precedentemente suggeritegli. Il sistema ha dimostrato, durante i vari test,
un’accuratezza superiore al 90%. È inutile sottolineare che il successo ottenuto
da questa sperimentazione, apre le porte ad un ventaglio di possibili
applicazioni. Pensiamo solo alla possibilità di gestire dispositivi elettronici
senza usare le mani (si pensi all’eliminazione di tastiere, mouse, monitor
touchscreen, telecomandi, etc.), ma si consideri anche le possibilità di
applicazioni nel settore della
domotica (scienza interdisciplinare che si
occupa dello studio e della ricerca nelle tecnologie legate al miglioramento
della qualità della vita nella casa). Forse, nel giro di qualche anno, saremo in
grado di accendere il televisore e di sincronizzarlo su di un canale televisivo,
semplicemente pensando al programma che ci interessa, oppure di aprire porte e
serrature semplicemente con un semplice desiderio espresso dalla nostra mente.
Ci fermiamo qui, ma potremmo continuare a citare esempi innumerevoli, guardando
anche alle possibili applicazioni in persone affette da gravi handicap
fisici.
Il dispositivo è stato presentato al Teach Heaven di New York
suscitando grande stupore ed interesse. Al momento i limiti maggiori sono
imposti dall’elevato costo dei particolari macchinari, soprattutto in funzione
del costo e delle dimensioni del dispositivo di risonanza magnetica, ma secondo
Dean Pomerleau, ricercatore dei laboratori Intel, il dispositivo ridurrà il suo
ingombro alle dimensioni di un cappello, ed anche il costo subirà un sostanziale
ridimensionamento grazie anche allo sviluppo delle nanotecnologie. Grazie ad
esse, il dispositivo potrebbe assumere le stesse dimensioni di un auricolare e
potrebbe essere utilizzato per impieghi riconducibili all’acquisizione di
informazioni personali. Naturalmente ci riferiamo all’utilizzo per applicazioni
di intelligence, ed il suo impiego potrebbe rivelarsi molto interessante per
verificare la correttezza delle informazioni possedute dal singolo individuo.
Proviamo solo ad immaginare quali potrebbero essere gli utilizzi di uno
strumento del genere.
Sarebbe possibile dire addio a macchine della verità,
farmaci allucinogeni e test psicologici specifici per verificare il grado di
attendibilità di un soggetto, basterebbe semplicemente “leggere” nella sua mente
per scoprire esattamente a cosa sta pensando e il livello di veridicità delle
sue affermazioni. In realtà la possibilità di penetrare la mente dell’uomo, ha
sempre solleticato l’interesse di scienziati di ogni genere, soprattutto per
cercare di comprendere maggiormente le sue metodologie di funzionamento. In
funzione di ciò, le ricerche e gli studi condotti dall’uomo sin dai primi anni
del ‘900, hanno interessato soprattutto la
trasmissione del pensiero e
la visione remota, settori peraltro in cui sono stati effettuati corposi
investimenti in diversi paesi del pianeta.
Potenzialità delle onde cerebrali: dalla trasmissione
del pensiero alla visione remota
Come abbiamo potuto comprendere,
la base scientifica su cui si fonda la realizzazione del sistema della Intel, è
quello delle onde elettriche generate dall’attività cerebrale dell’uomo che,
essendo misurabili, possono consentirci di comprendere non solo quali possano
essere le aree del cervello interessate per determinate funzioni, ma anche quali
siano le interazioni con i pensieri elaborati dell’individuo. In realtà lo
studio delle onde elettriche cerebrali risale ai primi anni del ‘900 e si
concretizza con la creazione dell’elettroencefalogramma (EEG), strumento in
grado di registrate l’attività elettrica del cervello, realizzato dallo
psichiatra Hans Berger nel 1929.
Nel corso dei decenni successivi,
l’interesse verso lo studio delle capacità cerebrali umane si intensificò ad un
punto tale da generare vere e proprie scuole di pensiero e gruppi di studiosi
che indirizzarono i loro studi su alcune potenzialità del cervello umano ancora
inesplorate o, addirittura, definite fantasiose, da parte di quel mondo
scientifico rigidamente legato ai canoni della sperimentazione scientifica
dimostrabile.
Di certo, ancora oggi, l’uomo è abituato a relazionarsi con il
mondo intero solo basandosi su specifiche capacità sensoriali, ignorando, quasi
sistematicamente la propria mente e le sensazioni da essa generate. Tuttavia,
secondo molti ed autorevoli scienziati, l’uomo utilizza il proprio cervello per
una percentuale pari solo al 10%. Verrebbe da interrogarsi a questo punto, a
cosa possa servire il rimanente 90%, e forse qualcuno potrebbe asserire che
effettivamente molti esseri umani di fatto, utilizzano ben poco il proprio
cervello! Al di là delle facili battute, è stato scientificamente dimostrato che
non esistono all’interno del cervello dell’uomo, aree inutilizzate o addirittura
inservibili. Pertanto, l’essere umano necessita integralmente dell’intero
sistema cerebrale per svolgere una miriade di funzioni complesse, alcune delle
quali ancora tuttora avvolte nel mistero. È altresì vero però, che per quanto
concerne le reali potenzialità di sviluppo di un cervello umano, non sono mai
stati definiti dei limiti ben precisi. Per la verità, la scienza ha sempre
lasciato intendere che il cervello di ogni singolo individuo può svilupparsi ed
evolvere in maniera completamente diversa e che a questa diversificazione,
possano concorrere molteplici fattori, spesso riconducibili ad aspetti genetici,
di crescita personale, di esperienze di vita, etc. In tal senso, è possibile
affermare che
il cervello umano può crescere e evolversi in maniera
infinita, raggiungendo confini che possono spalancare le porte di capacità e
potenzialità ancora inesplorate.
Il concetto appare, al primo impatto, come
particolarmente complesso se non addirittura privo di un solido fondamento
scientifico, e da un certo punto di vista, ciò è assolutamente incontestabile.
Non a caso, ad esempio, per l’essere umano tipicamente razionale ed abituato ad
una visione “materiale” della realtà, è inaccettabile che si possa vedere
qualcosa utilizzando strumenti diversi dai propri occhi. Se poi cerchiamo di
coinvolgere la nostra mente in questa ipotesi di potere oscuro dell’individuo,
il risultato che ne deriva è quello di un totale rifiuto anche solo all’ipotesi
che esista una metodologia di apprendimento che utilizzi strumenti diversi dai
sensi dell’uomo.
Tuttavia, tra le possibili e sconosciute potenzialità
cerebrali dell’uomo, quella che ha raggiunto il massimo apice, da un punto di
vista di interesse scientifico e quindi di possibili applicazioni, è di certo
quello della
visione remota.
La
Visualizzazione Remota o
Remote Viewing, è una facoltà mentale che consente ad un
viewer
(osservatore) di descrivere o fornire informazioni su cose o scenari che
risultano inaccessibili ai sensi dell’uomo e indipendenti da parametri definiti
come la distanza e/o il tempo. Tanto per fare un esempio, ad un
viewer si
potrebbe chiedere di descrivere una particolare strada in un lontano paese in
cui non è mai stato, oppure ciò che si vede in un incrocio di una città distante
migliaia di chilometri, oppure la conformazione degli edifici presenti, in un
tratto di costa, di un paese ubicato dall’altra parte del mondo. A ciò si
aggiunge il fatto che la descrizione dello scenario “visionato” potrebbe anche
prescindere dalla condizione temporale. In altri termini il soggetto potrebbe
essere in grado di descrivere un determinato scenario di un particolare luogo,
risalente ad uno specifico momento storico. Quindi, la visione remota consente,
ad una persona dotata di queste capacità, di descrivere, con un certo grado di
accuratezza, immagini, luoghi, oggetti, persone realmente presenti (o che lo
siano stati) in posti molto distanti e senza che gli vengano fornite descrizioni
o informazioni di alcun tipo. Volendo attribuire una definizione al fenomeno, lo
si può descrivere
come un processo attraverso il quale un individuo riesce a
percepire (visualizzare a livello cerebrale)
informazioni
(prevalentemente immagini)
su ambienti e luoghi geograficamente anche molto
distanti, senza limitazioni di tempo e di spazio. Stiamo quindi parlando di
una
particolare capacità, non contemplata nei cinque sensi conosciuti, e
riconducibile a strumenti
metafisici.
Pertanto la visione remota, può
essere identificata come una
percezione extrasensoriale (Extra-sensory
perception – ESP), una capacità quindi che esula dai cinque sensi dell’uomo.
Alcuni la definiscono anche come
sesto senso, ma comunque la si voglia
identificare, permane la certezza della capacità di acquisire informazioni
attraverso canali sconosciuti e inspiegabili per coloro che si basano, per la
dimostrazione dei fenomeni, su metodologie riconducibili alle scienze classiche
e scientificamente dimostrabili. Nell’alveo delle percezioni extrasensoriali
(che fanno parte del settore di studio della Parapsicologia), è possibile
identificare diverse capacità paranormali, come la
precognizione (o
capacità di prevedere ciò che avverrà in futuro), la
telepatia (che
consentirebbe di comunicare mediante la trasmissione del pensiero) e la
chiaroveggenza, che sembrerebbe avere molti punti in comune con la Remote
Viewing (RV). Come abbiamo già detto, essa si basa sulla capacità di acquisire
conoscenze su luoghi, eventi, persone e cose ubicate in posti lontani o comunque
non visibili al chiaroveggente (termine che identifica colui che è dotato di
questa capacità). Anche la storia del termine, è particolarmente singolare, in
quanto deriva da due lingue: quella attuale deriva dal francese
(
clairvoyance, o visione chiara), che a sua volta deriva dal latino
(
clarus e
videre, chiaro e vedere).
Sperimentazioni sulla visione remota: il progetto
Stargate
Esattamente nel 1972, presso lo Stanford Research
Institute (SRI) e successivamente all’Applications International Corporation
(SAIC), di Menlo Park, CA, Puthoff insieme a colui che diverrà il suo
collaboratore più prezioso, Russel Targ, anch’egli fisico, realizzarono una
serie di esperimenti riconducibili alle
proprietà quantiche (1) della
mente dell’uomo. I primissimi esperimenti si basarono sulla collocazione di un
soggetto (ricevente) in una camera sigillata e elettricamente schermata, e di un
secondo soggetto (inviante) in un’altra stanza, anch’essa opportunamente
sigillata e schermata. Mentre il soggetto inviante veniva esposto a lampi
intensi di luce ad intervalli regolari, contestualmente venivano registrate
mediante un elettroencefalogramma (EEG) le onde cerebrali dell’inviante e del
ricevente. Curiosamente le onde cerebrali dell’inviante che si accompagnavano ai
lampi di luce, risultarono analoghe a quelle del ricevente, che le produceva
solo dopo alcuni attimi. Da notare che il ricevente non veniva esposto ai lampi
di luce dell’inviante. Questo esperimento dimostrò che esisteva un “qualcosa” di
cerebrale che legava i due individui prescelti.
In quello stesso anno,
Puthoff propose allo SRI di approfondire queste ricerche proprio per ricercare
le proprietà della fisica quantistica negli esseri umani. In particolare i due
fisici, condussero delle ricerche su di un personaggio che sembrava possedere
particolari capacità psichiche: il suo nome era Uri Geller. Geller nasce a Tel
Aviv nel 1946, da genitori ungheresi, e nel corso degli anni ebbe occasione di
spostarsi in diversi paesi, cosa che gli consentì di acquisire la conoscenza di
diverse lingue. Dopo aver prestato il servizio militare come paracadutista
(partecipò alla Guerra dei Sei Giorni, in cui rimase ferito), lavorò perfino
come fotomodello, ma ben presto iniziò a fare spettacoli in giro per i locali di
tutto il mondo, esibendo le sue capacità particolari, tra cui quella più famosa
in cui riusciva a piegare i cucchiaini da caffè, grazie alla forza del pensiero.
Targ e Puthoff, venuti a conoscenza delle sue particolari capacità, lo
convocarono per invitarlo a collaborare alle loro ricerche. Lo studiarono per
mesi approfonditamente e dopo qualche tempo, pubblicarono un resoconto, che finì
sulla rivista
Nature, che scatenò un’autentica bufera: i due fisici
giudicarono attendibili le capacità mentali del giovane israeliano.
Le
notizie delle sperimentazioni condotte allo SRI, non tardarono a raggiungere la
CIA (Central Intelligence Agency), che inviò a Stanford, nel giro pochi giorni,
due agenti per conoscere Puthoff e Targ. L’Agenzia mostrò subito un particolare
interesse per le ricerche condotte dai due fisici sulla Visione Remota,
soprattutto perché era venuta a conoscenza di sperimentazioni analoghe condotte
oltre la “cortina di ferro”. Effettivamente, pare che sin dal 1940, il Cremlino
avesse manifestato uno smisurato interesse per queste particolari capacità
mentali, al punto tale che sembra che lo stesso Stalin fosse diventato amico di
un eccentrico ebreo polacco, Wolf Messing, responsabile della premonizione sulla
fine della Germania nazionalsocialista, qualora Adolf Hitler avesse attaccato
l’Unione Sovietica. Tuttavia la ragione di tanta attenzione da parte di Stalin
per la
psicotronica (fu così ribattezzata la scienza che si occupa della
reali energie umane) era riconducibile ad uno scopo ben preciso. Sembra
che nel 1953 egli avesse già dato disposizioni in merito all’organizzazione, con
la collaborazione delle Forze Armate, di gruppi di individui dotati di facoltà
telecinetiche che dovevano essere utilizzati per una molteplicità di operazioni:
dall’intercettazione dei piani strategici degli avversari, al disturbo delle
strumentazioni in uso ai militari degli eserciti occidentali, fino all’utilizzo
di spie “telepatiche” che avrebbero dovuto assimilare informazioni segrete di
tipo diverso. Purtroppo ben poco è trapelato sulle sperimentazioni condotte in
URSS, ma sembra che le stesse siano proseguite fino al termine degli anni
Settanta, con il coinvolgimento di diversi personaggi, particolarmente “dotati”,
come Karl Nikolaev
(2) e Yurij Kamenskij. Furono proprio gli esperimenti condotti su
questi ultimi due personaggi, a partire dal 1965, a convincere i sovietici della
bontà degli studi sui poteri della mente. Sembra infatti che siano riusciti ad
effettuare delle sessioni di comunicazione mentale, raggiungendo distanze di
centinaia di chilometri, ottenendo risultati che furono ritenuti sbalorditivi
dallo stesso Cremlino, che autorizzò l’immediata realizzazione di centri di
ricerca in varie aree geografiche, alcune delle quali identificate vicino alle
città di Novosibirsk, Odessa, Zhaporozhje, Taganrog e Alma Ata.
Proprio in
base a queste ultime informazioni che giungevano dal paese comunista, i due
agenti della CIA (ma anche con la collaborazione della DIA - Defence
Intelligence Agency, e dei servizi di intelligence della Marina), offrirono ai
due fisici, la possibilità di continuare le sperimentazioni con la massima
libertà d’azione e con la promessa di corposi finanziamenti erogati dal Governo.
La stessa offerta fu estesa ovviamente anche a Targ. Di certo, nell’offerta di
collaborazione della CIA furono determinanti le esperienze maturate da Puthoff,
prima come Naval Intelligence Officer nella Marina USA e successivamente come
impiegato presso la National Security Agency.
Puthoff e Targ accettarono, e
le prime ricerche furono indirizzate su sperimentazioni che si basavano sulla
percezione a distanza, di simboli e oggetti nascosti in buste e scatole. In
sostanza, ad alcuni soggetti
riceventi veniva chiesto di disegnare o di
descrivere alcuni oggetti nascosti, o di disegnare gli oggetti che erano ubicati
vicino al soggetto
inviante. I risultati di alcune di queste
sperimentazioni furono descritte, in maniera dettagliata, in due pubblicazioni
realizzate dallo stesso Puthoff
(3) . Anche se nel 1995, furono
declassificate e rese pubbliche (dalla CIA) circa 270 pagine di relazioni dello
SRI, quasi tutta la documentazione delle sperimentazioni, che rappresenta la
parte di maggiore rilevanza scientifica delle sperimentazioni condotte, resta
ancora classificata. Nonostante il rilevante alone di riservatezza che ancora
oggi circonda l’intero progetto, sembra che i funzionari della CIA preposti al
controllo dello svolgimento degli esperimenti, siano rimasti positivamente
colpiti dai risultati conseguiti, al punto tale da ritenere che la trasmissione
delle informazioni a distanza fosse possibile anche per persone non dotate di
questi particolari poteri. Non a caso, in alcuni documenti
(4) , lo
stesso Puthoff afferma che gli sviluppi conseguiti presso lo SRI, potevano
consentire ad agenti della CIA, che non avevano conoscenze specifiche di queste
procedure o che non erano stati opportunamente preparati, ad eseguire con
successo esperimenti di acquisizione a distanza di informazioni.
Nel 1973, il
progetto subì una variazione metodologica, che condusse anche alla definizione
del suo nome, che fu identificato come
Scanate (scanning by coordinates).
Questa volta l’interesse di Puthoff e Targ si concentrò sulla sperimentazione di
tecniche di acquisizione di informazioni a distanza, mediante l’utilizzo di
coordinate geografiche (da questo il nome di Scanate). In pratica, al
soggetto ricevente venivano fornite semplici coordinate geografiche
basate su latitudine e longitudine (riconducibili ad un luogo preciso in cui era
presente persona che assumeva il ruolo di osservatore), pertanto il soggetto
ricevente acquisiva le informazioni mediante un processo di visione mentale
basato esclusivamente sulle coordinate fornite. Solo dopo pochi mesi venne
redatto un rapporto particolarmente incoraggiante sui risultati delle
sperimentazioni condotte; la più famosa fu sicuramente quella che interessò un
enigmatico personaggio: Ingo Swann. Alla costante ricerca di soggetti che
presentassero determinate caratteristiche, o che asserivano di possedere
particolari capacità mentali, Puthoff e Targ, si imbatterono in colui che passò
alla storia per l’esperimento dell’anello di Giove. In realtà, Swann era entrato
precedentemente in contatto con Puthoff, in base alla visione di una richiesta
di finanziamento, elaborata dal fisico dello SRI, per un progetto di ricerca
sulla biologia quantistica inviato dallo stesso Puthoff al laboratorio Clive
Backster di New York. Swann, che aveva partecipato ad alcuni esperimenti di
psicocinesi presso il laboratorio del professor Gertrude Schmeidler, presso il
City College di New York, contattò Puthoff offrendogli la sua totale
collaborazione per le sperimentazioni che stava conducendo.
Ingo Swann,
eccentrico artista e scrittore di New York, fu immediatamente descritto dai due
fisici come un individuo “particolarmente dotato”. Uno dei primi esperimenti in
cui fu coinvolto lo scrittore newyorkese, fu quello delle scatole, di cui il
visore doveva indovinare il contenuto. Durante un test di questo tipo, fu
chiesto a Swann di descrivere il contenuto di una di esse: egli disse “
…io
vedo qualcosa di piccolo, marrone e irregolare, come una sorta di foglia o
qualcosa che gli assomiglia, solo che mi sembra molto viva, come se fosse in
movimento!”. La scatola conteneva una piccola falena, viva che aveva proprio
l’aspetto di una piccola foglia
(5) .
Tuttavia l’esperimento più
famoso, fu quello che coinvolse l’osservazione del pianeta Giove. Una sera del
1973, i due fisici parteciparono ad una sessione di visione remota con Swann,
che dopo una premonizione che durò circa venti minuti, descrisse alcune
caratteristiche fisiche del pianeta Giove tra cui l’esistenza di un sottile
anello che lo circondava (piuttosto simile a quello di Saturno). Fornì, inoltre,
alcune indicazioni sulla superficie del pianeta, sull’atmosfera e sulle
condizioni meteo presenti.
Effettivamente l’anello fu poi osservato solo nel
1979 dalla sonda Voyager. Anche in questo caso non mancarono critiche e
contestazioni sulla correttezza e sull’approssimazione delle affermazioni fatte
da Swann. I risultati di queste sperimentazioni furono riportare su una
pubblicazione che venne rilasciata durante un convegno tenutosi presso
l’Università di Stanford nel 1972
(6) , in cui si annunciarono
pubblicamente le possibilità e le potenzialità mentali di alcuni individui
particolarmente dotati.
Il progetto, rinominato Stargate, andò avanti per
diverso tempo e furono condotte ulteriori sperimentazioni che portarono alla
riformulazione della tecnica CRV (Coordinate Remote Viewing). Ulteriori ricerche
furono condotte anche da un progetto analogo, coordinato però dall’esercito
statunitense (anch’esso in collaborazione con la DIA), presso Fort Meade nel
Maryland, e noto con il nome di
Grill Flame. Gli esperimenti, condotti
con personale civile e militare, proseguirono fino al 1979, anno in cui si
procedette alla fusione dei due progetti.
Coperti entrambi da un livello di
segretezza elevatissimo, non fu rivelato molto sugli esiti delle sperimentazioni
che proseguirono fino al 1983, quando il progetto venne rilevato dall’INSCOM
(United States Army Intelligence e Security Command), struttura militare
dell’Esercito USA e della National Security Agency (NSA) con sede a Fort Belvoir
(Virginia). La prosecuzione degli studi fu sottoposta alla supervisione del
Generale Albert Stubblebine (ribattezzata Center Lane Project), ed è proprio in
questo periodo che Puthoff e Swan redigono, nel 1986, il
CRV Manual (The
Controlled Remote Viewing Manual), prima guida di apprendimento sulla
visualizzazione a distanza
(7) . All’apice della sua curva evolutiva, lo studio sulla
visione remota, poteva contare sul lavoro condotto da ben 14 laboratori di
ricerca completamente dedicati al progetto.
Da questo momento in poi, e per
quello che è dato sapere, sembra che i risultati conseguiti non siano stati
molto incoraggianti (si parlò di una percentuale di successi di visione remota
del 20%, contro un 80% di insuccessi), e in funzione di un riesame sfavorevole
da parte della National Academy of Sciences (NAS), l’esercito USA e la DIA,
decisero di abbandonare definitivamente il progetto.
Non fu dello stesso
avviso la CIA, che nel 1995 rifinanziò le ricerche e contattò l’American
Institute of Research incaricandola di esaminare i risultati delle ricerche e
delle sperimentazioni. Fu elaborata una relazione da parte di due eminenti
esponenti del NAS, Jessica Utts e Ray Hymann, che espressero due opinioni
discordanti sui risultati conseguiti nei 24 anni di durata del
progetto.
L’esperta di statistica Utts, valutò positivamente le
sperimentazioni effettuate, consigliando una prosecuzione delle indagini sulle
effettive capacità di alcuni individui analizzati e raccomandando che venissero
effettuati “…
futuri esperimenti per mettere a fuoco e per comprendere meglio
il funzionamento di questo fenomeno, e su come renderlo possibile”.
Di
parere contrario fu lo psicologo Hymann, il quale affermò che nonostante le
sperimentazioni condotte fossero state ben progettate ed analizzate, e sebbene
avessero dimostrato per alcuni individui, l’esistenza di particolari “capacità
mentali”, il ridotto numero di candidati, le molte imprecisioni degli
esperimenti e i difetti di alcune metodologie di sperimentazione, non erano di
conforto per la prosecuzione delle ricerche.
Pur trovandosi di fronte ad
giudizio “misto”, l’American Institute of Research, consigliò la CIA di
terminare il programma Stargate.
È opportuno sottolineare che le valutazioni
dei due esperti del NAS, si basarono solo su di una parte, peraltro ridotta,
della documentazione prodotta in tutti gli anni in cui fu attivo il progetto.
Complessivamente, il progetto Stargate (che nel corso degli anni cambiò nome più
volte), costò, nei due decenni, qualcosa come oltre 20 milioni di dollari, e
portò al coinvolgimento di molteplici personaggi, alcuni dei quali conquistarono
anche una particolare notorietà, come Ingo Swann, Pat Buchanan, Paul Smith,
Joseph McMoneagle, Ed Dames.
Il 17 aprile 1995, il Presidente Bill Clinton
impartì l’Ordine Esecutivo Nr. 1995/4/17, intitolato Classified National
Security Information, che produsse la declassificazione e conseguente
pubblicizzazione di oltre 270 pagine, custodite dalla CIA e riconducibili alle
relazioni redatte dalla SRI negli anni delle sperimentazioni, anche se, come già
asserito, la maggior parte della documentazione prodotta in quegli anni, non è
stata ancora “declassificata”.
Nel 1995, il progetto fu ufficialmente
terminato, ma non si ha la certezza assoluta che le ricerche e le
sperimentazioni siano state definitivamente abbandonate. È altresì ignoto se il
progetto sia stato nuovamente (e segretamente) rifinanziato dal governo
statunitense.
È interessante notare che pare che anche il governo britannico
nel periodo 2001-2002, si sia interessato allo studio della visione remota.
Sembra tuttavia che le sperimentazioni effettuate su circa 18 soggetti “dotati”
non abbiano prodotto risultati interessanti. Le sperimentazioni furono divulgate
nel 2007, in seguito ad un
Freedom of Information request (8) .
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