mercoledì 8 dicembre 2010

BRUCIARE I RIFIUTI NON CONVIENE: DA NESSUN PUNTO DI VISTA

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Bruciare i rifiuti avvelena la terra, l’aria e l’acqua, provocando seri danni alla salute. Invece, i rifiuti differenziati potrebbero essere fonte di notevoli vantaggi economici, nel rispetto degli esseri viventi. DiAmato Lamberti

Forse, sui rifiuti si è scritto e detto fin troppo. Da anni non facciamo che ripetere le stesse cose ma non riusciamo ad avere interlocuzione con coloro che decidono sulla testa dei cittadini senza mai sognarsi neppure di consultarli. Non si tratta di essere pessimisti o catastrofisti, tantomeno per partito preso. D’altra parte solo chi ha interessi da difendere prende partito per questa o quella soluzione. Il mio è un discorso semplice: bruciare i rifiuti non conviene né da un punto di vista ambientale, né da un punto di vista della salute della gente e degli animali, né, tantomeno, da un punto di vista economico.
Bruciare i rifiuti avvelena la terra, l’aria, le acque superficiali e sotterranee: l’ho già detto e scritto e non ci ritorno sopra. Bruciare i rifiuti danneggia però anche la salute degli animali e delle persone. Quindi, danneggia la salute delle persone, direttamente, perché le fa ammalare più o meno gravemente; ma le danneggia anche indirettamente, perché molti animali entrano nella catena alimentare umana, come avviene anche per cereali, ortaggi e frutta, e ci si può ammalare anche mangiando carni o cereali, ortaggi e frutta inquinati da metalli pesanti o da altre sostanze organiche.
I giapponesi non vengono più a pescare nel Mediterraneo perché il pesce, come il tonno e il pesce spada, ha percentuali troppo alte di mercurio, che pare sia responsabile di molte malattie mentali e alterazioni del comportamento. Da noi nessuno si preoccupa e quindi va bene così. Anche su questo tema, quello dei danni alla salute, c’è una letteratura abbondante in tutte le lingue, compreso arabo, cinese, russo, e non solo inglese, francese, tedesco, spagnolo, danese e norvegese. Oggi Google permette di avere la traduzione, certo molto letterale, di tutti i testi presenti in internet e quindi anche chi non padroneggia molte lingue e nemmeno l’inglese può facilmente almeno orientarsi.
Certo, i danni alla salute non sempre, anzi quasi mai, sono immediatamente visibili, ma quando su un territorio delimitato si registrano tassi di mortalità per tumori che sono 10, 20, 30 volte superiori alla media regionale e nazionale viene il dubbio che ci sia su quel territorio qualcosa che produce quei risultati catastrofici. Sarà una fabbrica di veleni, o qualcosa d’altro, ma se su un territorio definito trovo percentuali troppo alte di sostanze nocive nel sangue delle persone o, addirittura, nel latte materno, è da irresponsabili non cercare la fonte di questo avvelenamento collettivo. Poi, una volta individuata la fonte che avvelena terra, aria, uomini , animali e piante, si può anche decidere, come generalmente avviene, di continuare a farla funzionare ma non si dovrebbe farlo senza avvisare i cittadini dei pericoli che corrono.
È da delinquenti, da processare per procurata strage, arrivare al punto di nascondere i risultati delle analisi e far girare notizie false solo per tranquillizzare la situazione. Ma le notizie vere circolano, basta cercarle dove si trovano. Per fortuna oggi c'è la rete dove si può trovare anche un film come "Biutiful cauntri" (scritto come si pronuncia) o un sito come "La terra dei fuochi". Nessuno, neppure il più ignorante degli amministratori, può più dire: non sapevo. Infine, bruciare i rifiuti non è la soluzione economicamente più remunerativa, anche in Italia, dove il contributo CP6 fa notevolmente aumentare il rendimento economico dell’energia elettrica prodotta.
Le frazioni differenziate vendute separatamente alle aziende che le riutilizzano hanno una resa economica notevolmente superiore e comunque permetterebbero di abbattere significativamente, a vantaggio dei cittadini, la tassa sui rifiuti urbani. In tutto il mondo si stanno sperimentando utilizzazioni innovative delle frazioni differenziate. In Giappone, ad esempio, sono già in produzione apparecchiature che dalla plastica ricavano benzina, nafta e kerosene, con un rendimento particolarmente significativo e con scarso consumo di energia. Dai rifiuti ricchi di cellulosa, come la carta, ma anche gli scarti di cartiera, o i residui della lavorazione del tabacco, si può produrre acido levulinico, utilizzabile nella produzione di benzine come antidetonatore non cancerogeno, ma anche nella produzione di vernici e di solventi non cancerogeni.
Gli scarti della produzione di formaggi e latticini possono essere utilizzati per la produzione di bioproteine, con altissimo valore aggiunto. Gli esempi potrebbero essere tanti, ma l’importante è che in tutto il mondo si ragiona considerando il rifiuto come una risorsa da utilizzare ricorrendo anche alle tecnologie più avanzate. Solo in Italia si continua a pensare ai rifiuti, che comunque sono prodotti da uno stile di vita e di consumo che potrebbe anche essere modificato per limitarne la produzione ormai diventata parossistica, come un problema da seppellire e da incenerire, per nasconderlo alla vista, senza neppure pensare alle ricadute in termini di inquinamento e di malattie, né tanto meno ai vantaggi economici di una intelligente utilizzazione.
Potremmo anche dire che è la riproposizione di un vecchio dilemma: è meglio l’uovo oggi o la gallina domani? Con una modifica abbastanza significativa: è meglio l’uovo avvelenato oggi o la gallina dalle uova d’oro domani? I nostri amministratori, per fortuna non tutti, sembrano oggi preferire l’uovo avvelenato, perché la salute delle piante, degli animali e delle persone non li riguarda.
(Fonte foto: Rete Internet)
Autore: prof. Amato Lamberti

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