sabato 17 luglio 2010

In memoria di Paolo. Le Agende rosse in piazza, e le lacrime dentro il Palazzo di Giustizia

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il giudice Paolo Borsellino
di Antonio Fossa
PALERMO – Erano da poco passate le 17 di una caldissima domenica d'estate del 1992. Era il 19 luglio. In via d'Amelio, a Palermo, era scoppiato l'inferno con un'autobomba che uccise il giudice Paolo Borsellino e cinque giovani agenti della sua scorta, tra cui una poliziotta. «Mia madre sentì suonare il citofono e si spostò nell'altra stanza, quando sentì l'esplosione il suo cervello ha rimosso che sotto le macerie ci potesse essere il figlio Paolo, ha pensato ad una fuga di gas».
Non riesce a trattenere le lacrime Salvatore Borsellino, fratello del giudice Paolo Borsellino, quando in una affollata aula magna del palazzo di giustizia di Palermo ricorda gli ultimi istanti di vita del fratello. «Quel giorno mio fratello ha voluto prendere in braccio mia madre chiudendole gli occhi per non farle vedere l'orrore che c'era in via D'Amelio – ha proseguito – subito dopo l'esplosione, mia madre scalza scese per le scale che erano piene di vetro, per le finestre che si erano infrante ma non si ferì. Un vigile del fuoco la prese in braccio e la portò in ospedale. Passò proprio accanto al tronco di Paolo, cioè di quello che restava di mio fratello ormai carbonizzato, senza dire nulla. Non può averlo visto. Ecco perchè sono ancora convinto che è stato mio fratello a chiuderle gli occhi con la mano». Parole che fanno esplodere in lacrime decine di persone presenti nell'aula magna. «C'erano dei carabinieri – ha detto ancora Salvatore Borsellino – che raccoglievano in una scatola da scarpe i resti della pelle di Emanuela Loi, l'unica donna della scorta, che è stata riconosciuta solo grazie alle lentiggini e ai capelli biondi. C'erano pezzi di cadavere e di cervello sparsi ovunque. Un orrore che non può essere dimenticato».
Il gesto vandalico
Un orrore a cui si aggiunge l’amarezza se a 18 anni di distanza da quella strage, un gesto vile danneggia le statue in gesso dedicate ai giudici Falcone e Borsellino. Erano state sistemate appena ieri pomeriggio nella centralissima via Libertà a Palermo, ma la notte scorsa qualcuno le ha gettate in terra. Le due statue, realizzate dallo scultore palermitano Tommaso Domina, erano state installate alla vigilia del 18° anniversario della strage di via D'Amelio a pochi passi da piazza Politeama con la scritta ‘Giovanni e Paolo, due uomini liberi con le loro idee, nel sole, nell'allegria, nell'amicizia, fra la loro gente’.
Le Agende rosse in piazza

‘Il fresco profumo di liberta’, 'Con voi contro la mafia’. Sono soltanto alcuni degli striscioni sventolati questa mattina davanti al palazzo di giustizia di Palermo per sostenere il lavoro dei magistrati. Ad organizzare la manifestazione, i giovani della 'Scorta civica’ che hanno radunato davanti al tribunale un centinaio di persone che, sfidando il caldo torrido, hanno manifestato con l'agenda rossa in mano, il simbolo scelto da Salvatore Borsellino, fratello di Paolo Borsellino, il giudice ucciso dalla mafia, per chiedere giustizia. L'agenda rossa, sparita dopo l'attentato del 19 luglio 1992 in via D'Amelio, non è mai stata ritrovata.
Dentro il Palazzo di Giustizia i magistrati alla ricerca della verità
Intanto, all’interno del tribunale, la commemorazione del 18esimo anniversario della strage in cui ha perso la vita il giudice Borsellino con la sua scorta.
Un'ovazione ha accolto i magistrati che sono entrati nell'aula magna. Commentando l'accoglienza calorosa da parte dei manifestanti, il procuratore di Palermo Francesco Messineo ha detto: «È molto confortante che nell'opinione pubblica ci sia questa fiducia nella magistratura e l'esortazione ad andare avanti, però non bisogna dimenticare che lavoriamo tra molte difficoltà, sia per mancanza di risorse sia per una legislazione che non sempre ci aiuta o ci agevola nelle indagini».
Ingroia: “Squarci di verità che svelano scenari agghiaccianti”
Ma a distanza di 18 anni alcuni “squarci di verità’ su quella giornata dell’orrore, cominciano a venire a galla. Le indagini che sta conducendo la Procura di Caltanissetta “fanno emergere dei fatti, tutti da verificare, che svelano scenari agghiaccianti”. Lo ha detto il procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia, intervenendo all’incontro. «Dopo le stragi tutti noi avevamo avuto quella netta sensazione - ha aggiunto Ingroia - e adesso queste sensazioni si stanno trasformando in indagini con fatti importanti che abbiamo atteso per anni». «Fatti agghiaccianti ed inquietanti emersi anche con il contributo del pentito Gaspare Spatuzza e di Massimo Ciancimino». Ma man mano che ci si avvicina a quella verità i magistrati sono sempre più in pericolo.
Così Salvatore Borsellino lancia un appello chiaro: “Chiedo la ‘scorta civica’ di quei giovani che hanno deciso di stare accanto ai magistrati che vogliono togliere il velo sulla strage di via D'Amelio”.

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