sabato 1 giugno 2013

La conoscenza ci rende liberi.

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Teatro Coppola di Catania, nella sera del 26 maggio, “La Compagnia del Tempo Relativo” ha rappresentato la piace “Inneres auge e l’occhio della giustizia”, scritta da Lella Falzone e Angelo Lo Verme; ispirata al mio romanzo “Leone Bianco – Leone Nero”.
Alla fine delle spettacolo, gradito in sala, sono stato invitato sul palco dove ho ringraziato i ragazzi del Teatro Coppola che ci ha ospitati e “La Compagnia del Tempo Relativo” sempre impegnata a trattare temi di rilevanza sociale.
Durante il mio breve discorso ho sottolineato l’importanza della cultura, perché solo la conoscenza ci rende liberi.
Come dico sempre, se non avessi letto tanto e non avessi investito tempo e fatica nell’incrementare la mia capacità di pensiero, sicuramente non sarei uscito tanto bene dal dramma in cui sono piombato nell’ottobre del 2008 a causa di una legge illogica, liberticida e criminogena. Così, il primo messaggio è stato: “L’IGNORANZA VI TIENE IN CATENE, LIBERATEVI!”.
Ho poi parlato dei problemi carcerari e di come questi si ripercuotono su tutta la società, anche tra coloro che, probabilmente, non finiranno mai dietro le sbarre.
Riscuoto sempre un consenso assoluto da parte di chi mi ascolta quando, dopo aver raccontato loro di certe orribili realtà, affermo che è indispensabile cambiare il sistema carcerario italiano.
Durante il mio discorso, non potevo non trattare il tema che più mi sta a cuore: l’antiproibizionismo.
L’argomento è vastissimo e, senza dilungarmi troppo, cerco sempre di esporre con chiarezza le questioni principali, rimanendo sempre disponibile al confronto.
Cosciente del fatto che un nemico della legalizzazione è il tabù sull’argomento, non manco mai di dichiarare che fumo cannabis da 22 anni. (NB: non da quando avevo 22 anni, ma DA 22 anni!).
Con ciò voglio dimostrare, contro tutte le menzogne proibizioniste, che fumare marijuana avendo “rispetto” per la sostanza, non è più lesivo di bere alcolici responsabilmente (anzi lo è molto meno).
ATTENZIONE: Non dico che è giusto fumare cannabis e che tutti dovrebbero farlo, anzi sono certo del fatto che, in età adolescenziale, nessuno dovrebbe fare uso di sostanze psicoattive, comprese quelle legali, se non con grande moderazione e controllo.
Voglio invece sottolineare che occorre distruggere quel pregiudizio secondo il quale, chi fuma anche solo una canna al giorno, ha dei problemi ed è un tossicodipendente.
Perché non ha dei problemi ed è un tossicodipendente chi, tutti i giorni, beve un bicchiere di vino a tavola?
Perché, nonostante sappiamo tutti che nuoce gravemente alla salute, non “rimproveriamo” tutti gli individui che vediamo con una sigaretta di tabacco tra le labbra?
Eppure, come è successo anche ieri sera, qualcuno mi accusa di istigare i ragazzi all’uso di una sostanza “dannosissima”.
Tutto ha avuto inizio quando ho autografato il libro ad un ragazzo appena quindicenne che, dopo aver acquistato il mio romanzo, mi ha confessato di non aver mai “sperimentato l’erba”, ma di provare “curiosità” per questa sostanza e di essere stato invitato a fumare marijuana da coetanei che lo fanno regolarmente.
Io ho risposto che, qualsiasi cosa gli venga proposta nella vita, per scegliere bene deve assolutamente informarsi prima, conoscere l’argomento e decidere in virtù di ciò che è, e non di ciò che qualcuno racconta. Ho aggiunto inoltre che, in fase adolescenziale, sarebbe meglio evitare qualsiasi sostanza psicoattiva, compreso alcol, perché potrebbe incidere sui processi di crescita cerebrale.
Neppure per un attimo ho pensato di dire al ragazzo: “NO, NON FARLO”, per il semplice fatto che, nella mia vita, ogni “NO impostomi” l’ho trasformato in un “doppio SI”. Non serve a niente vietare, serve invece spiegare e indurre alla riflessione, SEMPRE!
Prima la madre e poi, in sostegno, il padre del ragazzo, hanno iniziato ad inveire contro ciò che ho detto sul palco, affermando di essere d’accordo con me per ciò che riguarda le carceri e la cultura, ma non la droga.
Ho cercato di capire cosa, secondo loro, non andava. La risposta è stata una soltanto: “Lei non deve permettersi di dire che, dopo aver fumato per 22 anni marijuana, sta bene”.
Ho provato a chiedere cosa avevano notato in me che non andava. Ho chiesto quale evidente segno testimoniava il danno provocatomi dai cannabinoidi.
Nessuna risposta a queste domande. Ribadivano che le mie parole potevano indurre i ragazzi a sentirsi legittimati ad usare la droga.
Ho provato a chiedere alla signora inviperita se, quando passa uno spot in tv che pubblicizza l’alcol, si arrabbia perché quella pubblicità legittima il figlio ad usare alcol o se rimprovera il marito e gli amici che sorseggiano vino a tavola davanti la prole.
La questione però non era la birra o il vino, era la marijuana, un erba con proprietà terapeutiche e psicoattive, con una dose letale non assimilabile dall’uomo, ma inserita tra le sostanze vietate.
Qualcuno mi ha suggerito di dar ragione alla signora per farla stare zitta, ma non mi ci vedo proprio a scusarmi per qualcosa che non ho fatto.
Cari perbenisti, voi che da giovani chissà quante ne avete combinate, per favore smettetela di scandalizzarvi perché qualcuno che si fa le canne gode di ottima salute.
Pensate al vostro sovrappeso piuttosto, al colesterolo che non riuscite a tenere sotto controllo perché siete dipendenti dal cibo spazzatura; oppure pensate a come risolvere i vostri problemi di insoddisfazione sessuale, di depressione per un lavoro che odiate e che fate male.
Invece di preoccuparvi dei messaggi dati da me, preoccupatevi di quelli che arrivano dalla TV e da tutti i media venduti al potere. Cosa guardano i vostri figli? Che musica ascoltano? Che siti internet visitano? Quali sono i loro hobby?
Come fate a temere tanto una canna quando regalate console piene di giochi idioti a vostro figlio?!
Non vi preoccupate di cosa mangia e di cosa beve il vostro bambino, trovereste normale scoprire vostro figlio che prova a fumar una sigaretta di tabacco o bere della birra, ma guai a parlare di marijuana.
Trovate normale che, i vostri figli, passino 10 ore al giorno davanti lo schermo del pc e/o quello del televisore.
Vi rendete conto che, paradossalmente, fa più male dare ad un bimbo appena svezzato un assaggio di coca-cola che due tiri ad una canna all’età di 16 anni?!
Preoccupatevi della capacità critica dei vostri figli, dei programmi scolastici che li inebetiscono, dei docenti interessati solo allo stipendio, di un sistema scolastico che è solo business.
Scusatemi, forse ho esagerato: troppa verità?
Giuseppe Nicosia – Ascia

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