martedì 12 luglio 2011

Perché parlo sempre di amianto ed è necessario parlarne?

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Nel mio ultimo intervento al comitato nazionale di Radicali italiani che si è tenuto a Roma, i primi giorni di Luglio, ho spiegato perché parlo sempre di amianto e ho cercato di capire se il mio interesse per quest’argomento sia rimasto equilibrato oppure se è sconfinato nel patologico; per capirci senza tanti giri di parole: se l’interesse si è trasformato in una fissazione.
Intanto sul fronte giudiziario si registra che il 4 luglio scorso, a Torino, dove si sta celebrando il processo all’Eternit, in realtà a giudizio vi sono due personaggi ritenuti i proprietari di quest’azienda fallita negli anni ottanta, è terminata la requisitoria della pubblica accusa.
I pubblici ministeri, guidati dal Dott. Guariniello, hanno avanzato al Tribunale la richiesta di infliggere vent’anni di carcere e una serie di pene accessorie agli imputati Stephan Schmidheiny, miliardario svizzero e a Jean Louis Marie Ghislain de Cartier de Marchienne, barone belga. I reati contestati sono gravissimi: disastro con l’aggravante del dolo e qualora questa tesi giungesse a sentenza definitiva descriverebbe la tragedia dell’amianto, in Italia, costata la vita a migliaia di lavoratori, così come alle tantissime altre persone che non hanno mai avuto a che fare direttamente con questo pericoloso minerale, come uno dei fatti più gravi della storia recente. La gravità è dovuta all’intenzionalità della condotta dei manager Eternit, che secondo la ricostruzione dell’accusa erano ben consapevoli della nocività dell’amianto da molto tempo.
E per mero profitto, in un primo momento, non hanno tutelato i lavoratori, le loro famiglie, così come la popolazione residente nei pressi degli stabilimenti presenti in varie parti d’Italia, contemporaneamente hanno commercializzato una notevolissima quantità di prodotti nocivi e pericolosi conoscendo e nascondendo questo fondamentale elemento e dopo il fallimento dell’azienda si sono adoperati per nascondere, dissimulare, minimizzare e sfuggire alle proprie responsabilità. Il processo all’Eternit italiana è quasi alle battute finali, già dall’11 luglio la parola passerà alle numerosissime parti civili per terminare con le posizioni della difesa; è facile sperare in una sentenza entro l’autunno e Radio Radicale, meritoriamente, sta mettendo a disposizione di tutti, nell’archivio online, le udienze di questo processo man mano che si celebrano.
Se il mio ragionamento arriverà alla conclusione che l’interesse manifesto sul grave problema dell’inquinamento da amianto non è una fissazione personale, ma, semplicemente un equilibrato interesse mosso da legittime preoccupazioni, tornerà utile scriverne approfonditamente anche sulla vicenda giudiziaria appena riassunta. Sarà fatto, assumendomene l’impegno fin d’ora.
All’inizio mi ha attratto il dato che l’amianto in Italia è causa di circa 3.000 decessi l’anno, un numero rilevante e che ancora per i prossimi anni non accennerà a diminuire. La fonte è il Re.Na.M. Registro Nazionale Mesoteliomi. Poi la rivista scientifica The Lancet ha diffuso il dato che a causa dell’amianto perdono la vita 90.000 persone l’anno nel mondo e che per la sola Europa si attende un consuntivo di decessi asbesto-correlate, nel periodo 2000/2030, pari alla sconvolgente cifra di 500.000! Mezzo milione di vite umane.
Personalmente penso che questi dati, seppur grezzi, siano sufficienti per indurre l’attenzione a trasformarsi in approfondimento e così è stato; poi le sfaccettature di quest’argomento sono molteplici e potrebbero riempire facilmente le pagine di un libro, così com’è stato fatto già tante volte e testi scientifici, piuttosto che il racconto di vicende umane e giudiziarie, comincia a rappresentare uno spazio non trascurabile sullo scaffale di una libreria. Il Re.Na.M. fornisce un altro dato degno di nota ed è quello che circa il 20% dei decessi per malattie asbesto-correlate hanno un’origine ignota. Parliamo di circa 600 decessi l’anno nella sola Italia e mentre per la maggior parte dei casi si giunge a comprendere e certificare l’origine dell’esposizione che ha portato alla malattia per questi, non è così. A titolo esemplificativo l’esposizione alle fibre d’amianto può essere di origine professionale, indiretta, ambientale, ecc.; ma vi è anche una nutrita casistica di esposizioni fra le quali alcune inattese, quasi sorprendenti. Come il caso dell’orafo deceduto per mesotelioma pleurico dalla cui ricostruzione delle abitudini di vita e comportamenti professionali è emersa che l’esposizione è stata originata dalla tavoletta in cemento-amianto sulla quale lavorava per riparare o creare i gioielli con una fiamma originata da un cannello a gas nel quale soffiava. L’esposizione in questo caso si ebbe a causa delle sollecitazioni subite dalla tavoletta in cemento-amianto dagli attrezzi di lavoro, la scelta di questo materiale era dovuta all’ottimo piano d’appoggio: resistente agli urti e al calore; però con l’uso degli attrezzi il rilascio di fibre d’amianto, respirate, ha dato poi origine alla malattia mortale.
Torno sui casi di origine ignota: il compito del Re.Na.M. è di analizzare i casi di malattie originate dall’esposizione all’amianto, riconoscerle e censirle secondo un preciso protocollo che stabilisca a vari gradi di certezza che quel determinato decesso è accaduto a causa dell’amianto. La successiva osservazione dal punto di vista epidemiologico, medico e comportamentale ci fa comprendere meglio quali sono le fonti d’inquinamento d’amianto, quali comportamenti tenere alla presenza di questo minerale rispetto ai suoi innumerevoli usi (sono stati censiti oltre 3.000 impieghi diversi) che se n’è fatto per quasi un secolo. Come scrivevo prima, il 20% dei casi è di origine ignota poiché non si è riuscita a stabilire la fonte dell’esposizione e questo numero sta crescendo fra la popolazione e riguarda chiaramente persone che non hanno mai avuto a che fare direttamente con l’amianto per ragioni professionali o per altri motivi noti, quindi il dato preoccupa ancora di più poiché vi sono esposizioni all’amianto che non si riconoscono facilmente e quanto questo peserà in futuro sul numero dei decessi è una valutazione difficile da stabilire.
E’ bene chiarire a questo punto cos’è una fibra d’amianto e se questa può essere facilmente individuata: una fibra d’amianto è qualcosa che può essere respirato senza che ci si possa accorgere poiché ha delle dimensioni talmente piccole che queste possono raggiungere le parti più profonde del polmone. Per comprendere bene di cosa stiamo parlando prendiamo ad esempio lo spazio di un centimetro lineare, un solo centimetro all’interno del quale idealmente possono trovare spazio, allineate uno accanto all’altro: 200 capelli, oppure 1.200 fibre di nylon, o 335.000 fibre d’amianto (trecetotrentacinquemila). Stiamo parlando, quindi, di fibre che non è possibile scorgere a occhio nudo e non esiste un attrezzo di uso comune capace di individuarle e catturarle con sistematicità. Il problema delle fibre d’amianto è che queste una volta disperse nell’aria aumentano il fondo d’inquinamento e accrescono la probabilità che qualcuno li respiri, generando, quindi, un’esposizione che è pericolosa anche a basse, bassissime dosi, così come evidenzia il Registro Nazionale mesoteliomi. Se l’esposizione, pur a bassissime dosi, è protratta nel tempo, fa aumentare enormemente la probabilità di sviluppare uno dei tumori legati all’asbesto e se l’esposizione all’amianto è associata al fumo di sigarette, il rischio aumenta esponenzialmente. L’esercizio del fumo inibisce fortemente la capacità naturale dell’organismo di difendersi dalle fibre e quindi dalla cancerogenicità che esse provocano restando nell’organismo e dopo periodi di latenza lunghissimi, (si stanno osservando casi di sviluppo della malattia a oltre cinquanta anni dalla prima esposizione). L’O.M.S., l’Organizzazione Mondiale della Sanità, suggerisce in tema d’inquinamento da fibre d’amianto che una soglia “Accettabile” -attenzione: accettabile non significa priva di rischi, ma più cinicamente che è possibile accettare il rischio che ogni tanto qualcuno muoia per esposizione all’amianto- debba limitarsi a una fibra per litro d’aria negli ambienti di vita quotidiana.
Per capire se la preoccupazione rivolta al problema dell’inquinamento dovuto all’amianto sia fondata o no, ci si deve affidare nuovamente ai dati del Re.Na.M. che a maggio 2010 ha pubblicato il suo 3° rapporto, anticipato un mese prima dalla pubblicazione di uno studio condotto da Legambiente. In Italia il problema legato alla diffusione di prodotti che contengono amianto riguarda per la maggior parte il settore del cemento-amianto o fibro-cemento. Parliamo di una quantità valutata in trentadue milioni di tonnellate di prodotti quali lastre e tegole che ricoprono i tetti di fabbricati industriali, edifici pubblici e privati, tubature in amianto-cemento per usi svariati, canne fumarie, comignoli e cassoni per la raccolta dell’acqua. Poi ci sono ambienti esposti all’amianto dove questo materiale impastato a leganti diversi è stato utilizzato a spruzzo sulle pareti dei fabbricati come isolante o fonoassorbente. Nel Comune di Casale Monferrato che ha ospitato uno degli stabilimenti italiani dell’Eternit, come nei Comuni limitrofi, si è fatto un uso massiccio del così detto “Polverino” che era uno scarto della lavorazione dello stabilimento. Ceduto ai privati, è stato utilizzato come isolante nei sottotetti e come materiale di riempimento in edilizia; i pezzi difettosi prodotti nello stabilimento sono stati usati diffusamente in questa zona, tanto che ancora oggi, a distanza di venticinque anni dalla chiusura dell’azienda, ogni mese sono denunciate decine di ritrovamenti con richiesta di bonifica presso le autorità locali. Lo scarico ricco di amianto da parte dell’Eternit nel fiume Po’ ha addirittura generato una spiaggia di questo materiale (12.000 metri cubi), il cui intervento di bonifica non poteva permettere lo spostamento di questa quantità di materiale, con tutti i rischi connessi alla dispersione delle polveri ricche di fibre d’amianto, e che è consistito nel confinamento delle sabbie contaminate attraverso un articolato intervento di tombamento.
Delle sole lastre di eternit sul territorio nazionale si stima ve ne siano 2,5 miliardi di metri quadri, ancora sui tetti e per capire bene questo dato è utile osservare che se potessimo raccogliere tutte le lastre in cemento-amianto e potessimo sistemarle una accanto all’altra, andremmo a ricoprire un’estensione territoriale quadrata di cinquanta chilometri per cinquanta chilometri di lato. Legambiente denuncia, inoltre, il grave ritardo nei piani di smaltimento e bonifica da parte delle Regioni e se l’amianto è stato completamente bandito nell’uso, nell’estrazione, nella lavorazione e nella commercializzazione dall’Italia nel 1992, con la legge numero 257, una regione come la Calabria vara una norma per lo smaltimento dell’amianto con diciotto anni di ritardo. Senza mettere a disposizione nessuna somma per le bonifiche, anzi, limitandosi ad approntare e finanziare una fase, che stimiamo lunga, di studio, prima di giungere all’operatività dei censimenti dei prodotti contenenti amianto sul territorio e le loro rispettive bonifiche; quel piano sullo smaltimento, insomma, che già in ritardo lo sarà ancora di più perché la norma si limita a stabilire solo chi se ne deve occupare per pensarlo. Figuriamoci metterlo in pratica!
A questo punto il quadro descritto è sconfortante, ma pur nella gravità sarebbe davvero errato lanciare allarmismi poiché questi sono sempre negativi; non moriremo tutti a causa dell’amianto, piuttosto vi è da prendere atto che la diffusione sul territorio nazionale di prodotti che lo contengono e nello specifico il cemento-amianto, fatte le dovute eccezioni per alcune regioni o località virtuose, è grave. Oltre a Legambiente anche il Re.Na.M. nel suo 3° rapporto denuncia il ritardo nelle bonifiche stimando che al ritmo attuale l’ultima lastra di Eternit dal territorio italiano sarebbe bonificata fra 150 anni. Questo ritardo è un problema perché il cemento-amianto non bonificato non ha tutto questo tempo prima di sbriciolarsi completamente e diventare polvere, rilasciando tutto il suo carico di fibre d’amianto che non farebbe altro che aumentare il fondo naturale e far scattare una sorta di roulette russa attraverso la quale qua e là, ogni tanto qualcuno si ammala a causa dell’esposizione a questo minerale e ci rimette la vita. Una volta che il fondo naturale è inquinato, non sarà più possibile filtrare le fibre d’amianto aero disperse e questo rischia di rimanere una fonte permanente d’inquinamento diffusa, salvo che non si consideri, per azzerare i rischi, la possibilità di respirare permanentemente attraverso un filtro idoneo, (ipotesi fantasiosa).
Mentre in Italia e in Europa l’amianto è bandito, nel resto del mondo le cose stanno diversamente e quindi si apprende che in Canada è ancora estratto ed esportato, così come in Brasile, dove è usato come in Italia fino al 1992; la stessa situazione si registra in Russia, India e Cina. Che cos’altro può essere aggiunto a questo dato che si commenta da sé?
Le malattie direttamente collegate all’amianto sono il mesotelioma pleurico e peritoneale, il carcinoma polmonare e in misura ridotta il tumore della tunica vaginale del testicolo e altre forme tumorali della gola. Tutte malattie terribili e dall’alto tasso di mortalità, la cui diagnosi avviene generalmente quando la malattia è già in una fase avanzata. La problematicità dell’esposizione alle fibre d’amianto riguarda anche l’informazione, scarsa e spesso incompleta. A volte la generalizzazione e lo scarso approfondimento inducono a credere che i prodotti in cemento amianto in buono stato di conservazione non siano pericolosi. Purtroppo non è così, poiché per quanto sia vero che se la matrice cementizia in buono stato di un prodotto in cemento amianto abbia un rilascio modesto di fibre, che in ogni caso c’è anche solo per effetto del dilavamento causato dalla pioggia e dagli agenti atmosferici -a tal riguardo, è utile consultare i quaderni di prevenzione sull’amianto redatti dall’A.S.L. di Catanzaro- il rischio consiste nell’effetto di degrado esercitato dal trascorrere del tempo. Poi anche dalle eventuali sollecitazioni manuali o meccaniche alle quali alla fine saranno inevitabilmente esposti questi manufatti. Pensiamo ad esempio a un ambiente domestico con amianto floccato spruzzato sulle pareti come isolante e messo solo in sicurezza attraverso un intervento di confinamento (l’amianto è sigillato da un pannello di cartongesso, per esempio). Adesso supponiamo di voler appendere un quadro e quindi buchiamo questa superficie con la punta di un trapano, questo genererà una quantità modesta di polvere ma ricchissima di fibre d’amianto che in un ambiente domestico, quindi tendenzialmente chiuso, ristagnerà per lungo tempo generando un’esposizione pericolosa e protratta nel tempo. Questa esposizione, pur modesta, se reiterata e associata ad altre esposizioni casuali, o abbinata al fumo di sigarette, possono diventare veramente pericolose e indurre, dopo un lunghissimo periodo di latenza, l’insorgere della malattia. E’ dimostrato da diversi studi il fattore dose – risposta sull’insorgere delle malattie legate all’amianto e smentiti gli studi che in un certo periodo dicevano che anche una sola fibra d’amianto può causare il tumore. Il tempo della latenza prima dell’insorgere della malattia e l’insorgere stessa della malattia sono legati alla dose di esposizione dove, chiaramente, più è alta e protratta nel tempo, minore sarà il tempo di latenza e più alta la probabilità di sviluppare il tumore; pur essendo rimarcato in questi studi che trovano ampie citazioni e commenti nel 3° rapporto sull’amianto pubblicato dal Re.Na.M., il concetto che dosi basse, anche bassissime e protratte nel tempo, pur allungando di molto il tempo di latenza, sono egualmente pericolose, al punto che nel rapporto si trova scritto chiaramente che non esiste una soglia sotto la quale è possibile affermare che l’amianto sia innocuo.
La latenza è uno dei problemi circa la percezione dei pericoli causati dall’esposizione alle fibre d’amianto. Supponiamo di trovarci in un gruppo di persone con la consapevolezza che nella provetta stretta fra le mani vi sia un gas nervino, alla minaccia di rompere la provetta tutti cercherebbero di fuggire inorriditi dal rischio di perdere la vita immediatamente. Se fra le mani avessi dell’amianto tutti, o quasi, magari con un po’ di diffidenza, non fuggirebbero inorriditi, al contrario si avvicinerebbero per osservare questo materiale da vicino, possibilmente toccarlo. Una questione di percezione che se da un lato è comprensibile perché se un agente ti uccide fra trenta, quarant’anni e anche oltre, la questione non è apparentemente così grave, dall’altra in questo problema della percezione del pericolo in questa materia gioca un ruolo molto importante l’informazione, che allo stato è frammentaria, non sistematica, di poca qualità complessiva e scarsamente divulgata.
E’ necessario, adesso, che giunga allo scopo che mi ero prefisso all’inizio di questo mio intervento e cioè capire se questo mio parlare continuamente di amianto sia una fissazione oppure no. Le informazioni che ho descritto, le tante altre che ho omesso per non appesantire ulteriormente questo lungo intervento, raffrontate a delle semplici osservazioni che mi riguardano direttamente nella vita di tutti i giorni, mi hanno portato a determinare che non si tratta di fissazione. Proseguiamo con ordine:
1) Da ragazzi, con mio fratello, ci siamo divertiti a distruggere le canne fumarie in Eternit dopo la ristrutturazione di una parte della nostra abitazione.
2) Presso la mia abitazione era presente un cassone in cemento amianto per la raccolta dell’acqua; smaltito da una ditta autorizzata a questo tipo di lavoro.
3) Presso casa dei miei genitori e presso casa di mia nonna vi erano presenti altri tre cassoni in cemento amianto per la raccolta delle acque; anch’essi smaltiti.
4) Presso casa dei miei genitori la tettoia della porcilaia, in disuso, ha la copertura in lastre di cemento amianto e a fianco vi era il capanno degli attrezzi del vicino con lo stesso tipo di copertura in pessimo stato di conservazione (smaltito).
5) Vicino casa della nonna un cassone in cemento amianto era stato utilizzato come pozzetto di derivazione per l’irrigazione del giardino e l’altro vicino ha la tettoria della stalla in cemento amianto, nonché alcune lastre erano state abbandonate nella sua proprietà.
6) La casa del vicino dove abito ha il tetto in cemento amianto che si sta degradando velocemente (circa 200 metri quadri); situato proprio sotto le finestre del mio appartamento.
7) Il centro storico del Comune in cui vivo, visto dall’alto, fa registrare un numero molto consistente di tetti in eternit e in alcuni fabbricati sono presenti le canne fumarie in cemento amianto e i tubi per la raccolta delle acque meteoriche dello stesso materiale.
8) A circa dieci chilometri dal posto in cui vivo, sull’autostrada A3 Salerno Reggio Calabria, hanno dovuto interrompere i lavori di ammodernamento poiché il traforo di una galleria non è più possibile farla da quando è emerso che in quella zona vi è una notevole presenza di tremolite (un tipo di amianto).
9) Il monte più alto della zona in cui vivo è ricco di giacimenti delle c.d. pietre verdi, fonte di tremolite, che è un tipo di amianto.
10) Poco tempo fa è stato bonificato il tetto in cemento amianto in pessimo stato di conservazione (3.000 metri quadri) del fabbricato accanto agli uffici che frequento per lavoro.
11) Nel cantiere vicino il fabbricato in cui vivo, sono in ristrutturazione dei bungalow e recentemente è stata fatta una fornitura di sabbia che di solito è di colore grigio o marrone, questa volta invece, reca un colore con un’insolita sfumatura verde; il sospetto che vi sia la presenza di tremolite è stato suffragato da un’analisi chimica da parte di un laboratorio al quale ho portato dei campioni e sono in attesa da parte di un altro laboratorio di un’analisi quantitativa che a detta del primo laboratorio appare notevole.
12) Il cementificio a qualche chilometro dal posto in cui vivo ha un’ingente quantità della sabbia verde sopradescritta che vende regolarmente e quindi la tremolite finisce nelle case della gente attraverso la sabbia che è utilizzata in edilizia per qualsiasi tipo di fabbricato. La tremolite facilmente viene a trovarsi negli intonaci interni ed esterni delle case, nei piazzali e in tutte quelle applicazioni dove questa sabbia è impiegata.
Conclusione: non conduco una vita particolarmente diversa da tante altre persone e frequento luoghi che frequentano in molti. Abito in posti dove abitano tante altre persone, quindi tutte queste occasioni di esposizione alle fibre d’amianto sono circostanze che sono vissute consapevolmente, ma soprattutto inconsapevolmente da molte altre persone e mentre io posso in qualche modo difendermi attraverso elementi di conoscenza (che però hanno l’inconveniente della preoccupazione per se stessi e per gli altri), molti questi elementi di conoscenza non li hanno. Non hanno, quindi, neanche la possibilità di difendersi da esposizioni occasionali o prolungate nel tempo, all’amianto, che possono portare a gravissime conseguenze per la salute. Il problema consiste che ci sono ampie fette di territori italiani in cui la presenza dell’amianto è più marcata rispetto alle altre ed io vivo in una di queste; il raffronto l’ho potuto fare osservando attentamente molti luoghi in Calabria e fuori regione nel tempo che trascorro in giro per l’Italia per lavoro. La mia non è una fissazione, né sfortuna, ma semplicemente una legittima preoccupazione che deriva da un approfondimento, che mi sono dovuto offrire da solo poiché qui in Calabria, come nella maggior parte dei luoghi italiani dove sono più marcate le presenze di prodotti contenenti amianto o circostanze attraverso le quali l’esposizione può essere più frequente, l’informazione è quasi nulla.
Un ultimo paragrafo, ma è evidente che un argomento complesso come questo non poteva essere snocciolato integralmente in questo scritto, è doveroso dedicarlo a tutti coloro smaltiscono abusivamente prodotti che contengono amianto abbandonandolo dove capita: il punto non sta nell’illegalità, nel rispetto delle regole, nelle multe e in taluni casi nel carcere e nei procedimenti penali; è anche questo, ma l’importanza di evitare nel modo più assoluto lo smaltimento fai da te e illegale di questi prodotti sta nella pericolosità per la salute di chi lo fa e per quella di chi s’imbatte nelle discariche abusive.
Come giusto che sia un ragionamento che descrive soltanto il problema, è sterile se non è portatore di una proposta, per quanto inadeguata possa essere. Nelle righe di questo intervento ne sono contenute più di una e queste vanno dalla necessità di maggiore informazione e formazione sui rischi dell’esposizione all’amianto, come riconoscerlo e come comportarsi quando si è individuato, per esempio; poi è necessario accelerare sulle bonifiche e sullo smaltimento dei prodotti contenenti amianto e attivare le norme dove sono ferme, crearle dove ancora mancano. Non ho affrontato per niente una parte importate del problema che è quello del riconoscimento e dei risarcimenti ai lavoratori esposti e agli esposti per altre ragioni, argomento che in Italia è critico e che registra enormi ingiustizie. Sarà oggetto di successivi approfondimenti.

Marco Marchese
Comitato nazionale di Radicali italiani
Direzione di Calabria Radicale

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