giovedì 20 gennaio 2011

Afghanistan, Comellini: "Luca Sanna ucciso per errore" Andrea Margelletti: "Petreus non cambierà strategia"

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Un soldato afghanoMorire in battaglia è da sempre nelle cose di questo mondo. Ma la morte di Luca Sanna, l'alpino sardo ucciso in Afghanistan, e il ferimento del caporal maggiore Luca Barisonzi (è ricoverato nell'ospedale di Ramstein in Germania) colpiti all'interno della base Highlander - avamposto italiano impegnato nella difesa del villaggio di Bala Murghab - dai proiettili di un soldato afgano che loro consideravano amico, pone un problema di sicurezza ineludibile: è difficile immaginare che i militari italiani possano continuare a operare a fianco di uomini che, come Gullab Ali Noor, considerano alleati e che, invece, possono "sputarti" addosso un caricatore di M16. Con qualche accorgimento si può far fronte agli assalti e alla precisione degli sniper talebani ma non si può prevedere che sarà proprio un “amico” a farti fuori. Una situazione inattesa che potrebbe creare contraccolpi psicologi ai nostri soldati. E c’è chi, per di più, come Luca Comellini, il segretario del partito dei militari (Pdm), pone in dubbio la ricostruzione fatta dal ministro La Russa.

“La ricostruzione del ministro fa acqua da tutte le parti. E, per di più, potrebbe mettere a repentaglio la vita di tanti altri soldati: chi lavora fianco a fianco con gli afghani dopo la ricostruzione di La Russa non potrà dirsi al sicuro: perché dietro ogni divisa si potrebbe celare un talebano“. Parole pesanti. Secondo Comellini, però, il puzzle di La Russa non regge al riscontro dei fatti: “L'M16 è un’arma estremamente pericolosa in mano a un militare con soli 3 mesi di servizio, quindi c’è un’elevata probabilità che l’uccisione di Luca Sanna e il ferimento di Luca Barisonzi sia dovuto a un incidente”. Inoltre, Comellini non riesce a spiegarsi come mai due soldati esperti come il maresciallo Severini e il caporal maggiore Frangella non abbiano immediatamente neutralizzato la minaccia con le armi in dotazione (“sono armati 24 ore su 24”) né per quale motivo i militari nei posti di osservazione non siano intervenuti, né perché l'afghano sia riuscito a far perdere le tracce “pur essendo inseguito da un nugolo di proiettili e da un mezzo dell’Afghan national army (ANA)”. Secondo il segretario del Pdm, invece, si può "ipotizzare lo sparo accidentale di una raffica breve”.
Ricostruzioni poco chiare, dubbi, incertezze, ansie che potrebbero intaccare il morale dei nostri soldati: in Parlamento, del resto, La Russa ha sostenuto che a colpire è stato un soldato afghano e non un terrorista con l’uniforme. La distinzione è fondamentale, perché se - lo conferma lo Stato Maggiore dell’Esercito - Gullab Ali Noor è un militare afghano vuol dire che nei sistemi di arruolamento di Karzai ci sono falle gravi. “Quando si decide di costruire un esercito dal nulla è purtroppo tragicamente inevitabile che fra chi chieda di essere arruolato ci sia qualcuno che tenta di infiltrarsi”, commenta Andrea Margelletti, esperto del Centro Studi Internazionali (Ce.S.I.). Per questo c’è chi ritiene necessario modificare il patto di collaborazione. “Non si possono modificare le forme di sostegno all’esercito afghano. E non credo – confuta ancora Margelletti - che Petreus cambierà strategia: per la semplice ragione che la coalizione internazionale è in Afghanistan per dare supporto al legittimo governo afghano”. In sostanza: se le forze della coalizione internazionale dovessero decidere di non supportare più le forze armate di Karzai verrebbero a mancare le basi per restare lì. “Non credo, quindi, che ci sarà un cambiamento di approccio da parte dei nostri militari o dei militari della coalizione internazionale nei confronti del legittimo esercito afghano”, 
conclude l'esperto.
Quindi, secondo Margelletti si dovrà ancora combattere fianco a fianco agli uomini di Kabul. “Gullab Ali Noor non è un infiltrato: secondo me, Al Qaeda lo ha arruolato quando già aveva indossato la divisa afghana. Nonostante i gravi contraccolpi psicologici cui andranno incontro i nostri soldati, però, non si può assolutamente rinunciare alla collaborazione degli uomini di Karzai”, commenta un alto ufficiale in pensione. Ma perché la cooperazione sia proficua è necessario che il generale Petreus e il generale afghano si incontrino. “Non si può mandare allo sbaraglio un proprio sottoposto: devi essere certo – prosegue l'ex  generale - che chi hai a fianco “non ti volga contro un M16”.  Gli italiani appoggeranno ancora con gli afghani? Per Peter Galbraith, ex vice direttore della missione dell’Onu a Kabul, “il reclutamento e l'addestramento dei miliari afghani è molto accelerato” e “non si fanno molte indagini sugli agenti prima di reclutarli”.  “Questo è un problema politico: noi combattiamo con ad altri contingenti, con loro dobbiamo decidere cosa fare”. Barack Obama ha già detto che entro il 2011 le truppe americane cominceranno a lasciare il fronte. “Se gli Usa vanno via se ne vanno anche gli altri. Se Karzai è un corrotto se ne assumerà le conseguenze”, conclude.
di Paolo Salvatore Orrù

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