lunedì 23 agosto 2010

ECCO LE PROVE CHE INCHIODEREBBERO (SENZA PROCESSO BREVE) MR.B. NEL PROCESSO MILLS

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di Carmine Gazzanni
Sui cinque punti del programma definito e stilato venerdì mattina al termine del vertice del Pdl non si transige, il programma non è negoziabile. Processo breve compreso. Anzi, soprattutto processo breve. Qualora non ci sia la maggioranza su questi cinque punti si va a votare, parola di Silvio Berlusconi. Il Presidente del Consiglio, infatti, questa volta pare non essere disposto a trattare: la fiducia che il Governo chiederà sui cinque punti programmatici non potrà riguardare solo alcuni aspetti del programma, ma dovrà comprendere l’intero pacchetto. E perché questo? Perché Berlusconi vuole mettere alle strette i finiani. Ciò che realmente interessa al nostro Presidente del Consiglio è, chiaramente, il processo breve e, in questo modo, con il giochetto del “tutto o niente” avrà più possibilità di far tramutare in legge l’ennesimo provvedimento ad personam. In caso contrario, meglio le elezioni. Insomma, o votano il programma al 100% o arrivederci e grazie.




Cosa sta succedendo, infatti, in questo periodo? Attualmente i processi che pendono sulla testa di Silvio Berlusconi sono congelati dal legittimo impedimento, che, tuttavia, sarà discusso dalla Corte Costituzionale il 14 dicembre. Corte che con grande probabilità dichiarerà il provvedimento incostituzionale. A questo punto i tre processi tornerebbero ad essere in corso:corruzione giudiziaria di David Millscompravendita dei diritti Tv di Mediaset – le accuse sono frode fiscale, falso in bilancio e appropriazione indebita; fondi neri in Mediatrade – qui appropriazione indebita e frode fiscale.
Insomma, tre processi che intimoriscono il premier. Uno più di tutti: quello per la corruzione di David Mills, l’unico in dirittura d’arrivo. In pratica, dunque, rimane per Silvio Berlusconi lo spauracchio di David Mills.
Ma che fina ha fatto David Mills? Ricordiamo le sue ultime vicende giudiziarie. Mentre Berlusconi, infatti, poteva dormire sonni tranquilli perché il suo processo è stato congelato prima dal Lodo Alfano ed ora dal legittimo impedimento, quello per l’avvocato inglese, non potendo questi godere degli stessi privilegi, è andato avanti.
E arriviamo al 25 febbraio scorso: la Cassazione si è pronunciata sul caso Mills, dopo che quest’ultimo era stato condannato nei precedenti gradi di giudizio per corruzione (sentenza 19 maggio 2009: Mills “ha agito certamente da falso testimone […] per consentire a Silvio Berlusconi e al gruppo Fininvest l’impunità dalla accuse”).  La Cassazione, al contrario di quanto volle farci credere Minzolini parlando di “assoluzione”, ha in realtà confermato la consapevolezza dell’avvocato (il reato è stato commesso): qualunque persona che abbia un minimo di conoscenza giuridica sa che, se si è condannati nei primi due gradi di giudizio, il reato rimane, tanto più che Mills è stato condannato anche a pagare le spese processuali alla Presidenza del Consiglio (guarda un po’ la sorte: ha pagato al suo stesso corruttore!!!).
Il reato, tuttavia, è stato prescritto per il decorso dei termini previsti. E a chi è attribuibile tale responsabilità? Sempre all’attuale Presidente del Consiglio. Per capirci facciamo un passo indietro: siamo nel gennaio del 2005 e viene presentata la legge Cirielli, dal nome del deputato An Edmondo Cirielli, nata per inasprire le pene per i condannati recidivi. Ma una manina si intrufola tra le carte del deputato An e aggiunge un codicillo tramite il quale si dimezzano i termini di prescrizione per gli incensurati: per la corruzione, ad esempio, la scadenza massima scende da 15 anni a 7 e mezzo, anche senza le attenuanti generiche. Una legge fatta apposta per salvare Berlusconi e i suoi amici (al tempo ne usufruì anche Previti). Proprio per questa piccola aggiunta la legge Cirielli divenne ex Cirielli: il deputato, infatti, proprio per questo codicillo ritirò la sua firma dal ddl.
Ma torniamo al processo Mills: per l’avvocato inglese, dunque, il reato è caduto in prescrizione. Per quanto, invece, riguarda Silvio Berlusconi, se il legittimo impedimento venisse bocciato dalla Corte e non venisse partorita nessun’altra legge ad personam, Berlusconi non avrebbe più santi a cui appellarsi: il processo, infatti, è in dirittura d’arrivo e le prove sono più che forti. Prove che smentiscono di netto quanto dichiarato dal premier nel marzo del 2006 in un convegno a Pescara: “Giuro sulla testa dei miei figli di non aver mai saputo niente di questo(di aver corrotto Mills, ndr) ed escludo che possa essere successo, e giuro da Presidente del Consiglio, dicendo che vado a casa un minuto dopo e esco dalla politica se dovesse venire fuori un documento di versamento, una dimostrazione di una donazione di 600 mila dollari a questo signor Mills”.
Ecco cosa, infatti, si legge nella lettera che Mills consegnò al suo commercialista Bob Drennan il 2 febbraio 2004: “Caro Bob, in breve i fatti rilevanti si possono così riassumere: nel 1996 mi sono ritrovato con un dividendo di circa 1,5 mlioni di sterline […] proveniente dalle società di Mr. B.”. E ancora “Io mi sono tenuto in stretto contatto con le persone di B.  e loro conoscevano la mia situazione. […] sapevano bene che il modo in cui io avevo reso la mia testimonianza(non ho mentito ma ho superato curve pericolose per dirla in modo delicato) avesse tenuto Mr. B. fuori da un mare di guai nei quali l’avrei gettato se solo avessi detto tutto quello che sapevo.All’incirca alla fine del 1999 mi fu detto che avrei ricevuto dei soldi […]: 600 mila dollari […] mi fu detto che sarebbero stati a mia disposizione se ne avessi avuto bisogno.”
Quando i pm De Pasquale e Robledo scoprono la lettera convocano immediatamente Mills che viene interrogato (18 luglio 2004) per ben dieci ore. Alla fine Mills crolla. Sul verbale si legge: “Ho scritto quella lettera nel quadro di una contestazione fiscale nel Regno Unito. Dovevo spiegare per quale motivo avevo ricevuto la somma di 600 mila dollari. Non credo che occorrano molte parole: io sono stato sentito molte volte in indagini e processi che riguardavano Silvio Berlusconi e il gruppo FininvestPur non avendo mai detto il falso, ho tentato di proteggerlo nella massima misura possibile e di mantenere, laddove possibile, una certa riservatezza sulle azioni che ho comprato per lui. E’ in questo quadro che nell’autunno del’99 Carlo Bernasconi […] mi disse che Silvio Berlusconi, a titolo di riconoscenza per il modo in cui ero riuscito a proteggerlo nel corso delle indagini giudiziarie e dei processi, aveva deciso di destinare a mio favore una somma di denaro”.
Ecco spiegato il motivo dei cinque punti da accettare in blocco: non sono permesse riserve o modifiche. Il processo breve va bene così com’è. Per Berlusconi, chiaramente.

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