Denis Verdini si difende dalle indiscrezioni uscite in questi giorni sul suo conto e sul presunto coinvolgimento con la P3 e dice: i soldi sul mio conto Unicredit sono frutto di sacrifici. Poi sbotta: “Adesso basta! Da parecchi giorni, praticamente in tempo reale con gli arresti, le redazioni di tutti i quotidiani e delle agenzie di stampa sono in possesso di una ‘chiavetta’, altrimenti detta ‘pen drive’, che contiene le oltre 14mila pagine dell’inchiesta relativa alla fantomatica P3. Non voglio passare per stupido, illudendomi che esista ancora il segreto istruttorio, diventato invece come l’araba fenice, ma allo stesso tempo non posso non notare che le notizie relative alla mia persona vengano distillate giorno dopo giorno, quasi vi fosse una regia, facendo finta che si entri all’improvviso in possesso di nuovi elementi”.
E’ di oggi la notizia che i pm della procura di Roma hanno disposto indagini su tutti i conti correnti aperti dal 2004 a oggi in istituti del gruppo Unicredit e gestiti dal coordinatore del Pdl Denis Verdini e da Flavio Carboni. In serata Verdini si difende e dice: quei soldi di cui si parla sui giornali (2,6 milioni di euro) non sono frutto di strani traffici ma sono fondi personali accumulati grazie a grandi sacrifici.
”Oggi, sfogliando il Corriere della Sera, mi sono imbattuto in un titolo a caratteri cubitali su certe indagini in atto nei miei confronti e relative a 2,6 milioni di euro – scrive il coordinatore del Pdl- E visto che per l’ennesima volta vengo trascinato in un processo di piazza, alla piazza intendo rispondere. I 2,6 milioni di euro, che il Corriere della Sera sembra presentare come il frutto di chissà quale misfatto, rappresentano invece il risultato di operazioni aziendali del 2004 fra imprese e soci dello stesso gruppo editoriale che nulla hanno a che spartire con questa indagine. Questo denaro è stato esclusivamente utilizzato per l’attività del Giornale della Toscana e delle aziende ad esso collegate. E comunque, a scanso di equivoci e di strane dietrologie, si tratta di risorse personali, frutto di enormi sacrifici economici fatti da me, dalla mia famiglia e dai miei soci”.
Poi invia un’altra nota per ipotizzare l’esistenza di una regia occulta dietro le notizie che lo riguardano. ”Tra l’altro – scrive Verdini – viene fatta una lettura assolutamente parziale e superficiale delle carte. Leggo per esempio da alcune agenzie le anticipazioni della prossima puntata di sospetti e veleni contro di me. Come se si trattasse di una novità, e non parte delle 14mila pagine ormai conosciute, salta fuori che la Guardia di Finanza avrebbe avuto l’incarico di verificare l’esistenza di miei conti correnti presso l’Unicredit e altre banche, come se vi avessi nascosto un fantomatico tesoretto illegale. Come ho gia’ detto in relazione ad altri articoli simili e relativi a miei inesistenti conti all’estero, cerchino pure ma chiarisco fin da subito che l’unica banca presso la quale esistono rapporti attivi e depositi è quella che presiedo, cioe’ il Credito Cooperativo Fiorentino”.
L’indagine. Accertamenti a tappeto su tutti i conti correnti, compresi quelli non piu’ attivi, aperti da Denis Verdini – o da persone a lui riconducibili – dal 2004 a oggi negli istituti bancari del Gruppo Unicredit: i magistrati romani che indagano sulla cosiddetta P3 hanno disposto ulteriori indagini sui rapporti bancari del coordinatore nazionale del Pdl, con l’obiettivo di accertare se attraverso quei conti correnti siano state effettuate operazioni illecite o siano comunque transitati fondi riconducibili a eventuali tangenti.
Una decisione che riguarda anche Flavio Carboni, quello che secondo gli inquirenti e’ ”l’animatore non manifesto delle attivita’ del gruppo” che avrebbe tentato di condizionare le decisioni di organi istituzionali e costituzionali. Con il decreto di accertamento bancario, il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e il sostituto Rodolfo Sabelli hanno dunque chiesto alla Guardia di Finanza di acquisire presso il gruppo Unicredit tutta la documentazione per ricostruire ”talune operazioni finanziarie” effettuate sia da Verdini sia da Carboni, dal gennaio 2004.
Un accertamento disposto dagli inquirenti in seguito all’acquisizione degli assegni circolari per 800mila euro – con causali diverse e non tutti Unicredit – negoziati in gran parte da Antonella Pau, moglie di Carboni. L’accertamento non riguarda solo i conti correnti attivi: i militari dovranno infatti acquisire gli estratti conti dei rapporti anche estinti, ”la documentazione relativa a cassette di sicurezza, libretti di deposito a risparmio sia nominativi che al portatore, dossier titoli anche per quei rapporti laddove lo stesso abbia agito per delega o mediante qualsiasi altro strumento sostitutivo o di interposizione”. Gli inquirenti vogliono inoltre sapere se collegati ai conti di Verdini e Carboni vi siano anche ”aperture di credito, mutui, castelletti per sconto effetti e per altre operazioni di portafoglio”. Le verifiche sui conti Unicredit si riallacciano a una complessa serie di accertamenti avviati dalla Guardia di Finanza che abbracciano diverse operazioni sospette.
Al centro c’e’ il versamento di 2,6 milioni di euro da parte della Societa’ Toscana Editrice (Ste) a favore di Denis Verdini e Massimo Parisi: questi ultimi ricevono la somma per la vendita di un pacchetto azionario della societa’ Nuova Editrice Toscana. Ma agli investigatori tale versamento ”appare come non giustificato anticipo” rispetto a quanto era stato concordato. Non solo. Il trasferimento quote non ”risulta che sia mai stato effettivamente realizzato”. Ma c’e’ un’altra operazione poco chiara che emerge dalle carte e che ruota attorno a una cifra sempre della stessa entita’: 2,6 milioni di euro. Si tratta di un passaggio di quote della Ste, una societa’ editrice, e di una serie di versamenti effettuati tramite assegni negoziati presso il Credito Cooperativo Fiorentino, banca di cui Verdini e’ presidente.
Gli assegni sono stati emessi tra giugno e dicembre 2009 parte da Banca Popolare dell’Emilia Romagna, parte da Unicredit. I versamenti, per un totale di 800 mila euro, sono stati effettuati da Antonella Pau e da Giuseppe Tomassetti, indicato come un collaboratore di Carboni. Queste operazioni, secondo una scrittura privata, erano finalizzate all’ingresso di Pau e Tomassetti nel capitale sociale della Ste, attraverso l’acquisizione di un 30% mediante sottoscrizione di un aumento di capitale con sovrapprezzo per un valore di 2,6 milioni di euro. Cifra da pagarsi entro il 31 dicembre 2010. Ma di queste operazioni, cosi’ come di possibili aumenti di capitale della Ste, secondo quanto accertato dagli investigatori, nei libri sociali e nei verbali delle assemblee societarie della Societa’ non e’ stata trovata traccia.
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