L’Organizzazione Mondiale della Sanità considera tra i principali indicatori della qualità di un servizio sanitario nazionale il numero di farmaci antidolorifici oppioidi e cannabinoidi che vengono prescritti in un anno. In buona sostanza, la facilità con cui un malato grave o terminale può accedere agli analgesici oppiacei è considerato un criterio di giustizia e di efficienza per qualunque servizio sanitario.
In base a questo principio, come dobbiamo giudicare la situazione in Italia?
Forse la risposta più giusta è duplice: siamo indietro rispetto ad altri Paesi europei ma un certo numero di leggi che abbiamo approvato dal 1997 al 2010 ci mettono ora all’avanguardia in Europa. Lo si evince dai dati contenuti nel volume di fresca pubblicazione Cronaca di una legge che ci difende dal dolore. La Legge 38/10, la più evoluta d’Europa, scritto da Marco Filippini e Manueala Maria Campanelli.
Secondo gli ultimi dati citati nel libro e forniti da Guido Fanelli, coordinatore della Commissione ministeriale per la terapia del dolore, nel 2007 la spesa procapite di oppiacei contro il dolore era di 0,67 euro, oggi è di 1,03. Siamo ancora lontani dalla Germania con una spesa 9 volte superiore alla nostra, dalla Francia con una spesa del doppio e ancora al livello della Spagna. Però, ci sono ottime ragioni per rallegrarsi. Il 15 marzo 2010 il Parlamento ha approvato una legge, la 38/10, che di fatto obbliga i medici a occuparsi del dolore dei propri pazienti.
Come spiega Fanelli, la legge ha di fatto reso disponibili i farmaci oppiacei sollevando i medici da rischi di procedure penali e i malati da lunghissime pratiche burocratiche e spese finanziarie. Così se prima i farmaci oppioidi dovevano rientrare in un ricettario delle Asl e potevano ottenersi per periodi di tempo limitati, oggi sono prescrivibili da un medico con una normale ricetta “bianca” o “rosa” come tutti gli altri farmaci. Non solo.Diventiamo l’unico Paese al mondo dove si prevede l’uso di oppiacei nella terapia del dolore dei bambini.
Per ottenere farmaci cannabinoidi la procedura è invece un poco più macchinosa anche se è stata facilitata da una legge del 2007 che consente di ottenerli in una farmacia ospedaliera per l’impiego all’interno dell’ospedale. A tutt’oggi, questi farmaci devono essere ordinati dall’estero tramite un medico che deve compilare la richiesta di importazione all’Ufficio Centrale Stupefacenti del ministero.
I malati dell’associazione Luca Coscioni riferiscono a Panorama che di fatto è difficile trovare medici che li prescrivano perché c’è ancora qualche resistenza da parte della categoria. Secondo loro, succede anche di avere difficoltà nell’ottenere l’autorizzazione una volta ottenuto il consenso del medico.
La legge 38/10 dovrebbe venire incontro a questi malati, spiega Filippini, perché promuove la comunicazione e l’informazione sul problema: per esempio, ha reso obbligatori crediti di formazione per i giovani medici a livello universitario sulle terapie anti-dolore e ha favorito l’istituzione di corsi formativi per i medici già in attività rendendoli più consapevoli del problema.
Un altro punto importante della legge è che viene stabilito un criterio per la misurazione del dolore in base ad alcune domande che vengono rivolte al paziente. Le risposte vengono classificate secondo una scala e in base ai risultati il medico è tenuto a prescrivere determinati farmaci. Da notare che il consumo di farmaci anti-infiammatori non steroidei, che si somministrano per esempio contro i dolori articolari e scheletrici, ha portato ad un incremento del 38% degli anti-ulcera. Senza contare che gli oppioidi costano molto meno.
I farmaci oppiacei presenti sul mercato sono molti e variano per potenza:morfina, petidina, buprenorfina, butorfanolo, fentanyl, sufetanil, etorfina, ossicodone. Si somministrano per via orale o si iniettano con endovenosa o intramuscolo.
I cannabinoidi invece costituiscono un capitolo a sé: ve ne sono di origine naturale, come il tetraidrocannabinolo (THC ottenuto dalla cannabis sativa), di origine sintetica che mimano le azioni del THC, come ildronabinolo, ed infine vo sono i cannabinoidi endogeni prodotti dal nostro organismo.
Sia il dronabinolo che il THC sviluppano un buon effetto analgesico che però si accompagna ad effetti sulla psiche che ne limitano in parte l’utilizzo. L’attività analgesica è dovuta alla loro capacità di legarsi a specifici bersagli cellulari presenti nelle aree cerebrali che mediano la sensazione dolorifica, spiega Daniela Parolaro, docente di farmacologia cellulare e molecolare all’università dell’Insubria.
Una possibilità per ottenere una buona risposta analgesica con limitati effetti psicotropi è quello di utilizzare il Sativex, un fitofarmaco contente THC e cannabidiolo (un cannabinoide non psicoattivo presente nella cannabis sativa) in rapporto 1:1 già autorizzato in diversi paesi per il dolore neuropatico, il dolore da cancro e la sclerosi multipla.
Il Sativex è commercializzato in Spagna, Regno Unito e Canada, viene somministrato per spray sublinguale ed i pazienti possono auto dosarsi la somministrazione senza per altro incorrere nella dipendenza. La presenza del cannabidiolo riduce gli effetti psicotropi del THC e quindi supera la limitazione classica all’uso dei cannabinoidi.
Infine non si può non citare la possibilità di agire con i così detti “agonisti indiretti” cioè molecole in grado di innalzare il tono endogeno inibendo gli enzimi che degradano gli endocannabinoidi. Sono infatti in fase avanzata di studio inibitori della degradazione degli endocannabinoidi che possiedonoun’ottima attività analgesica ed antinfiammatoria nel dolore viscerale e in quello neuropatico.
Particolarmente roseo potrebbe essere il futuro terapeutico degli inibitori che, come questi ultimi, non passano la barriera ematoencefalica. Infatti, a differenza degli effetti analgesici prodotti dalla stimolazione diretta dei recettori cerebrali, la possibilità di ottenere un effetto analgesico intensificando il controllo della trasmissione dolorifica periferica offre la possibilità di sviluppare farmaci analgesici privi di effetti psicotropi.
Cosa suggeriscono quindi queste novità sia a livello legislativo sia a livello scientifico? In ultima analisi, avendo adesso una buona legge, possiamo fidarci di questi farmaci oppure dobbiamo temere vari effetti collaterali, assuefazione inclusa?
Secondo Gian Luigi Gessa, docente di Neuropsicofarmacologia all’Università di Cagliari, il problema dell’assuefazione per i farmaci oppiacei e cannabinoidi in effetti non si pone: la necessità di continuare l’assunzione del farmaco oppiaceo o cannabinoide una volta cessato il dolore per via della dipendenza fisica e psichica si pone dopo un tempo di molti mesi e ha un’intensità bassa. L’obiezione che vi sia una necessità dell’aumento delle dosi è smentita da studi clinici. Inoltre, secondo Parolaro, le evidenze a favore dell’utilità terapeutica del Sativex sono positive e ne incoraggiano la diffusione .
luca.sciortino fonte : http://blog.panorama.it/
In base a questo principio, come dobbiamo giudicare la situazione in Italia?
Forse la risposta più giusta è duplice: siamo indietro rispetto ad altri Paesi europei ma un certo numero di leggi che abbiamo approvato dal 1997 al 2010 ci mettono ora all’avanguardia in Europa. Lo si evince dai dati contenuti nel volume di fresca pubblicazione Cronaca di una legge che ci difende dal dolore. La Legge 38/10, la più evoluta d’Europa, scritto da Marco Filippini e Manueala Maria Campanelli.
Secondo gli ultimi dati citati nel libro e forniti da Guido Fanelli, coordinatore della Commissione ministeriale per la terapia del dolore, nel 2007 la spesa procapite di oppiacei contro il dolore era di 0,67 euro, oggi è di 1,03. Siamo ancora lontani dalla Germania con una spesa 9 volte superiore alla nostra, dalla Francia con una spesa del doppio e ancora al livello della Spagna. Però, ci sono ottime ragioni per rallegrarsi. Il 15 marzo 2010 il Parlamento ha approvato una legge, la 38/10, che di fatto obbliga i medici a occuparsi del dolore dei propri pazienti.
Come spiega Fanelli, la legge ha di fatto reso disponibili i farmaci oppiacei sollevando i medici da rischi di procedure penali e i malati da lunghissime pratiche burocratiche e spese finanziarie. Così se prima i farmaci oppioidi dovevano rientrare in un ricettario delle Asl e potevano ottenersi per periodi di tempo limitati, oggi sono prescrivibili da un medico con una normale ricetta “bianca” o “rosa” come tutti gli altri farmaci. Non solo.Diventiamo l’unico Paese al mondo dove si prevede l’uso di oppiacei nella terapia del dolore dei bambini.
Per ottenere farmaci cannabinoidi la procedura è invece un poco più macchinosa anche se è stata facilitata da una legge del 2007 che consente di ottenerli in una farmacia ospedaliera per l’impiego all’interno dell’ospedale. A tutt’oggi, questi farmaci devono essere ordinati dall’estero tramite un medico che deve compilare la richiesta di importazione all’Ufficio Centrale Stupefacenti del ministero.
I malati dell’associazione Luca Coscioni riferiscono a Panorama che di fatto è difficile trovare medici che li prescrivano perché c’è ancora qualche resistenza da parte della categoria. Secondo loro, succede anche di avere difficoltà nell’ottenere l’autorizzazione una volta ottenuto il consenso del medico.
La legge 38/10 dovrebbe venire incontro a questi malati, spiega Filippini, perché promuove la comunicazione e l’informazione sul problema: per esempio, ha reso obbligatori crediti di formazione per i giovani medici a livello universitario sulle terapie anti-dolore e ha favorito l’istituzione di corsi formativi per i medici già in attività rendendoli più consapevoli del problema.
Un altro punto importante della legge è che viene stabilito un criterio per la misurazione del dolore in base ad alcune domande che vengono rivolte al paziente. Le risposte vengono classificate secondo una scala e in base ai risultati il medico è tenuto a prescrivere determinati farmaci. Da notare che il consumo di farmaci anti-infiammatori non steroidei, che si somministrano per esempio contro i dolori articolari e scheletrici, ha portato ad un incremento del 38% degli anti-ulcera. Senza contare che gli oppioidi costano molto meno.
I farmaci oppiacei presenti sul mercato sono molti e variano per potenza:morfina, petidina, buprenorfina, butorfanolo, fentanyl, sufetanil, etorfina, ossicodone. Si somministrano per via orale o si iniettano con endovenosa o intramuscolo.
I cannabinoidi invece costituiscono un capitolo a sé: ve ne sono di origine naturale, come il tetraidrocannabinolo (THC ottenuto dalla cannabis sativa), di origine sintetica che mimano le azioni del THC, come ildronabinolo, ed infine vo sono i cannabinoidi endogeni prodotti dal nostro organismo.
Sia il dronabinolo che il THC sviluppano un buon effetto analgesico che però si accompagna ad effetti sulla psiche che ne limitano in parte l’utilizzo. L’attività analgesica è dovuta alla loro capacità di legarsi a specifici bersagli cellulari presenti nelle aree cerebrali che mediano la sensazione dolorifica, spiega Daniela Parolaro, docente di farmacologia cellulare e molecolare all’università dell’Insubria.
Una possibilità per ottenere una buona risposta analgesica con limitati effetti psicotropi è quello di utilizzare il Sativex, un fitofarmaco contente THC e cannabidiolo (un cannabinoide non psicoattivo presente nella cannabis sativa) in rapporto 1:1 già autorizzato in diversi paesi per il dolore neuropatico, il dolore da cancro e la sclerosi multipla.
Il Sativex è commercializzato in Spagna, Regno Unito e Canada, viene somministrato per spray sublinguale ed i pazienti possono auto dosarsi la somministrazione senza per altro incorrere nella dipendenza. La presenza del cannabidiolo riduce gli effetti psicotropi del THC e quindi supera la limitazione classica all’uso dei cannabinoidi.
Infine non si può non citare la possibilità di agire con i così detti “agonisti indiretti” cioè molecole in grado di innalzare il tono endogeno inibendo gli enzimi che degradano gli endocannabinoidi. Sono infatti in fase avanzata di studio inibitori della degradazione degli endocannabinoidi che possiedonoun’ottima attività analgesica ed antinfiammatoria nel dolore viscerale e in quello neuropatico.
Particolarmente roseo potrebbe essere il futuro terapeutico degli inibitori che, come questi ultimi, non passano la barriera ematoencefalica. Infatti, a differenza degli effetti analgesici prodotti dalla stimolazione diretta dei recettori cerebrali, la possibilità di ottenere un effetto analgesico intensificando il controllo della trasmissione dolorifica periferica offre la possibilità di sviluppare farmaci analgesici privi di effetti psicotropi.
Cosa suggeriscono quindi queste novità sia a livello legislativo sia a livello scientifico? In ultima analisi, avendo adesso una buona legge, possiamo fidarci di questi farmaci oppure dobbiamo temere vari effetti collaterali, assuefazione inclusa?
Secondo Gian Luigi Gessa, docente di Neuropsicofarmacologia all’Università di Cagliari, il problema dell’assuefazione per i farmaci oppiacei e cannabinoidi in effetti non si pone: la necessità di continuare l’assunzione del farmaco oppiaceo o cannabinoide una volta cessato il dolore per via della dipendenza fisica e psichica si pone dopo un tempo di molti mesi e ha un’intensità bassa. L’obiezione che vi sia una necessità dell’aumento delle dosi è smentita da studi clinici. Inoltre, secondo Parolaro, le evidenze a favore dell’utilità terapeutica del Sativex sono positive e ne incoraggiano la diffusione .
luca.sciortino fonte : http://blog.panorama.it/