sabato 3 settembre 2011

La manovra? “Un attacco senza precedenti ai disabili”

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Il 10-11 settembre, a Roma, saranno presenti molte delegazioni di disabili. Intervista a Nadia D’arco e Michele Lastilla del coordinamento 
“Disabili in viola”.  
Per la manifestazione Piazza pulita gestirete un capannello (un tavolo) sul tema della disabilità. La vostra proposta di ordine del giorno ha già al primo punto il tema della manovra economica. Quanto e come inciderà sulla qualità della vita della persona disabile?
La manovra del governo non è che l’anticamera di qualcosa di piu’ grave che è il ddl 4566 del 29/7 presentato da Tremonti; questa volta ha come punto centrale un attacco senza precedenti alle persone con disabilità e alle loro famiglie.
Aveva cominciato Tremonti un anno fa che con una martellante campagna mediatica sui falsi invalidi su tv e giornali (calderoli recentemente) e nel maggio 2010 col tentativo poi fallito di alzare la soglia di riconoscimento della disabilità dal 74% a 85%, tagliando in questo modo il diritto alle provvidenze una consistente fascia di persone tra cui in primis le persone affette da sindrome di down.Ma i tagli arrivarono lo stesso alle prestazioni, ai servizi assistenziali, ai Comuni. Ora il fulcro della manovra che riguarda la riforma dell’assistenza è legare all’isee familiare tutte le competenze economiche che consentono al disabile di avere quel minimo di prestazioni indispensabili per la propria cura ed esistenza.
Una vera mannaia che si abbatte sui servizi sociali, sull’assistenza, sulle prestazioni sanitarie, sul prepensionamento delle famiglie dei disabili gravissimi, sulle pensioni di reversibilità al disabile superstite. infatti con la riforma dell’assistenza in sostanza si monetizzano tutte le prestazioni con l’isee familiare, ivi compresa la pensione di reversibilita’, in ballo c’è la soppressione della indennità di accompagnamento, che era stata concessa proprio perchè lo Stato riconosce di essere incapace a fornire l’aiuto alla persona disabile tramite suoi servizi il che significa abbandonare totalmetne il disabile e la sua famiglia nel bisogno più totale.
Cosa è mancato in tutti questi anni nella legislazione italiana, quale obiettivo ritieni che non sia stato centrato?
Molte associazioni (tra cui le cosiddette storiche) hanno la grave responsabilità di aver assecondato una politica dell’assistenza fondata sulla pietà, sulla carità, sulla beneficenza. Il risultato è che i disabili sono soli in una società complessa come quella odierna. I disabili sono stati vittime di una pedagogia che ha educato alla passività. Insomma le associazioni hanno preteso la delega in bianco dei bisogni delle persone disabili e delle loro famiglie. Il risultato è quello che stiamo vedendo. La stampa, i partiti politici, le forze sociali, i mass media, i cittadini, non sanno assolutamente nulla della disabilità e della vita reale dei disabili e delle loro famiglie. Questo di fatto ha negato ai disabili di essere equiparata a una categoria rivendicativa di diritti negati (come da costituzione) al pari dei cassaintegrati, degli immigrati, dei diritti umani.
Noi abbiamo sempre avuto l’interesse ad essere accorpati dai movimenti, dai sindacati e dai partiti alle loro lotte ma di fatto siamo stati ignorati togliendoci anche la dignita’ di ”popolo disabile” con diritti e doveri relegandoci di fatto nel buco nero dell’assistenzialismo comunale o della sanita’.
Il nodo centrale è insomma trasformare la natura assistenzale dell’intervento statale nel rispetto dei diritti di una vera e propria minoranza. Come pensi che dovrebbe agire in tal senso il primo governo di una vera Seconda Repubblica?
Osservando e facendo osservare quanto prevede la convenzione dell’ONU sui diritti delle persone con disabilità. Prima di tutto fornire servizi per che rendano possibile la vita indipendente, la mobilità, l’autonomia domestica e sul territorio, il trasporto pubblico, l’accompagnamento a persone che ne hanno bisogno e soprattutto per il disbrigo delle faccende della vita quotidiana, fornire prestazioni sanitarie pubbliche, realizzare serie strutture per il dopo di noi,quando il disabile grave resterà da solo senza un congiunto che pensi a lui, il diritto allo studio fornendo ausili e personale specializzato, il diritto al lavoro oggi pressochè negato, riconoscere il diritto al prepensionamento dei congiunti dei disabili gravi che ne curano 24 su 24 l’assistenza, favorire la vita indipendente, eliminare le barriere di ogni tipo (sensoriali, architettoniche, culturali, sociali) e potremmo continuare. Insomma noi disabili vogliamo essere cittadini fra i cittadini vogliamo essere riconosciuti come minoranza perchè la costituzione rispetta le minoranze e le loro rivendicazioni.
Noi siamo cittadini a tutti gli effetti e troppi si dimenticano della nostra esistenza creandoci uno stato di invisibili, invece anche grazie alle manifestazioni come quella di roma vogliamo esserci e partecipare come parte attiva e come parte rivendicativa.
di Franz Mannino

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