martedì 22 febbraio 2011

L'industria bellica italiana e il gran bazar di Tripoli

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Bombe, siluri, razzi, aeromobili, apparecchiature elettroniche: sono i principali ‘articoli’ che l’industria bellica italiana ha piazzato in Libia a partire dal 2006, anno in cui sono ripresi i flussi commerciali tra i due paesi.


Agenzia Misna - “Non sappiamo se queste armi vengono impiegate nella repressione delle proteste antigovernative – dice alla MISNA Maurizio Simoncelli, vice-presidente dell’Istituto di ricerche internazionali Archivio Disarmo – ciò che possiamo dire con certezza è che l’Italia è il primo esportatore europeo di armi in Libia dove arriva il 2% del totale della produzione italiana”. Secondo i dati di Archivio Disarmo, sulla base di rapporti della presidenza del Consiglio le autorizzazioni alle esportazioni italiane per il 2009 sono state pari a circa 118,8 milioni di euro, in aumento rispetto ai 93 milioni circa del 2008. “Tra l’altro – aggiunge Simoncelli – dopo un leggero calo, nel 2008 il valore delle spese militari libiche ha ricominciato a crescere, raggiungendo la cifra di 1,1 miliardi di dollari”.
Simoncelli sottolinea il comportamento ambiguo di società e governi occidentali rispetto ai paesi nordafricani: “Solo ora, di fronte alla rivolta delle popolazioni si scopre che questi regimi sono illiberali, mentre i governi occidentali li hanno appoggiati a lungo, fornendo armamenti in cambio di materie prime e ‘distraendosi’ sui temi fondamentali del rispetto dei diritti umani e delle elementari libertà civili”.

Proprio l’importanza della Libia per l’industria bellica italiana spiegherebbe le reticenze di Roma a prendere posizioni nette nei confronti di Muammar Gheddafi: “I rapporti dell’Unione Europea sulle esportazioni di materiali militari certificano che nel biennio 2008-2009 l’Italia ha autorizzato alle proprie ditte l’invio di armamenti alla Libia per oltre 205 milioni di euro che ricoprono più di un terzo di tutte le autorizzazioni rilasciate dall’Unione” dice Giorgio Beretta della Rete italiana disarmo. “Forse anche per questo motivo – ipotizza Beretta – il ministro degli Esteri Franco Frattini è più in difficoltà dei suoi omologhi europei quando sente parlare di sanzioni contro il leader libico. Gli altri ministri europei hanno avuto almeno la decenza di dichiarare la sospensione dell’invio di armi”.

Secondo i dati di Archivio Disarmo i principali accordi stipulati negli ultimi anni da società italiane con la Libia sono i seguenti: 30 elicotteri venduti dalla Agusta Westlands; aerei adibiti al pattugliamento marittimo venduti da Alenia Aeronautica; manutenzione di missili Otomat curata dalla società Itas srl; sei motovedette cedute dalla Guardia di Finanza alla Marina libica per il pattugliamento del Mediterraneo; attività di cooperazione strategica tra Finmeccanica e diverse società libiche; un accordo per un sistema di protezione e sicurezza dei confini firmato da Selex Sistemi Integrati.

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