sabato 1 gennaio 2011

Afghanistan, caporal maggiore 24enne Matteo Miotto ucciso durante servizio in base italiana

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E’ stato centrato da colpi d’arma da fuoco mentre era in servizio nella base italiana “Snow” nella valle del Gulistan, il caporal maggiore 24enne Matteo Miotto, GUARDA FOTO militare ucciso oggi da un cecchino in Afghanistan. Era un volontario del 7/o reggimento Alpini di Belluno ed era originario di Zanè, una frazione di Thiene in provincia di Vicenza. Arrivato da poco più di 6 mesi in Afghanistan, era assieme agli uomini del suo reparto e con una componente del genio nella task Force italiana che dal primo settembre aveva iniziato ad oparare al confine con l’Helmand, ad ovest dell’Afghanistan. Il caporale era all’interno della base italiana quando è stato raggiunto da un proiettile che lo ha colpito ad un fianco mentre era di guardia su una torretta. Il punto del corpo centrato dal proiettile non era protetto dalla copertura di sicurezza e la pallottola è arrivata a colpire gli organi vitali del giovane militare. Per Matteo Miotto non c’è stato nulla da fare, il colpo d’arma da fuoco è stato fatale per lui, nonostante l’immediatezza dei soccorsi giunti sul posto. “Un altro lutto avvenuto proprio in un giorno di festa”, ha detto il ministro della Difesa Ignazio La Russa, “sono già troppi i lutti fra i nostri soldati”. Dolore e cordoglio sono stati espressi dal presidente della repubblica Giorgio Naplitano e dal presidente del consiglio Silvio Berlusconi, mentre il ministro della Difesa ha annunciato di voler partire per l’Afghanistan, appena conclusi i funerali del giovane ufficiale morto questa mattina nella base italiana, mentre era in servizio per la Task Force South East.
Poco tempo fa in un’intervista al Giornale di Vicenza Matteo Miotto aveva raccontato di essere entrato nel corpo degli alpini nel 2006, per seguire le tracce del nonno. Si era reso disponibile per quella missione tanto rischiosa, per la voglia di vivere un’esperienza forte e per dimostrare forse a sé stesso, in memoria del nonno scomparso, di essere coraggioso come lui. Aveva lasciato ogni cosa, la sua terra, la famiglia, i suoi amici e la ragazza, ma senza rimpianti né pentimenti. Aveva visto morire dei compagni e imparato a comprendere la paura che attanaglia lo stomaco, quando avanzando con il lince per le perlustrazioni, ad ogni metro di strada percorso intuiva che avrebbe potuto essere l’ultimo. Ci aveva creduto in quello che faceva e aveva ringraziato le persone che avrebbero dedicato anche solo un pensiero ai militari che rischiano ogni momento la propria vita, per compiere il loro dovere.

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