lunedì 30 agosto 2010

TRE NOTIZIE da Peacereporter.net

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Promemoria iracheno per Obama
''Mi firmerò John, perché il mio nome non è importante. La faccia la metto da quando ho aderito a Iraq Veterans Against The War, quindi non lo faccio certo per paura. Preferisco un'identità collettiva, che parli a nome di tutti noi che in Iraq ci siamo andati, con lo zaino carico di false certezze''.I veterani della guerra in Iraq scrivono al presidente, per non ripetere gli stessi errori in futuro
Domani, 31 agosto 2010, finisce ufficialmente la missione Iraqi Freedom. Iniziata il 20 marzo 2003, quando una coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti d'America ha invaso l'Iraq per rovesciare il regime di Saddam Hussein. In pochi giorni l'esercito iracheno - già provato dalla guerra con l'Iran negli anni Ottanta e dalla Guerra nel Golfo del 1991 - va in frantumi.
La statua di Saddam Hussein a Baghdad viene tirata giù il 9 aprile 2003. E arriva la prima menzogna, quella che racconta di folle plaudenti, ma che a una più attenta analisi delle immagini originarie non rende la stessa situazione raccontata dai media internazionali. Ne seguiranno mille altre dibugie. Le prime vittime, è sicuro, sono i civili iracheni. Ma anche tanti soldati Usa. Molti di loro hanno perso la vita, tanti altri resteranno invalidi per sempre. Altri ancora, come John, sono tornati a casa diversi, cambiati.
''Potrei essere un latinos o un asiatico, musulmano o cattolico, nero o indiano, non è importante. Sono uno di quelli che ha capito di essere stato usato per ammazzare degli innocenti, senza una ragione. Almeno apparente. finisce Iraqi Freedom, ma questo non cancella l'inganno'', scrive John, rispondendo alla domanda di PeaceReporter: come racconteresti questa guerra, magari a tuo figlio? ''Rispondo come ti risponderebbero tutti quelli che, come me, hanno aderito all'associazione. E come molti altri, che magari hanno preferito tornare a casa, senza parlare dell'inferno che si portavano dentro. Alcuni sono annegati in quell'inferno, molti - purtroppo - hanno portato con sé mogli e figli''. John e gli altri hannoscritto al presidente Barack Obama che ha mantenuto la promessa elettorale di ritirare le unità combattenti entro agosto 2010. Ma Obama non è sincero fino in fondo. In primis perché l'accordo per il ritiro è stato siglato due anni fa, dall'amministrazione Bush. Secondo gli attivisti di Iraq Veterans Against The War mente anche su un altro punto.
''L'occupazione dell'Iraq continua e, più che di ritiro, si dovrebbe parlare di una redistribuzione delle truppe. Restano 50mila uomini, per non parlare dei 75mila contractors'', spiegano i veterani nella lettera aperta al presidente Usa. ''Abbiamo girato gli States in lungo e in largo, raccogliendo i pareri di tutti i ragazzi che hanno trovato nella nostra associazione un megafono per urlare la loro rabbia. Ragazzi avvicinati dai reclutatori, che ti promettono gli studi per te e i tuoi fratelli, che ti fanno vedere un futuro migliore. Nessuno ci ha mai detto che lo dovevamo conquistare il nostro futuro - scrive John - lottando metro per metro con altri poveri, altri fanatici, altri disperati. Come noi''. Ecco che nasce questa specie di promemoria, spedito dai veterani a Obama, ma che sembra pensato per restare come monito a tutta la coscienza collettiva statunitense.
''Non abbiamo reso la vita degli iracheni migliore rovesciando la brutale dittatura di Saddam'', recita la lettera aperta indirizzata a Washington. ''Anzi, l'abbiamo peggiorata. Niente acqua, niente elettricità. Il servizio sanitario e il sistema scolastico sono stati distrutti. Unmilione di iracheni sono mortiquattro milioni di loro hanno perso la casa e hanno abbandonato il Paese, ormai lacerato dalle divisioni etniche e religiose, con un carico diinvalidi che peserà per anni sul futuro dell'Iraq''. La fotografia impietosa della missione Iraqi Freedom - definita debacle nel titolo della lettera aperta - continua. ''Gli sfollati sono stati abbandonati in Siria, Giordania, Libano e in mille altri posti. Dove le persone non hanno nulla per sopravvivere, situazione che ha ridotto tante donne irachene nell'incubo dellaprostituzione''.
Non è solo il passato che indigna i compagni di John, ma anche il futuro appare un incubo.
''La situazione politica è paralizzata: si è votato il 7 marzo scorso, ma nessun governo è stato insediato. Per cosa sono morti 4400 militari americani? Per cosa sono rimasti invalidi decine di migliaia di ragazzi statunitensi? Se lo chiedono in molti, visto che solo nel 2009 sono stati 245 i veterani dell'Iraq a suicidarsi''. I veterani chiedono che chi li ha mandati a uccidere e morire risponda al Paese: ''George Bush, Dick Cheney, Condoleezza Rice, Colin Powell, Karl Rove, Donald Rumsfeld...nessuno ha pagato per questo fallimento. Nessuno ha pagato per aver autorizzato la tortura. Nessuno di loro ha spiegato agli americani come e perché hanno speso 750 miliardi di dollari dei contribuenti Usa in Iraq''.
La lettera si chiude con un appello al Congresso e all'Amministrazione Usa: ''Ritiriamo tutte le truppe e i contractors dall'Iraq, chiudiamo le basi militari. Variamo un piano di sostegno allo sviluppo e alla ricostruzione irachena, per agevolare il rientro dei profughi. Variamo un piano per utilizzare negli Usa i soldi spesi nelle guerre come quella in Afghanistan. Incriminiamo coloro che si sono macchiati di crimini contro i civili iracheni e contro l'America stessa''. L'appello è firmato da ventuno associazioni e, online, continua a raccogliere adesioni.
''Se penso di cambiare le cose? Certo che lo penso'', dice John. ''Almeno ci provo. Altrimenti cosa risponderò a mio figlio quando mi chiederà cosa abbiamo fatto in Iraq?''.
Christian Elia

Afghanistan, ucciso governatore di Lal Poor, uno dei distretti orientali Ferite anche le guardie del corpo. L'attentato è stato già rivendicato dai talebani


Il governatore di un distretto dell'Afghanistan orientale è morto per l'esplosione di una bomba piazzata daitalebani, che hanno già rivendicato la paternità dell'attentato. Ferite anche le sue quattro guardie del corpo. E' accaduto stamane. Lo riferisce l'agenzia di stampa 'Dpa', citando fonti governative. La bomba era stata collocata nell'auto di Sayed Mohammed Pahlawan, governatore del distretto di Lal Poor, nella provincia di Nangarhar. "Il governatore del distretto è stato ucciso e le sue quattro guardie del corpo sono rimaste ferite nell'esplosione", ha spiegato il portavoce del governatorato provinciale, Ahmad Zia Abdul Zai, alla 'Dpa'. E intanto, appunto, è il portavoce dei Talebani, Zabiullah Mujahid, a rivendicare la responsabilità dell'attacco. I funzionari governativi dell'Afghanistan meridionale e orientale sono da tempo nel mirino dei talebani. Soprattutto a Kandahar, nel sud del Paese, gli insorti stanno portando avanti una grossa offensiva fatta di minacce e omicidi contro i leader tribali e i politici considerati filogovernativi o 'vicinì alle forze della coalizione'.
Pakistan, disastro umanitario:
un miliardo di dollari dai paesi musulmaniErano stati criticati per aver risposto troppo tiepidamente all'emergenza pakistana

Un miliardo di dollari per l'emergenza delle inondazioni in Pakistan. E' la cifra raccolta da alcuni paesi musulmani per aiutare l'impressionante numero di sfollati rimasti senza nulla. Lo riferisce Dawn News precisando che l'annuncio è stato dato ieri a una riunione dell'Organizzazione della Conferenza Islamica (Oic) convocata a Islamabad per discutere della crisi. L'assistenza, sotto forma di finanziamenti e generi di prima necessità, proviene da organizzazioni non governative, catene della solidarietà e maratone televisive tenute in Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Kuwait e Turchia. I Paesi musulmani erano stati criticati per il loro scarso contributo per far fronte alla gravissima calamità che ha colpito milioni di pachistani.

Ultimo aggiornamento 10:20 - 30.8.2010


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