di Maria Loi - 22 luglio 2010
Palermo. Arrivata a Palermo, all’indomani del 18esimo anniversario della strage di Via D’Amelio, la commissione parlamentare antimafia ha puntato a fare chiarezza sui misteri delle stragi e sulla trattativa fra mafia e pezzi delle istituzioni.
Palermo. Arrivata a Palermo, all’indomani del 18esimo anniversario della strage di Via D’Amelio, la commissione parlamentare antimafia ha puntato a fare chiarezza sui misteri delle stragi e sulla trattativa fra mafia e pezzi delle istituzioni.
Nella sala Dalla Chiesa della Prefettura palermitana si sono tenute le audizioni dei pm di Palermo e di Caltanissetta. Gli interrogatori dei pm nisseni sono stati secretati dal presidente dell’Antimafia Beppe Pisanu ma sono top secret anche quelle dei colleghi palermitani (Messineo, Ingroia e De Francisci) sulla trattativa.
“Non so se la politica saprà reggere le verità che stanno emergendo dalle indagini sulle stragi” ha detto il procuratore aggiunto di Caltanissetta Nico Gozzo prima di entrare nella Prefettura ed essere ascoltato insieme al capo della procura nissena Sergio Lari e al sostituto Nicolò Marino. Ma una cosa è certa ha detto Lari: “Dagli elementi che abbiamo acquisito sembrerebbe proprio che non sia stata solo la mafia a volere la strage di Via D’Amelio” .
Le indagini sulla strage che costò la vita al giudice Paolo Borsellino e alla sua scorta sono state riaperte in seguito alle dichiarazioni dell’ex boss di Brancaccio Gaspare Spatuzza auto-accusatosi del furto della 126 impiegata per la strage e che la speciale Commissione del Viminale non ha voluto ammettere al programma di protezione. Lari ha spiegato “il ruolo determinante di Spatuzza” ed è proprio grazie alle sue dichiarazioni che “stiamo rivisitando le indagini” perché “emerge il ruolo di soggetti, che, pur appartenendo alle istituzioni statali, hanno tradito il dovere di fedeltà delle istituzioni, quindi sono dei traditori. E’ certo comunque – ha concluso Lari – che ci fu un depistaggio colossale”.
Dopo le dichiarazioni di Spatuzza già a settembre potrebbero partire le richieste di revisione, per sette boss condannati all’ergastolo sulla base delle dichiarazioni del falso pentito Vincenzo Scarantino che confessò il furto dell’auto-bomba.
Scenari terribili quelli emersi dalle inchieste di Caltanissetta quanto le affermazioni del procuratore capo di Palermo Francesco Messineo, sentito prima dei colleghi nisseni, che ha tracciato ai commissari dell’antimafia uno spaccato della mafia siciliana dal quale emerge ancora la sua forza. Infatti, nonostante i numerosi arresti Cosa Nostra continua ad essere forte. “Fra Palermo, Trapani e Agrigento 94 famiglie, raggruppate in 29 mandamenti riescono a controllare fino a 300 mila voti”. Ha riferito ancora Messineo: “Alla commissione abbiamo anche detto che nella lotta alla mafia sono stati raggiunti traguardi importanti, abbiamo detto pure che Cosa Nostra al momento non è stata capace di ricostituire una struttura di comando. Resta però la vocazione alla violenza delle cosche, la pressione sui commercianti e il condizionamento degli appalti. Inoltre la mafia continua ad avere una grossa disponibilità di armi”.
Interrogato sempre dalla Commissione antimafia anche il procuratore di Catania Vincenzo D’Agata sull’indagine mafia e politica che ha coinvolto il presidente della Regione Sicilia Raffaele Lombardo. Anche quest'ultimo è stato sentito dall’antimafia mentre era già stato ascoltato per quasi quattro ore dal procuratore capo di Messina, Guido Lo Forte, come persona informata sui fatti nell’ambito dell’inchiesta sulla fuga di notizie relativa al fascicolo aperto dalla Procura di Catania.
FONTE: http://www.antimafiaduemila.com/
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