giovedì 29 luglio 2010

Giuliano Ferrara e il suo amico Verdini

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Giuliano Ferrara e il suo amico Verdini
“Viviamo in uno stato di polizia!”, ha urlato ieri Giuliano Ferrara alla conferenza stampa del suo azionista Denis Verdini. E, conoscendolo, non dubito che in quel preciso momento credesse a quel che stava dicendo, nella furia di additare Claudia Fusani dell’”Unità” al pubblico ludibrio. Pare infatti che la malcapitata in passato intrattenesse rapporti professionali non trasparenti con ufficiali dei servizi segreti guidati da Nicolò Pollari. Ciò che avrebbe messo in crisi il suo rapporto con “Repubblica” e determinato il suo passaggio a “L’Unità”.
Qui m’interessa però la furia di Giuliano Ferrara in difesa e per simpatia di Verdini, tale da spingerlo a esternare il disagio di vivere in uno stato di polizia. Possibile che uno studioso della scienza politica non si ponga delle domande, tutt’altro che poliziesche, sulla carriera del sodale Verdini, assurto al vertice del partito di maggioranza relativa? La più rivelatrice delle intercettazioni telefoniche -userò questo argomento poliziesco- mesi fa registrava il Verdini che si confidava in un’esibizione di potere: “Avrei potuto fare il ministro ma ho preferito mantenere l’incarico di coordinatore del Pdl perchè così posso continuare a lavorare con la mia banca”. E’ questo il tipo di leader politico che proponiamo all’Italia? Crede Ferrara che il mecenatismo verdiniano, consistente nel bonificare denaro al suo “Foglio” come prestigioso e godibile entourage, o nel versare milioni in un “Giornale” toscano necessario solo alla bassa cucina del consenso locale, siano altro che business minori nell’ambito di un’attività fruttuosa di rapido arricchimento personale intrecciato all’ascesa nella corte berlusconiana?
Temo che la furia scomposta di ieri pomeriggio scaturisca dalla contraddizione in cui Giuliano Ferrara si compiace di dibattersi: ama la politica ma crede sia questo un tempo da banditi; tra l’etica pubblica e la spregiudicatezza finisce sempre a preferire la seconda. Anche perchè gli consente di ammiccarle disprezzandola un po’ dall’alto, con distacco superbo.
Verdini sarà anche un simpaticone -un amico comune ne descrive ridendo la postura come quella di un gangster, e lo dice senza ostilità- ma è la sua carriera di parlamentare della seconda repubblica, in un miscuglio opaco fra patrimonio e istituzioni, che infine l’ha perduto.

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