martedì 22 giugno 2010

Piovono firme

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Abbiamo raggiunto un milione di firme». I referendum contro la privatizzazione dell’acqua si faranno, e Marco Bersani ha ragione ad esprimere tutta la sua soddisfazione. «E’ davvero un risultato straordinario. Sia da un un punto di vista quantitativo, perché nessun referendum ha raggiunto tante firme in così poco tempo, sia da un punto di vista qualitativo, perché questa è la risposta di una grande coalizione sociale, senza padrini politici, senza mass media, senza grandi finanziatori. E rappresenta davvero un segnale importante della società civile, ormai unico anticorpo della democrazia». «Adesso - aggiunge non senza ironia - il problema sarà passare da un milione di firmatari ad almeno 25 milioni di votanti» ma c’è tempo, ancora un anno, e comunque questa battaglia fa ben sperare. In campo, contro il decreto Ronchi, sono scesi artisti, enti locali; ma, soprattutto, il popolo della Rete con iniziative che si sono susseguite con un tam tam mediatico di luogo in luogo confermando che si è trattato davvero di un risveglio di partecipazione democratica. Nonostante chi ha costantemente bombardato i mass media portando avanti le motivazioni a favore della cosiddetta ”privatizzazione” dei servizi idrici.


L’ultima parola? Non poteva che esprimerla Marcegaglia. «Nel settore idrico?. C’e bisogno di un radicale cambio di approccio. La gestione del servizio non deve essere mestiere esclusivo degli enti locali, ma delle imprese scelte secondo le regole del mercato e operanti con logiche industriali». La gestione, dunque, deve necessariamente passare al mercato come se il servizio pubblico fosse, appunto, una fabbrica di automobili. Come se la logica da seguire fosse quella di perseguire il lucro a tutti i costi, anche tentando la mercificazione di un bene comune, come l’acqua. Lo spiega chiaramente il vice di Marcegaglia, Cesare Trevisani: «Il decreto Ronchi? E’ il primo segnale di una vera apertura al mercato anche per il settore idrico. Si agisce sulla leva degli affidamenti per rimuovere le distorsioni del mercato e aprire ai privati la gestione dei servizi». Certo che Confindustria vorrebbe attuare il decreto Ronchi, fonte di tutti i mali. Così come, del resto, vuole venga accolto positivamente il referendum sull’intesa raggiunta a Pomigliano, per restare nella metafora della fabbrica. Per poter passare indifferente, in nome di quel libero mercato, su diritti conquistati a fatica, ed ora anche su beni comuni e dunque ”di tutti”. Eppure, proprio la società civile non ci sta.Castalda Musacchio

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