“Più passa il tempo e più è evidente come la scelta effettuata nel 2001 dal III Governo Berlusconi di inserire il ponte sullo Stretto di Messina nel Programma delle infrastrutture strategiche per il Paese ormai appaia una decisione scellerata dal punto di vista economico, sociale ed ambientale. Non solo si stanno uccidendo le speranze per un Italia migliore, ma si sta emblematicamente sgretolando il territorio – ha dichiarato Stefano Leoni – Presidente del WWF Italia - E’ di appena un anno fa la tragedia di Giampilieri e altri territori a Messina sono stati devastati, si sgretolano anche le coste di Ischia e poi da Portovenere alla costiera Amalfitana. L’Italia è sull’orlo del tracollo economico mentre il Ponte da solo costerebbe almeno 6,3 miliardi di euro con oltre 122 milioni solo per la progettazione, ancora ci sono dubbi sulla sua fattibilità tecnica, dovrebbe sorgere in una delle aree a più alto rischio sismico, si rischia che diventi un’opera in perdita date le stime del traffico e si dovrà devastare altro territorio per costruirla. Cosa altro serve sapere al Governo per abbandonare definitivamente questo progetto?”Accanto ai grandi NO il WWF indica anche quali siano le vere priorità su cui si chiede un forte e immediato investimento: la linea ferroviaria ionica in Calabria, ma soprattutto potenziare le linee ferroviarie siciliane che collegano Catania, Messina e Palermo; intervenire per chiudere finalmente i cantieri della A3 Salerno-Reggio Calabria, ammodernare e rendere sicura la SS106 Ionica; garantire un servizio efficiente di metropolitana del mare per i pendolari dell’area dello Stretto e rafforzare gli attuali servizi di traghettamento; destinare ingenti risorse alla rinaturalizzazione dei versanti e al consolidamento del suolo e al riassetto del territorio (solo in Calabria la Regione aveva calcolato, a suo tempo, che sarebbero necessari 1,4 miliardi di euro). Ecco i 4 punti deboli:
L’insostenibilità economica e sociale
Mentre l’Italia è sull’orlo del tracollo, con un debito pubblico (il terzo al mondo) che corre verso il 120% del PIL, con un aumento esponenziale, in particolare al Sud, della disoccupazione e della povertà delle famiglie, con il ricorso sempre più frequente alla cassa integrazione, con la crisi industriale di grandi (a cominciare dalla FIAT), medie e piccole aziende, il IV Governo Berlusconi pensa ancora a realizzare un’opera - quale il ponte - che da sola costa almeno 6,3 miliardi di euro, congelando già oggi 1,3 miliardi di euro, mentre si accinge a spendere solo per la progettazione (definitiva ed esecutiva) oltre 122 milioni di euro entro il 2011.
Ipoteche sulla fattibilità tecnica
Dalla presentazione nel 2003 del progetto preliminare, sono aumentati i dubbi più che fondati sulla fattibilità tecnica, dal punto di vista ingegneristico, di un ponte sospeso con una campata unica di 3.300 metri, a doppio impalcato stradale e ferroviario, visto che il ponte più lungo con queste caratteristiche è l’Akashi Kailkyo in Giappone di 1.1991 metri: tutti i maggiori esperti di costruzioni in cemento armato affermano che solo tra 100 anni avremo le competenze tecniche per costruire una struttura come quella del ponte sullo Stretto di Messina, non considerando il fatto che lo si vorrebbe in una delle aree a più alto rischio sismico del Mediterraneo.
Opera inutile e in perdita
Ai costi elevatissimi per realizzare l’opera si dovranno aggiungere poi le perdite per gestirla, visto che dal 1991 al 2001, gli Advisor (tecnici esterni che hanno valutato il progetto) hanno documentato un calo del traffico degli autotreni del 6% e delle autovetture dell’8%. Sempre gli Advisor hanno stimato con orizzonte al 2032 un traffico di attraversamento di appena 18.500 autoveicoli al giorno per un’infrastruttura progettata per farne transitare 100.000 (con i relativi riflessi sul costo elevato dei pedaggi). Mentre per far passare i treni sul ponte, RFI SpA dovrà versare alla Stretto di Messina SpA 138 milioni l’anno.
La devastazione del territorio
La struttura sospesa del ponte è più lunga 200 m rispetto al progetto precedente presentato agli inizi degli anni ’90, il che comporta che le torri che lo dovrebbero sorreggere sono ancora più alte: 382,60 m rispetto ai 376 m del progetto del 1992. A questi dati sull’impatto dell’opera principale, si deve aggiungere lo sviluppo delle opere connesse: infrastrutture stradali (15 km) e ferroviarie (12 km). Per 12 anni almeno ci sarebbero cantieri in aree estremamente fragili della Calabria e della Sicilia e il territorio verrebbe depredato per assicurare un fabbisogno complessivo di inerti pari a 3.540.000 metri cubi di materiali (di cui 1.750.000 verrebbero da cave); e una produzione di materiali provenienti dagli scavi per un totale di 6.800.000 metri cubi (di cui 1.790.000 verrebbero riutilizzati e 5.010.000 andrebbero a deposito).
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