venerdì 2 luglio 2010

I dolori del giovane Cota

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cota_roberto_imgdDavide Pelanda.
C’è chi parla ironicamente di camomilla. Sì, perché Roberto Cota, neo presidente leghista della Regione Piemonte, è nervoso, molto nervoso. Ha paura di perdere la poltrona su cui sta seduto da circa 4 mesi. Il tutto per un esposto al Tar dei Pensionati e invalidi (lista di supporto a Mercedes Bresso) contro la lista Pensionati per Cota, di centrodestra,
poiché un tal Michele Giovine, per candidarsi in questa compagine “apparentata” a quella di Cota, avrebbe falsificato alcune firme. E lo stesso consigliere Giovine è pure indagato assieme a suo padre Carlo, entrambi rinviati a giudizio nell’inchiesta penale che li riguarda.
Il suo nervosismo il leghista Cota, soprannominato dai più “faccia d’angelo” per i suoi modi gentili di presentarsi in pubblico, lo ha reso evidente nell’ultimo mese in più occasioni: la prima, durante una seduta del Consiglio regionale piemontese quando, al termine di un suo intervento, se ne uscì dall’aula dicendo «vado a lavorare!», frase infelice di cui non chiese per nulla scusa e , forse, imparata come un mantra a memoria da quel guru di Silvio Berlusconi. Il suo effetto fu quello di fare inalberare le opposizioni che, stizzite, occuparono simbolicamente per più ore la sala consiliare. Poi lo stesso Cota, mentre era a Roma in veste di deputato – doppio incarico – con un blitz a sorpresa ha incontrato il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per spiegargli ciò che stava succedendo in Piemonte, ribadendogli che la sua elezione a Presidente della Regione non può essere messa in discussione né tantomeno annullata: lui è lì, mandato dagli elettori che l’hanno voluto, e quindi legittimato in quell’incarico. Addirittura Cota ha spiegato a Napolitano che, se lui decadesse, ci potrebbero essere dei seri problemi di ordine pubblico.
La paura di lasciare la Regione Piemonte è tangibile in ogni sortita di Cota. Non contento di attendere il 15 luglio per la sentenza definitiva del Tar Piemonte, si prodiga in comizi pubblici nei mercati rionali di Torino e nell’organizzazione di fiaccolate assieme a tutto il Pdl piemontese che gli dà man forte in questa battaglia, forse nel tentativo esclusivo di influenzare i giudici amministrativi. Il tutto al grido ormai conosciuto e logoro, «giù le mani dal voto sovrano!», urlato a squarciagola dai cinquemila manifestanti del centrodestra piemontese.
E lo show che sa di campagna elettorale il leghista e avvocato Cota lo ha tenuto anche all’Unione industriale dove era presente anche la presidente nazionale Emma Marcegaglia: «Difendo il diritto di milioni di piemontesi – ha detto il Presidente del Piemonte – perché ci sia un governo e non il caos». Scomodando addirittura l’America ha aggiunto una vera “chicca”: «Si prenda esempio da Al Gore che accettò la sconfitta anche se aveva più voti di Bush, qui invece si vuole discutere di cavilli, di supposte irregolarità legate alla presentazione di una lista, una questione che è già stata esaminata da un tribunale. Io non difendo me stesso, ma i piemontesi».
Il presidente del Tar Franco Bianchi ha fatto sapere che il “ricorso Giovine” è stato integrato pochi giorni fa da motivi aggiunti dai legali di Bresso, motivi che consistono negli atti di chiusura dell’indagine penale su Giovine. «Visti i motivi aggiunti depositati il 29 giugno 2010 - si legge nel decreto - con contestuale richiesta di abbreviazione dei termini» il Tar fissa l'udienza al 15 luglio e dispone quindi «che i termini intercorrenti tra la notifica dei motivi aggiunti e la data dell'udienza siano ridotti». Il 1° luglio, invece è confermata l'udienza che entra nel merito dell'altro ricorso, quello presentato da Federazione dei verdi e Udc (di centrosinistra) contro presunte irregolarità delle liste di centrodestra dei Verdi verdi per Cota e di quella di Deodato Scanderebech alle scorse elezioni regionali.

Certo è che, se l’attuale Consiglio regionale piemontese dovesse decadere per le firme falsificate, ci si troverebbe a dover rifare le elezioni con un dispendio economico enorme.
«Tira aria da fine impero!» dice ironico Davide Bono, consigliere del Movimento a 5 Stelle di Beppe Grillo, su Facebook. È certo però che se il Tar desse ragione al centrosinistra, Roberto Cota si dimetterebbe subito in quanto si dovrebbe mettere al riparo da qualsiasi consigliere regionale che volesse ricorrere al Consiglio di Stato. Meglio non rimanere troppo sulla graticola populista e massmediatica!! Berlusconi docet!
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