domenica 27 giugno 2010

Tassa sulle banche, il G20 non trova il coraggio

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I Grandi trovano l’accordo per il dimezzamento del deficit entro il 2013 e per la riduzione del debito pubblico entro il 2016. Quanto al sistema finanziario, ogni paese farà da sé. Dure le Ong: “Un’occasione persa per la lotta alla povertà”


L’impegno comune per la riduzione del deficit, sì. Un accordo condiviso per una tassa sulle banche, no. Il G20 di Toronto trova un’intesa di compromesso sui temi della crescita e delle politiche fiscali, ma sul tema della redistribuzione degli oneri e del coinvolgimento del sistema finanziario nella lotta a una recessione da esso stesso creata, il vertice non raggiunge una posizione comune e riconosce che ogni paese farà da sé. “Siamo d’accordo sulla necessità che il sistema finanziario contribuisca in modo equo e sostanziale” ai danni creati, ma “riconosciamo che ci sono una serie di approcci politici diversi” al raggiungimento di questo scopo. È quanto si legge nel comunicato finale del G20, nel quale si precisa che alcuni paesi perseguono la via della leva fiscale, altri differenti strade. Il comunicato finale conferma l’assenza di ogni riferimento a una tassa sulle transazioni finanziarie.


“Le economie avanzate si sono impegnate a favore di piani fiscali che, come minimo, dimezzeranno i disavanzi entro il 2013 e stabilizzeranno o ridurranno, entro il 2016, il rapporto debito pubblico-prodotto interno lordo”. Così nella bozza del comunicato. Stati Uniti e Unione Europea avevano posizioni diverse al riguardo. Da un lato le politiche di contenimento della spesa europee, dall’altro l’appello del presidente Usa Obama a non ostacolare la ripresa economica abbandonando troppo presto i programmi di stimolo. La soluzione trovata è nel mezzo: un dimezzamento del deficit che si comporti, però, in maniera “growth-friendly”.


Sull’altro grande tema in discussione, la tassa sulle banche, una posizione comune invece non c’è. Nella bozza del comunicato finale le 20 principali economie del mondo riconoscono che la riforma del sistema finanziario deve fondarsi su “quattro pilastri”: un robusto quadro di norme, una supervisione che funzioni, una valutazione internazionale trasparente e la ristrutturazione e la risoluzione di “qualsiasi tipologia di istituzione finanziaria in crisi”. Nessun accenno, però, a imposizioni fiscali. “Alcuni paesi hanno scelto la via degli oneri fiscali – si legge - altri invece hanno adottato un’impostazione diversa”. Ma “per risanare il sistema finanziario” il G20 concorda sul fatto che “il settore finanziario debba farsi carico di qualunque onere associato agli interventi pubblici”.


Il G20 ha perso un’occasione d’oro per affrontare la povertà globale, limitandosi a constatare che non c’è accordo su come far pagare il costo della crisi economica alle banche. E’ quanto rilevano le Ong Oxfam e Ucodep. “Dopo che il G8 ha lasciato cadere nel vuoto il suo impegno di aiutare i paesi più poveri, il G20 ha perso l’occasione di ridurre la povertà attraverso l’adozione di una tassa sulle banche”, commenta Farida Bena, portavoce di Oxfam e Ucodep. “Per usare un linguaggio calcistico, i difensori del Canada hanno impedito agli USA e all’Unione Europea di fare goal nella partita più importante per l’Africa. Il G20 avrebbe dovuto applicare una tassa al settore finanziario per dare veramente una mano ai 64 milioni di persone impoverite dalla crisi economica”.


I leader del G20 si sono detti d’accordo sulla necessità che l'attenzione si concentri sulla creazione di occupazione: lo ha assicurato il presidente americano Barack Obama. “Ci assicureremo che le nuove regole non creino scompiglio sui mercati e non rallentino la ripresa” economica, è invece il commento del presidente del Financial Stability Board (Fsb) e governatore della Banca d'Italia Mario Draghi.

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