lunedì 24 giugno 2013

Le politiche antidroga e "la fabbrica delle congetture"

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Cos’è il DPA se non una corporazione d’interessi di monopolio, politicizzata ed ideologizzata che opera in nome del capitalismo tramite il proibizionismo ed il protezionismo? Un ente criminalizzante nel quale convergono malasanità, malagiustizia e gli interessi economici delle tante lobbies, e del quale troppo poco si parla nel nostro paese.
Un ente “totalitarista” dove con il “buon gioco” di quella sanità asservita a leggi indecenti si manipolano e si vendono ideologie criminalizzanti  e delegittimanti, con scopi alquanto sinistri.
Quel DPA, che imponendo e divulgando una morale preconfezionata educa all’odio e al razzismo, alla ghettizzazione…quel DPA dove “chi semina prevenzione… raccoglie criminalizzazione”.
Quel DPA che è una fabbrica dell’odio e delle congetture.
Un ente che agisce facendo confusione tra leggi e medicina legale ed ecco che vien fuori la pseudoscienza, una parvenza di realtà inoppugnabile fin quando resta chiusa in sé stessa, che si autoalimenta e auto-supporta continuando a ruotare nel suo falso paradigma.
La legge Fini-Giovanardi e il DPA sono i due punti cardine dove tutti questi interessi trovano un’ambigua convergenza.
La legge Fini-Giovanardi è criminogena perché proibizionista, e crea criminalità laddove non ci sarebbe, istigando di fatto al commercio illegale di sostanze. Ed è criminalizzante perché delega al giudice una totale arbitrarietà di giudizio che non si basa prettamente sull’imputazione di accusa in questione, ma che, laddove non ci siano chiare prove, si basa invece, spesso e prevalentemente, sulla personalità dell’indagato e sul suo stato sociale. Il giudice il più delle volte formula un giudizio morale, personale, politico, ideologizzato, preconfezionato e indirizzato dallo stesso DPA. Perciò si può essere condannati, senza prove evidenti di avvenuto spaccio, anche solo perché non si ha un lavoro fisso, o perché in passato si sono consumate delle droghe, perché si è pregiudicati anche se per fatti accaduti parecchi decenni prima, o perché la sostanza di cui si è trovati in possesso risulta ‘razionata’, o perché si è visti assieme ad altri indagati, o solo per abitudini diversamente accettate. Fattori di giudizio sono probabilmente anche il titolo di studio dell’indagato, la sua fede religiosa, il suo taglio di capelli e il colore della pelle.
Chi insomma viene arrestato per possesso di droga, è il più delle volte giudicato e processato in modo congetturale, condannato a causa della sua personalità, piuttosto che per il fantomatico crimine di cui è accusato.
Tutto questo a causa di quel DPA, prima nelle mani del senatore Giovanardi e poi passato sotto il controllo totale del dottor Serpelloni, dove si portano avanti quella politica e quell’ideologia alle quali il paese deve adeguarsi per legge. Dove regnano una “falsata” medicina legale, una politica criminogena e un’ideologia criminalizzante verso tutti i consumatori di sostanze illegali, e dove i prediletti di questa assurda ‘persecuzione’ risultano soprattutto i consumatori  di cannabis.
Il Dpa che con una sorta di “formula magica”, in quest’ottica, ha trasformato l’importante concetto di ‘prevenzione’ in pura criminalizzazione.
La tanto proclamata formula, prima Giovanardiana poi Serpelloniana, della “disapprovazione sociale” come mezzo primario per fermare i consumi ed eliminare tutte le droghe dal nostro paese.
Chissà se sarebbero mai capaci di pentirsi per la mala-informazione ed il clima di odio e di diseguaglianza sociale che sponsorizzano e fomentano quotidianamente.
Chissà se il ‘dottor Serpelloni’ ami davvero il suo lavoro, se abbia l’adeguata competenza professionale e umana per condurlo, se abbia la necessaria sensibilità e predisposizione, ma soprattutto una reale intenzione e passione, oltre quella più evidente di sottoscrivere contratti e piani di azione internazionali con ovvi interessi economici. Ci chiediamo se davvero ami e rispetti le persone delle quali si arroga la responsabilità gestionale ed educativa, se sia davvero interessato alla sorte di quei consumatori dei quali, ci si aspetta, dovrebbe prendersi cura.
I semplici consumatori così tanto stigmatizzati, ai quali non viene più riconosciuta alcuna dignità né privacy, che sono perseguitati talmente a fondo, fino ad arrivare all’annullamento della persona e alla distruzione sociale, fino ad arrivare a volte, ai tanti casi ‘Cucchi’.
Chissà se il dottore continua a trovare ‘salutari’ i vari piani di “prevenzione precoce” e i numerosi accordi con le FF.OO., chissà se davvero ritiene idonei e ‘preventivi’ i blitz nelle scuole finalizzati a ‘segnalare’ i minori trovati in possesso di piccole quantità di stupefacenti, che diventano così consumatori e quindi ‘tossicodipendenti’ da trattare nei centri di recupero! …certo è che difficilmente nelle scuole si potrà mai trovare un narcotrafficante.
Nei casi più noti delle vittime del proibizionismo (Cucchi e tanti altri), si denotano sempre diversi atti di ‘copertura’, di protezionismo e di concussioni politico-sanitarie e giuridiche, vengono amplificati i punti fondamentali di quel mescolone composto dal conflitto d’interessi malgestito tra giustizia e sanità, tra legiferazione e scienza, che caratterizza tutto l’impianto della Fini-Giovanardi, con la conseguente stigmatizzazione della figura del consumatore di droghe, e soprattutto di cannabis, da parte del DPA.
L’una, la legge, che opera nell’ambito della giustizia e l’altra, la ‘medicina’, che opera attraverso il DPA e le sue discutibili politiche di ‘prevenzione’. Entrambe ruotano intorno alla criminalizzazione di milioni di consumatori, soprattutto di cannabis, trasformati improvvisamente in tossicodipendenti cronici e in cittadini di serie B, molto utili però a far girare la macchina della giustizia e quella sanitaria della ‘prevenzione’.
Entrambe favoriscono le lobbies politicizzate e la criminalità organizzata che da questo impianto trae forza e respiro, orbitando nel settore del consumo e del commercio illegale di sostanze psicoattive.
E così assistiamo al caso Cucchi, inermi e impotenti ne ascoltiamo l’ultima sentenza, consapevoli che per il DPA, così come per la legge, Stefano “è morto da solo” perché prima era in ogni caso, ‘colpevolmente’ in vita in quanto consumatore.
Chissà se al DPA, magari sollevando dal suo ruolo l’attuale capo, sapranno mai prendersi davvero le loro responsabilità bollando come distruttive le metodologie portate avanti nell’ultimo decennio dai vari Giovanardi e Serpelloni.
Chissà se mai avranno il coraggio di ammettere gli evidenti fallimenti e i danni sociali che le loro politiche proibizioniste stanno causando a migliaia di cittadini, se avranno mai l’accortezza di cambiare paradigma.
La Fini-Giovanardi è una legge-tortura ed è complice di tutte le torture.
E il DPA è l’ente che, senza neanche la necessaria delega ministeriale alla sanità, né alla giustizia, dirige e orbita ingiustamente intorno a questa legge criminogena, gestendo l’illegalità, partorendo amare conseguenze, con l’unica politica, fin troppo facile e del tutto deresponsabilizzante, del proibire, del disapprovare e del dire “NO”, il che equivale al rifiuto di ogni logica di confronto e alla non volontà di rapportarsi seriamente al problema, come ormai ben sappiamo.
Giovanni – L.A. – Ascia

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