mercoledì 30 marzo 2011

Marijuana fai da te

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canapa indiana (foto Lapresse).
Fumare marijuana non è reato. «Io però non posso coltivarla. Dovrei allora comprarla da un pusher.
Ma lo spaccio è reato. Si cerca allora di rendere i consumatori complici di un reato grave come lo spaccio?», contro questo rompicapo Giancarlo Cecconi combatte da una vita. Da quando in un borgo in mezzo al bosco di Santa Fiora in provincia di Grosseto coltivò insieme con sua moglie, e ad altre quattro famiglie, 79 piante di canapa.
Furono tutti arrestati, processati e assolti solo perché il giudice riconobbe che la loro era una comunità indiana e il gesto aveva un valore religioso-spirituale. Ma quella fu un'eccezione: se avessero coltivato altre piantine non ci sarebbe stata un'altra assoluzione, per loro si sarebbero aperte le porte del carcere.

Nasce Ascia per promuore l'autocoltivazione della canapa

«Non si possono mettere le manette alla Natura», direbbe il comico Daniele Luttazzi. Eppure in Italia piantare marijuana è reato. A volere liberalizzare almeno la coltivazione domestica dell'erba sono i Radicali e la neonata associazione Ascia (Associazione sensibilizzazione canapa autoprodotta) che il 3 aprile a Bologna, presso la Sala Piazza, organizza un convegno per studiare una strategia comune contro questa contraddizione: «Se vieni scoperto con pochi grammi di marijuana in tasca, subisci 'solo' le sanzioni amministrative (ritiro della patente, sequestro del veicolo, obbligo di cura...). Se coltivi invece una piantina di cannabis, rischi l'arresto e il processo. Un reato senza vittima», ha osservato il segretario dei Radicali Mario Staderini.
IL PARADOSSO DELLA LEGGE. «È questo uno dei tanti paradossi della legge Fini-Giovanardi», ha sottolineato Claudia Sterzi, segretaria dell'Associazione radicale antiproibizionista, nonché fondatrice e vicepresidente di Ascia, secondo la quale «contrariamente a quanto sostiene il governo, non ci sono dati scientifici a conferma che la marijuana provochi dipendenza».

Undici miliardi di euro assicurati alla criminalità dalla droga proibita

Secondo Staderini è invece provato che in Italia siano oltre 11 i miliardi di euro assicurati alla criminalità dalla droga proibita, mentre 4 milioni sono i consumatori trasformati in criminali; 250 mila gli spacciatori e 28 mila i detenuti per violazione della legge sugli stupefacenti. All'associazione Antigone per i diritti e le garanzie nel sistema penale risulta che quasi il 40% del totale dei detenuti, e la metà di quelli stranieri, è imputato o condannato per l'acquisto, la ricezione e la detenzione di droghe.
LEGGE BERNARDINI. «Dati davanti ai quali è necessario riflettere e far rientrare nell'agenda politica il tema, al di là delle demagogie», dice Staderini. I Radicali hanno iniziato questa ennesima battaglia due anni fa, quando la deputata radicale eletta nelle liste del Partito democratico, Rita Bernardini presentò una proposta di legge per un'equiparazione della coltivazione domestica all'uso personale che depenalizzasse così il reato in una sanzione amministrativa.
ATTESA IN PARLAMENTO. Proposta che però giace ancora in parlamento in attesa di una calendarizzazione: «Non c'è stato alcun interessamento né da parte della maggioranza né dell'opposizione. L'unico politico del Pd a riconoscere l'importanza di questa legge è stato Roberto Giacchetti», spiega Sterzi. «Eppure davanti ai costi sociali del proibizionismo in termini medici e liberticidi», commenta il segretario dei Radicali, «non possiamo far finta di niente. Questa legge permetterebbe di migliorare la salute dei consumatori che almeno sanno cosa fumano e depotenzierebbe il mercato delle mafie rompendo quella commistione tra droghe leggere e pesanti».
TERRORISMO INFORMATIVO. Invece, «il sottosegretario Carlo Giovanardi e il capo del Dipartimento antidroga Giovanni Serpelloni ci bombardano di studi sulla pericolosità della marijuana, ma spesso se li inventano o manipolano i dati. La cannabis è una delle sostanze meno tossiche al mondo: è l'unica che non provoca morti né intossicati gravi», denuncia Sterzi, «dobbiamo lottare contro questo terrorismo informativo che fa passare il concetto che non c'è differenza tra droghe leggere e pesanti. Il rischio è che quando poi i ragazzi fumano una canna e si accorgono che non è vero, non credono più nella disinformazione».

I Radicali sollecitano il dibattito pubblico sulle droghe

Insomma secondo i Radicali è necessario recuperare almeno dieci anni di informazione e riprendere quel dibattito pubblico sulle droghe ormai scomparso. «Sino al 1993 se ne parlava, oggi invece non si è smesso di farlo, a meno che non si tratti di fatti legati alla cronaca nera», ricorda Staderini, riferendosi a quell'anno in cui i Radicali vinsero il referendum abrogativo di parte della legge Jervolino-Vassalli chiedendo l’abolizione delle norme che prevedevano sanzioni penali per l’uso personale delle sostanze illecite e l’abrogazione della cosiddetta dose media giornaliera, che stabiliva lo spartiacque fra l’uso personale e lo spaccio, e quindi fra la sanzione amministrativa e quella penale.
DISOBBEDIENZA CIVILE. Una vittoria che richiese la lotta e l'impegno di tanti politici, da Marco Pannella a Rita Bernardini, che come ricorda Sterzi: «Ha almeno 30 processi a suo carico per disobbedienza civile». Bernardini come tanti altri Radicali si è spesso autodenuniciata e ha compiuto gesti di disobbedienza civile che consistevano nel distribuire in piazza piccole dosi di canapa. Per questo oggi sono circa 65 i Radicali che non possono candidarsi alle elezioni amministrative: a loro carico il reato di spaccio.
STATI GENERALI DELLA CANAPA. Intanto per riaprire il dibattito sulle droghe, oltre al convegno del 3 aprile di Bologna, dal 10 al 12 giugno a Roma si terranno gli Stati generali della canapa: tre giornate antiproibizioniste per ricordare che l’Italia, fino agli anni Cinquanta secondo produttore di canapa nel mondo (dopo la Russia), oggi «subisce una delle peggiori legislazioni sul tema», ricordano i radicali. di Antonietta Demurtas
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